Sola andata

Sola andata

martedì 30 giugno 2015

Checche' ne pensiate, grazie

Che poi pure se un po' ci speri, mica è detto che accada. E comunque pure se succede mica è detto che ne pensino bene. E pure se ne pensassero bene, mica è garantito che sarà così per sempre. E quandanche dovesse essere così per sempre, mica è sicuro che riesci a sostenere il peso della responsabilità di tutto questo bene.

Direi che sono un po' questi i grandi interrogativi di chi ritiene di potersi cimentare in una qualche forma di scrittura "condivisa" come è quella di un blog.
Sono da sempre convinta che il vero motore che spinga a farlo sia in linea di massima la presunzione, tutta da dimostrare, di avere qualcosa da dire, oltre a quella anche più aleatoria, che quanto scritto possa pure interessare a qualcuno.
Sulla base di questi presupposti incerti l'aspirante blogger si pone il problema delle modalità e del metodo.
 Io mi sono sempre regolata con queste intenzioni. Partire da una cosa che mi succede davvero nel mio quotidiano, oppure da uno stato d'animo che sento molto profondamente nel momento in cui decido di scriverne. Poi provo a trovare il lato più ironico o addirittura comico anche delle cose che mi addolorano, provando a darne una versione da quella maldestra e sprovveduta che sono. Mi serve, mi restituisce la sensazione di cucciolo preso in braccio.
Infine provo ad individuare un meccanismo di identificazione. Ho sempre pensato che le cose che si raccontano, a meno di essere degli esercizi di alto stile letterario, risultino interessanti solo quando sono empatici, quando in quell'episodio ritroviamo un po' di noi stessi e delle nostre fragilità.
E poi la continuità . Sono convinta che un blog, qualunque sia la sua finalità, prenda vita se si impegna ad esistere con continuità, se tenta di ordire una trama più vasta di un episodio sporadico.
Non è un colossal. E' una serie, ha senso nel legame che crea.

Perché dico questo? Perché da quando ho riaperto questa mia finestrella da cui mi affaccio a raccontare un po' di fatti miei, le statistiche dei miei lettori, che non posso sapere chi siano ma soltanto in quanti, sono aumentate sempre. Io non lo so da cosa dipenda, e un po' ho paura di saperlo. Ma ci sono, presumo che abbiano perso un po' del loro tempo per stare qui e io pure solo per questo provo estrema gratitudine.
A prescindere da cosa ne pensiate, mi pare una piccola magia.
Grazie assai

domenica 28 giugno 2015

Come sto? Inguaribilmente bene....

Di preciso non saprei dire come formo certe mie granitiche opinioni su quelle questioni che tipicamente sono ai primi posti nella galassia emotiva di noi mortali fin troppo comuni
Forse ho perso troppo tempo ad ascoltare le esperienze delle altre, forse ho provato senza motivo ad interpretare codici relazionali troppo diversi dai miei, ho finito per sovradimensionare la variabilità dei sentimenti. E invece avrei dovuto semplicemente trovare un mio personalissimo linguaggio e sperare che qualcuno lo capisse. Ma forse nulla sarebbe stato diverso.

Una volta una mia amica mi disse una cosa tipo questa : "Lucia alla fine ce l'ho fatta. Un giorno mi ha detto che dopo sei anni di fidanzamento lui non provava più assolutamente niente per me. Ma io sono sta più forte e l'ho convinto a rimanere con me".
Ancora oggi mi chiedo cosa le facesse pensare di averla avuta vinta. E poi vinto cosa? Un prigioniero? Un povero cristo che non la voleva ma troppo codardo per non rimanere sotto il giogo?

Un'altra volta ho incontrato una ex collega dell'Università dopo tanti anni che non ci si vedeva. L'ultima volta ci eravamo lasciate con lei in lacrime perché l'uomo che amava si era messo con un'altra. Quando ci siamo riviste quell'uomo era riuscito a sposarselo lei. A quel punto le dissi:" ma che grande che sei! Sarai felicissima" . E lei mi rispose: "Macché...ma perché non se lo tenne lei questo fesso che ho sposato..."

Ecco. Io non lo so quanto questi due piccoli episodi abbiano inciso nel mio ripetuto "lasciamoci perdere", certo è che mi arrovello più su queste piccole violenze innocue ma striscianti, piuttosto che sulle grandi tragedie da cronaca nera. Ci sono gradazioni di odio che hanno un potere letale invisibile
 e prolungato come una cinica tortura.

Quando smetto di essere innamorata di qualcuno succede una cosa strana. Succede che mi dico"meno male anche questa è passata", come se ormai lo considerassi una specie di raffreddore che di certo mi passerà.
Questa pronta guarigione aumenta man mano che gli anni passano. E non saprei quanto sia bello questo essere sempre più  "sana".
Quando guarisco sento tutto il peso dei sintomi della malattia di chi è immune dall'amore....nessuna voglia di cercarlo, di sapere dove o con chi sia, se mi pensa almeno un minuto, se gli manco. Non penso più a cosa gli potrei cucinare, quali posti vedere assieme, se gli piacerebbe come sono vestita, come mi sono truccata...

 Quando c'è la salute c'è tutto. No, se riesce a curare pure le malattie da cui non hai voglia di guarire...

venerdì 26 giugno 2015

Tutto subito vs aspetta che scenda dal cielo

Credo che la saggezza vera stia tutta in quella intima coscienza del tempo giusto.  O almeno così è sempre stato per me che ho l'ansia e l'inquietudine come dotazione di serie di tutte le mie azioni e omissioni. Non ho mai davvero capito quanto tempo bisogna impiegare per fare bene le cose e non limitarsi semplicemente a fare cose. D'altra parte manco ci puoi impiegare un'eternità, che poi perdi di riflesso, diluisci il progetto, lo rendi superato e poco competitivo. È meglio uno studio intensivo o la riflessione pacata? È preferibile avere uno scadenzario rigido o spaziare creativamente fregandosene del tempo "esterno" con date tassative. È più meritevole laurearsi in corso, ma in fondo Limitando le proprie competenze ad un programma ben fatto ma non elaborato, oppure fuori corso ma con un intero apporto di elaborazione individuale? È' meglio dimagrire gradatamente e senza troppi sacrifici e costrizioni o darsi un programma severissimo di sopravvivenza con risultati repentini ma che poi si è pure in grado di mantenere? È più romantico dire a qualcuno ti voglio bene, così all'improvviso e senza frenare il cuore, o aspettare che sia lui/ lei a farlo ( ma magari manco ci pensava e tu li ad aspettare come un'ebete).
 Alla fine è meglio essere "estensivi" o "intensivi"?
Che cosa restituisce davvero la misura della propria capacità di gestire i tempi di un tempo sempre più limitato? Il tutto e subito o il saper attendere e assecondare i risultati in modo fisiologico e progressivo?

Fino a qualche tempo fa avrei fatto la brava e senza esitare avrei detto che ogni cosa bisogna farla con la giusta calma e che il valore dell'attesa offre gratificazioni solide e durature.
Oggi penso che l'attesa sia spesso il nome che diamo all'eccesso di cautela, alla paura di spingerci oltre con la forza che abbiamo, alla paura di metterci alla prova, alla pigrizia, al non crederci
abbastanza.
   Oggi credo che il fare con calma riguardi certi stati di grazia che poco hanno a che fare col sentirsi vivi fino in fondo  con la lotta dura senza paura per il risultato. E così mi voglio sforzare di  apprezzare la fretta dell'entusiasmo piuttosto che la pacatezza della riflessione.

Oggi penso che se  il "Paradiso può attendere" è solo perché il problema del tempo non lo tiene.
Io invece sì.





mercoledì 24 giugno 2015

Ottomenodieci.

Puntuale come il campanile della chiesa di fronte mentre ascolto la mia canzone preferita alla radio, ecco la telefonata serale del pater familias alle19:50 ( prima della imperdibile Ghigliottna di Conti....ma vabbè...del resto ogni famiglia abitudinaria è abitudinaria a modo suo).
Pater: hey Lula! Come è andata oggi?
Io: mah,  sono stata al lavoro dalle 7:30 alle 9:00. Poi ho preso un permesso e sono andata via. Ho parlato per tre ore delle caratteristiche che dovrebbe avere lo shampoo perfetto per i capelli ricci
Pater: ma se hai i capelli come spaghetti!?!
Io: papà...lascia fare...sono cose mie e dei patti che stabilisco con questa città...Poi dopo sono andata al cinema
Pater: ma mica per uno di quei film che fai vedere pure a me e ti vergogni perché poi nella sala faccio un rumore infernale mentre russo?
Io: diciamo che non te lo proporrei neppure come la più ardua delle prove di sopravvivenza a cui sottoporti. Invece secondo me si è trattato di uno di quei film perfettamente raccontati ma che puoi apprezzare solo se hai la piena coscienza di quello che stai per affrontare. Era un film giapponese in lingua originale con i sottotitoli, si  intitola "Viaggio a Tokyo" ed è durato due ore e un quarto. Un misto tra "parenti serpenti" di Monicelli e tutta intera la filmografia di Bergman. Sono uscita dalla sala che respiravo a fatica per quanto il tema me lo sentivo addosso. Ma tranquillo, si tratta di un film che genitori e figli non è il caso che vedano assieme. Decisamente no, quindi stai sereno :)
Pater: .........
Io: papà....papà...ci sei ancora?
Pater: luci'....ma come si deve fare con te? Ma che vai facendo? Ma che ti vedi?
Io: si...ci manca solo che mi dici vai a rubare, tocca gli uomini e che tengo l'orchestra in testa.... È
stata una giornata magnifica. Sempre meglio che credere di fare i fenomeni tutte le sera alla stessa ora per indovinare la parola alla ghigliottina....
Pater: lascia stare.... è finito e la sera stiamo tutti scombussolati con questi programmi estivi nuovi che non ci appassionano
Io: .....
Pater: Lucia...Lucia...ci sei ancora?
Io:  si...si....ci sono. Ci sarò sempre. Sennò davvero i film che ho visto non li ho capiti....

martedì 23 giugno 2015

Paese che vai, carrello che trovi

Non capisco come possa non piacere. Ci sono quelli che lo fanno in modo sbrigativo, disattento, senza il gusto e la partecipazione che rende l'incombenza in realtà molto divertente. A me dà proprio tanto gusto. È la prima cosa che faccio pure quando mi trovo in un posto che non mi è familiare o addirittura straniero, perché mi aiuta con la lingua, gli usi e i costumi, mi rende "osservabili" gli individui e mi offre una fotografia molto puntuale del territorio in cui sono.

Il supermercato è un microcosmo in cui con un po' di attenzione si notano un sacco di cose interessanti . Per questo ci vado volentieri solo se non ho fretta. Ho bisogno di percorrere le corsie con tutta la calma necessaria per riflettere su quello di cui ho davvero bisogno o quello che potrebbe ispirarmi. Mi lascio chiamare  dai prodotti, devo capire se posso cedere a nuove proposte o non cambiare quello che già mi piace tanto. È con questo approccio che con gli anni il mio paniere di consumo è cambiato tantissimo. E così, con l'età, il consumo critico, la fine della carne, l'avvento dell'etnico...il carrello "si faceva carico" del progressivo cambiamento della mia visione delle cose.
E poi mi piace sbirciare sempre negli altri carrelli. Trovo stupefacente come ci siano cose che io non comprerei mai e invece altri si. Non scherzo, faccio una fatica incredibile a pensare che ci siano persone dai gusti tanto differenti dai miei. Segue ragionevole senso di colpa su certe mie rigidità e una pericolosa e miope intolleranza. Però diamine, se devi perdere trenta chili che ci fai con tutto quel gelato. E quell'altro con quella provvista di würstel? Cosa c'è il festival dei poliposfati? 

È che mi piace proprio osservare le persone che riempiono quei carrelli. Gioco a dedurne la numerosità familiare, la tipologia dei componenti di quella famiglia, o al contrario il grado di solitudine, di salutismo, di golosità. Mi interessa sapere se come me, fanno un po' caso alle offerte
speciali, se al contrario scelgono solo i prodotti di primissima qualità. E poi le promoter, per le quali
io sono una scienza esatta per quanto sia facile per loro propinarmi pure pappe per neonati o dopobarba. Per me che frequento sia la Coop che l'Esselunga ha senso pure sforzarmi di capire se davvero siano riscontrabili differenze ideologiche tra le due tipologie di clienti o se invece si è ormai azzerata questa storica è un po' retorica dicotomia tra i due mondi della distribuzione, che tanto alla fine i prodotti e i prezzi quelli sono e anzi Esselunga mi pare addirittura più evoluta pure in campo filantropico.

Ho amato così tanto la Coop, che appena laureata feci un master in coop adriatica e ci rimasi a lavorare per due anni. Non lo rifarei, ma non smisi mai di amarla neppure durante quei faticosissimi due anni, e nonostante la trovassi già allora un sistema piuttosto rigido gerarchicamente e arcaico nella sua parte organizzativa. Quando ho scoperto l'evolutissima Esselunga mi sono resa conto che le mie perplessità erano fondate.

Invece quando andai in Inghilterra imparai presto a fare la spesa dopo le sei del pomeriggio, perché a quell'ora tutti prodotti freschi li pagavi la metà. A Miami il supermarket vicino al mio albergo era aperto 24 su 24 e io non potevo fare a meno dell'acqua minerale al gusto di lampone e di non meglio precisati dolci iper cremosi di cui credo ancora di avere tracce nel sangue.
In Francia quasi digiunai tanto era tutto squallidamente caro (o ero io a non voler lasciare i miei soldi a quei fessi)

Se mi sentisse mia madre. Odiava così tanto andare a fare la spesa, che ha cominciato a mandarmici da quando ho imparato a far di conto.
Condottiera di carrelli da tutta una vita









lunedì 22 giugno 2015

Caronte e la nave da crociera

Mi ha sempre turbato moltissimo la storia di Laura Antonelli. Che orribile cosa  quella faccenda di cocaina, e gli interventi chirurgici sbagliati, e l'epilogo triste di una bellezza prepotente e prematuramente sfiorita. Qualche volta credo persino di averle augurato una morte pietosa, per quanta disperazione mi evocava la sua vicenda. Non dovrei, ma sono felice per la fine di tutta questa pena.

Invece Remo Remotti me lo sarei tenuto volentieri un altro poco sulla terra. Personaggio unico e irripetibile di quella romanità viscerale e provocatoria, capace di fotografare la bassezza del tempo senza il filtro dell'ipocrisia della cosiddetta cultura alta. Il mio tenero ricordo rimarrà tutto conservato in quell'esilarante Freud di Sogni d'oro che è una delle mie perle di cinema da sempre. Ciao e non ti annoiare troppo lassù.

Per una che alla morte pensa poco e tenta stupidamente ma cocciutamente di arrivarci in perfetta forma, senza malattie e senza rughe, direi di aver compiuto uno sforzo meritorio.  La banalizzazione è  l'unica cifra che ho per rispondere a quello che non posso capire. Qualche giorno fa una signora anziana mi ha chiesto il numero della dottoressa che mi ha operato al piede. Mi ha detto che non ha alcun malessere ma ci tiene a morire con i piedi belli. L'ho trovata geniale e in un attimo mi ha dato tutto il senso dello stare al mondo. E di come uscirne. I piedi sono in effetti la più perfetta delle metafore al riguardo.

Oggi avevo bisogno di parlare di tutt'altro, volevo scrivere un post in cui ci stava una roba esilarante sulla mia prima e unica crociera.  Volevo scrivere di vita spensierata, di cibo, di grasse risate, di
paillettes e in genere di certi mondi artificiali che ai miei occhi sono la cosa più vicina all'altro mondo che ci possa essere...

Ma io oggi porto persino la maglietta dei Tre allegri ragazzi morti.
Caronte non sei nessuno



domenica 21 giugno 2015

(Dis)tratta da una storia vera

Questa è la storia di due solitudini che si riconobbero in un tempo e in un luogo che fino ad allora non avevano fatto molto per loro.
Era una mite primavera di quattro anni fa e in quella palestra un po' lussuosa che la lei della storia frequentava con malcelata vanità cominciava una conversazione ironica e surreale con il signore ben allenato che le aveva appena "rubato" il tapis roulant. Con galanteria scenderà e glielo cederà.
L'allenamento sarà uno dei più stancanti che lei ricordi e per fortuna quella magnifica struttura ha ai piani bassi un centro termale nel quale lei ovviamente si fionda. Sarà il caso, sarà la necessità, ma l'affascinante signore avrà la stessa esigenza.
Comincia così quella che diventerà una strana amicizia, fatta di tantissime confessioni e del bilancio spesso negativo di un uomo professionalmente di successo di 55 anni, che per scelta non ha voluto dei figli, sposato con una donna bellissima, ancora bellissimo lui stesso...La ragazza della palestra non capirà mai perché lui la cercasse continuamente, perché riuscisse a trovare sempre il tempo e il modo di vederla o sentirla, perché si preoccupasse di lei come il più premuroso dei padri quando lei gli rispondeva mentre era sulla bicicletta, "Se non mi garantisci che ti sei fermata io attacco subito!!!" O ancora "mi raccomando usa sempre materiale tecnico. Con questa tuta non ti voglio vedere più che di sicuro ti ammali",  e poi "devi assolutamente leggere tutto Celine è il più grande scrittore del mondo". "Devi amare "fino all'ultimo respiro".  Ma amarlo proprio fino al midollo". "Dai mi fumo questo sigaro e me ne vado". "Geniali i tuoi sms".

La ragazza della palestra un po' capiva e un po'no, ma quella situazione maliziosamente innocente le piaceva e la lusingava.
Poi lei andò in vacanza. Se ne andò a Senigallia ad uno di quei raduni radiofonici che tanto amava.
Lui perse malvolentieri il controllo su di lei e così le telefonava anche cinque volte al giorno mentre

lei era altrove a pensare ad altro.

Una sera le telefono' mentre lui era a una cena di lavoro e lei a una cena del raduno. Mangiarono poco entrambi. Prima di attaccare lui le promise che l'avrebbe richiamata alle cinque del mattino esatte, in qualunque condizione lui fosse. Lo fece. Ma lei dormiva e non rispose.

Non si rividero più. Era giusto che fosse così. Era necessario che fosse così. Solo una volta, dopo molti mesi, mentre lei usciva dalla palestra con le cuffie, si accorse che lui stava appena entrando. E quando anche lui la vide e la chiamò lei finse di non sentire e continuò a camminare,  per poi sparire, svoltando al più vicino angolo







sabato 20 giugno 2015

Appartenenza. Ne ho le prove ( poche ma gratuite)

Ormai non viene più a bussare. Sono passati un paio di mesi e direi con ragionevole certezza che ha ormai mollato. Il mio brillante e gentile venditore della domenica di quell'illeggibile giornale che è Lotta Comunista, ha tentato per circa un anno di "convertirmi". Io un po' per curiosità, un po' per simpatia per quel ragazzo intelligente, ben educato e appassionato, ho assecondato i suoi inviti a comprare il giornale, a partecipare alle lezioni di marxismo  nella sede di Porta Romana, sono persino andata a un paio di congressi negli affollatissimi teatri che periodicamente affittavano. Niente. A me mancano proprio i mattoncini lego dell'appartenenza. Tutto bello e giusto, tutto condivisibile. Ma niente, io non ci sto dentro. Non lo so perché mi spaventi così tanto sentirmi parte di una qualunque associazione. Forse perché paradossalmente non trovo nulla di più dissociante di un assembramento in cui il senso della condivisione rimane comunque qualcosa di confinato, sebbene potenzialmente estensibile.

In realtà è proprio il senso di appartenenza che mi manca. Non ho mai fatto fatica a distaccarmi dalle cose, dai luoghi dalle persone. Ho imparato prestissimo che è molto più pratico e indolore non avvertire mai nostalgia. Ma l'effetto collaterale è forse proprio questo interiore prendere le distanze da subito, senza offrire alcuna possibilità  ai legami troppo forti. O a dirla tutta, proprio perché vorrei che fossero davvero indissolubili non mi interessano quelli attacca-e-stacca.

Insomma, il mio baldo comunista non ha lottato abbastanza per me e in fondo pare una resa piena di buon senso di cui gli sono molto grata, assieme alle mie tasche.

Mi sforzo di ricordare quand'e' che mi sono sentita parte di qualcosa, di una specie di battito
all'unisono, un "avere gli altri dentro di me"... Non me lo ricordo. Forse a qualche concerto, o a
uno dei raduni dei miei...ma non vale secondo me...il senso di appartenenza è qualcosa di sicuramente più cementato, che si insinua dentro con radici solide e durature, che plasma la tua identità.
E allora niente. Io ho in dotazione soltanto dei campioni rappresentativi di appartenenza, delle prove gratuite di amore cosmico.

A me i campioncini piacciono tanto. Sono regalati, non ti stanchi per eccesso di utilizzo, non ti ci abitui. E ti fai comunque un 'idea abbastanza precisa del prodotto

venerdì 19 giugno 2015

Deduzioni su deduzioni indebite

Se c'è una cosa del mio lavoro che mi piace, forse l'unica, è andare a fare le verifiche esterne. Ci sono delle aziende che devono dimostrare di esistere perché dicono di vantare un credito verso la pubblica amministrazione?  E io vado a verificare (è incredibile costatare quanto sia raro il sommerso tra le società che vantano un credito....), ce ne sono altre che devono distruggere merce invenduta o obsoleta e se la vogliono portare in deduzione.? E io vado a verificare.
Dedurrei con una certa sicumera di appartenere a quella sezione dell'Agenzia delle entrate che viene sempre accolta con tutti gli onori, perché a dispetto di certo populismo d'accatto, nel nobile tentativo di redistribuire correttamente le risorse ci sta pure quello di rimborsare chi vanta a pieno titolo uncredito verso lo stato e si cerca di farglielo avere prima possibile. Per questo specifico fatto devo dire che, almeno in teoria, trovo il mio lavoro "carezzevole" e chiedo perdono se non sono mai riuscita a dimostrare la dovuta riconoscenza verso la parte più curiosa del mio destino, mai rincorsa ma che in fondo tanto benedico.

Quanto appena detto non c'entra niente con quanto appena dirò. Ma io credo che tutto sia in tutto e che pure i voli più pindarici alla fine atterrino sempre nel nido giusto (trattasi di inutile espediente narrativo di chi non riesce a collegare i fatti in modo sensato ed avvincente. Chiedere perdono è d'uopo).
Il fatto è che io penso sempre e solo a come arrivare presto alle cose belle e se non facessi le verifiche esterne non mi capiterebbe mai di andare alla Bindi di San Giuliano milanese e di conseguenza mi sarebbe impossibile stare dentro quella specie mondo sognato pieno di tutte le delizie dolci e salate proposte in quelle magnifiche alzatine di vetro, ciuffi di panna ovunque, torte e torte e torte...e gelati...e gelati....e gelati....il tutto in una cornice da favole per bambini. Pure i camerieri hanno un
look e modi incantati come certi disegni per la prima infanzia.

Ecco, alla fine della verifica e' quella la tappa fondamentale, il vero scopo di tutto. Però oggi è stato
diverso. Oggi, davanti a un gelato che sembrava parlarmi d'amore, pensavo al responsabile
dell'azienda in cui ero appena stata, che oramai conoscevo da anni. E che invece oggi non c'era.
"Come non lavora più con voi? Ma ci siamo sentiti il 4 mattina? ".
"E'stato licenziato il 4 pomeriggio".
"Davvero ?!?! E che ha fatto?"
"La casa madre americana ha detto che il suo profilo professionale orami non esiste più e lui non aveva ragione di stare ancora là"

Non ho abbastanza elementi per giudicare il fatto. Io però mi ricordouna cosa che ho fatto l'anno scorso proprio di questi tempi.  L'anno scorso, proprio di questi tempi, scrivevo di questa stessa società parlandone in termini entusiastici per quanto mi aveva colpito per efficienza, splendore, magnificenza.
Oggi invece gli ho stornato diecimila euro di merci indebitamente dedotte.

E io mai prima di oggi avevo fatto sciogliere il gelato della Bimdi

giovedì 18 giugno 2015

Non è vero. Perciò ci credo (più che un post, un post it)

Oggi uno mi ha dato della trentenne e un altro mi ha detto che sono magra. Non ho pensato neppure per un istante a tentare di smentirli. Ci sono piccole falsità  che mi piace assecondare e anzi far finta che siano vere. Ce ne sono altre che non ho proprio la forza di accettare tanto sono crude nella loro realtà incontestabile. E poi ci sono la batoste che mi occulto da sola se , tanto per dire, da coriacea pessimista disincantata in amore rimango tra quelle che preferirebbero non sapere mai di essere state tradite. Siccome è una cosa che do per certa, il vero auspicio sarebbe solo quello di non accorgermene mai. Solo questo mi basterebbe per essere felice e contenta. Pensa la pacchia per chi mi sarebbe stato accanto :)

Oggi il Papa ha sfoderato un'enciclica che è la copia esatta, ma in forma elementare, delle teorie della decrescita di Latouche. Gli si rende merito, ma senza offesa, già la sapevamo e la accoglievamo a braccia aperte come dei novelli San Franceschi un bel po' di tempo fa e senza che nel frattempo si organizzasse una manifestazione a piazza S.Giovanni, contro l'adozione per single e coppie gay, da parte dei più oscurantisti tra i cattolici che non sentono da nessun orecchio ormai da un millennio abbondante. Insisto, a me non basta sapere che ci sia un Papa piacione e simpatico per non temere che la chiesa non ceda più alla tentazione  di insinuarsi in modo subdolo e repressivo in questioni discutibili solo ed esclusivamente su un piano laico.

Sono più di due settimane che non vado al cinema. Si vede. L'incarnato è opaco, dormo male, tendo all'ipocondria, la frutta marcisce....l'ho sempre detto che il vero medico in sala è quello della sala cinema.

Sono giorni un po' così. Col passo lento. Senza lente. Del resto il piede mi fa ancora male. E del bisogno di vedere meglio ho ancora meno fretta


martedì 16 giugno 2015

1995

"L'uomo è davvero una strana creatura". Questa è la sola cosa che la mia memoria ha trattenuto di quella che forse è rimasta la prova più traumatica della mia vita. Faceva così l'incipit del mio tema di maturità. Non ricordo altro, neppure di che argomento si trattasse. Era il 1995 e io ero una diciassettenne infinitamente triste. Troisi che moriva, Pino Daniele che faceva un concerto tremendo assieme a Ramazzotti e Jovanotti e al quale non mi perdonerò di essere andata, una rabbia non indirizzata che mi strozzava e che era superata solo dal terrore del futuro.

Questa ero più o meno io al tempo in cui affrontavo quella che forse a ragione è considerata la vera linea di confine tra la vita "sfiorata" e quella "afferrata"
Del mio quinto anno di liceo ricordo la mia totale incapacità di concentrazione, l'essere sempre col pensiero altrove: al primo amore non corrisposto, alla musica, ai film, agli amici, a tutte le cose che giudicavo più interessanti della rivalità tra i compagni, dei professori impreparati, noiosi, incapaci di decodificare quel difficilissimo e fragilissimo universo che è l'adolescenza.
Di quell'orrendo liceo scientifico di provincia ricordo poco e tutto il male possibile, nonostante per i primi quattro anni mi pare di aver dato tutto il meglio che una ragazzina timida e complessata potesse dare. Solo con gli anni mi sono resa conto che è soprattutto grazie a quello svogliato e apparentemente improduttivo quinto anno che ho potuto conoscere la sola parte di me che ho voluto conservare fino ad oggi.

È da quello strano 58/60 che ho imparato a cercare seriamente i miei 60/60, provando a spulciare in ambiti meno canonici e consentendomi dei tempi differenti. È dal quel risultato, imperfetto solo per un pelo, che ho imparato a coltivare un'idea diversa dell'ambizione e dell'eccellenza e dell'importanza
 o meno del giudizio.

Domani questa esperienza toccherà ad altri. Non li invidio affatto. Ma da allora, e per tutti gli anni
fino ad oggi, non ho mai smesso di chiedermi come sarebbe stato vivere quell'esperienza senza averne così paura e senza tutta quella inutile infelicità.
In bocca al lupo ragazzi. Tanto passa. Questo è certo.

domenica 14 giugno 2015

Dentro le mura ( riflessioni a caso in una casa fuori dal mondo che sta fuori)

Non ci posso credere. Ho tra gli amici di fb uno che ha messo un like ad un post di Salvini. Tengo a precisare che non lo conosco di persona ed è stato lui a chiedermi l'amicizia. Ma ci sono poche cose per cui ho tolleranza zero e discutere sull'accettabilità o meno anche di una sola parola pronunciata da quell'essere erroneamente definibile umano rientra tra queste.

Ricominciare la settimana dopo un sabato grigio e una domenica alluvionata  è come andare in palestra dopo due giorni di digiuno. Per la verità devo ammettere che dedicare tanto tempo alla vita domestica, cucinando cose che solo io reputo squisite, pulire la casa impiegando più dei soliti trenta secondi netti, intervallati da tuffi sul divano e stretching, fare la cyclette mentre metto un dvd...insomma può essere una roba accettabile. E tutto questo nonostante ci sia un mondo fuori che forse richiederebbe un po' del mio impegno.

Arriverà anche quel tempo. Ne sono certa. Arriverà il giorno in cui non mi basterà più indignarmi per un like a Salvini, o pretendere lo scontrino, o mandare sporadicamente dei vaglia di beneficenza all'associazione di pittori che dipingono solo con i piedi o la bocca. In realtà io credo profondamente nella partecipazione attiva...meno nella mia capacità di esserci sempre e come vorrei e dovrei....

In questi giorni a Milano sono successe delle cose così gravi che urterebbero la sensibilità anche del più coriaceo individualista. Non rimanere attenti su quello che sta succedendo alla stazione di Milano fornisce gioco facile a notizie false, livorose, di odio. In circostanze come queste vivo un senso di impotenza misto a senso di colpa per quello che vorrei fare e non so come.

Mi piace stare a casa mia. Succedono solo cose che voglio che accadano, che mi piace fare. È tutto sotto controllo. Stare a casa mia significa starmene tra quattro mura che mi separano dal resto del
mondo in cui accadono un sacco di altre cose interessanti almeno quanto un bilocale perfettamente spolverato.

Credo sia arrivato il momento di uscire. Pure con la pioggia

sabato 13 giugno 2015

chiromercanzia

"Nobody is unpredictable". È lo slogan di una famosa agenzia di ricerche di mercato. Quando vado in quel luogo, per fare delle cose che in realtà trovo incredibilmente interessanti e affascinanti, e vedo quella scritta al neon che campeggia sulla parete, mi soffermo sempre un sacco di tempo su quella frase. Mi prende una strana malinconia nel credere alla possibilità di essere una persona prevedibile al punto che persino un'entità indefinita come il mercato conosca le scelte che farò. E pensare che a me sfugge completamente persino quello che potrei decidere tra cinque minuti.

Questa moderna stregoneria, capace di decidere al mio posto togliendomi la possibilità di farlo perché non ho la stessa capacità previsionale, un po' mi piace e molto mi spaventa.
Mi piace l'idea di non dover fare delle scelte su cose irrilevanti ma molto time consuming, che ci sia qualcosa o qualcuno che mi fa delle proposte che mi somiglino perché ha studiato i miei gusti e perché ha imparato a conoscere me...e le mie tasche. Questa cosa qui in fondo non mi scandalizza più di tanto. Potenzialmente mi dà la possibilità di avere più tempo per decidere su cose che mi interessano davvero.
D'altro canto molto mi spaventa l'idea che la prevedibilità umana derivi da un pianificato appiattimento della libera volontà individuale al solo scopo di esercitare meglio il controllo e pilotare le scelte in modo preciso, capillare e di massa.
Se è vero, come è vero, che ciò che rende davvero interessante l'umanità sia proprio la sua parte di imprevedibilità, la sua inesauribile capacità di continuare a stupirsi di tutto, di trovare soluzioni nuove e fantasiose a problemi antichi, allora ammettere di spegnere questa parte per ricondurla ad una regola matematica, può voler dire ridurla ad una subdola formula della schiavitù delle scelte obbligate.

Ora faccio la lista della spesa. Già mi sento osservata....


venerdì 12 giugno 2015

me ne vado da me...Tanto poi torno sempre

Alla fine tutto a posto. Lo sapevo che partire dalla nuova morfologia domestica, improntata all'essenzialità e alla razionalizzazione di uno spazio piccolo ma sufficiente, mi avrebbe condotta piano piano alla dimensione che ho sempre cercato anche in quella piccola e martoriata parte del mio cuore che ancora prova a suggerirmi un senso. Mentre pensavo a questa cosa  mi sono chiesta quando è stato che ho cominciato a smettere di mettere solo jeans e maglietta per fare posto a quella marea di vestitini colorati e inutilmente vezzosi, quand'e' che ho smesso di starmene per conto mio per assecondare quei bislacchi tentativi di condivisione con persone con cui non avevo nulla da spartire, e ancora quando è stato che ho cominciato a trovare normale non portare a termine i libri che cominciavo a leggere? Perché un giorno ho deciso di mangiare di nuovo la carne pure se la mia anemia non ne otteneva nessun beneficio?

Gli ultimi anni sono passati così, a fare cose che non sarebbero arrivate mai a rappresentarmi davvero, a non rendermi né più bella, simpatica o intelligente di come ero quando ero ancora in balia degli eventi e di un futuro incerto. Quando non avevo una lira e spandevo tutti i miei spiccioli per andarmene a cinema e niente più.

Chi lo sa se in questo"ritorno alle origini" sia ravvisabile una qualche forma di fallimento o piuttosto una crescita che riporta di nuovo verso se stessi ma con un un nuovo e più ricco bagaglio di esperienza e visione lucida su cui contare.
Mah...in realtà io degli ultimi sei o sette anni butterei via quasi tutto. Il fatto è che se non fosse andata così vai a sapere cosa ne sarebbe stato di me? Chi avrei incontrato? Che lavoro avrei fatto? Dove abiterei? Avrei rimesso i miei vecchi jeans? Mi sarebbe venuto l'istinto materno?

Costa doveva succedere davvero che poi non è successo?



giovedì 11 giugno 2015

La rete che non protegge

Non lo so se ho davvero voglia di parlarne. E neppure se sono in grado di dirla come vorrei. Eppure è da stamattina che ci penso. Chiunque bazzichi a vario titolo in rete lo fa perché è soprattutto uno strumento incredibilmente seduttivo per esprimersi senza i filtri della comunicazione "fisica" e perché  è una  cassa di risonanza immediata per qualunque genere di pensiero. O di negazione dello stesso, dipende questo da fattori critici tutt'altro che banali. Eppure proprio il fatto che, finalmente, tutti abbiano voce senza essere interrotti o isolati in un angolo, è uno di quei paradossi della democrazia "virtuale" che tanto ci piacciono fino a quando serve a consolidare le nostre idee, visioni, posizioni ideologiche, schemi...perché in realtà  col cavolo che accettiamo le differenze con la facilità che solo la retorica ipocrita dipinge come forma naturale e semplice del progresso. La composizione dei differenti modi di pensare e' una fatica titanica che richiede intelligenza, un pensiero robusto, grande capacità di ascolto e un buon carattere. Un buonissimo carattere.

Vengo al punto. Nei quaranta minuti a piedi che mi separano dall'ufficio a casa mia tengo sempre le cuffie. Oggi no. Mi dovevo concentrare su questa cosa che ha detto Eco con una convinzione che se sostenuta da pensatori appena appena meno "forti" mi avrebbe fortemente irritato. Cosa si intende per imbecille? Forse colui che fa affermazioni che sono negazione di pensiero? Chi inneggia alla crudeltà? Chi fa considerazioni generiche e superficiali? Chi esprime giudizi non ponderati su questioni di cui non ha alcuna competenza? Chi nutre semplicemente il proprio ego cercando di attirare l'attenzione fine a se stessa?
Io amo vagare nella rete, il mio pensiero o presunto tale si forma grazie ad un personalissimo filtro che mi sforzo di affinare man mano che le fonti più disparate mi ispirano un qualche spunto o moto del pensiero, anche se non si tratta di intellettuali dalla fertilissima creatività o rigore scientifico. La
vera imbecillità spesso la associo proprio all'avere delle aprioristiche preclusioni, quella sorta di rigidità passatista e piuttosto piccolo borghese contro ciò che sentiamo di non dover avvicinare perché abbiamo deciso che ci è inutile.

Non saprei davvero dire a che stadio stia la mia di imbecillità. Di certo posso affermare di esserlo stata in certi periodi della mia vita, di aver detto e fatto cose imbecilli che solo dopo ho riconosciuto come tali. E se evoluzione c'è stata forse è passata proprio per questo rispecchiarmi di continuo con una umanità che qualche volta mi è sembrata fin troppo simile a me e da cui prendere le distanze o a cui avvicinarmi e perdonare.

E poi è davvero colpa dell'imbecille che parla? O piuttosto di coloro su cui ha una facile presa?
...A titolo di esempio, è davvero tutta colpa di Salvini se la lega ha preso tanti voti?...

Sto cercando la risposta tra quelle più imbecilli che trovo





mercoledì 10 giugno 2015

Mi Burt il cuore per la sofferenza

Ci sono delle cose che mi rifiuto di accettare non perché abbiano delle sicure conseguenze reali, ma semplicemente perché la mia percezione delle stesse, il mio naturale bisogno di fissare dei punti fermi che delimitino i confini delle mie sicurezze, non ammettono scossoni troppo traumatici. Che Burt Simpson muoia e che Homer e Marge si separino rientrano a pieno titolo tra le faccende che non sono in grado di poter sopportare a cuor leggero. Non  sono capace di elaborare fenomeni del genere.
E la cosa e' tanto più strana se penso che sono ormai anni che non guardo più una puntata dei Simpson. Fa parte dei fundamentals su cui si basa la struttura etica della mia individualità e della mia solidità esistenziale. No, non ammetto ironia. È un fatto serio, oltre che di calzini ciucciati.

La sofferenza trova i percorsi più strani e bizzarri per provare ad annientarmi. Sono tantissime le volte in cui questo crescente senso di impotenza misto a disperazione non si manifesta per dolore direttamente infertomi, ma per suggestioni e paure autoprodotte, per fantasmi che non si incarnano quasi mai in nulla di reale.
Mi vuole bene o fa finta? Sto bene con questa gonna o se mi guardano è solo perché sembro una cicciona? E se mi bocciano? E se vado in Africa e mi rapiscono? E se non ce la faccio a trovare quello che mi fa veramente felice?
Molte di queste cose non sono successe e col tempo hanno smesso di farmi paura.

È quella assurda mania di avere il controllo sulle cose invece di pensare che l'evoluzione vera si basa sulla continua riscrittura delle certezze e che magari prima o poi la scienza arriverà financo a dire che i grassi saturi contenuti nel lardo di colonnata aiutano a fare diventare gli addominali a tartaruga.
Il mondo non è ancora pronto ai cambiamenti epocali.
Io non sono ancora pronta.

Il babbo è partito. Ho giusto fatto in tempo a non portarlo a Expo ma a fargli vedere quell'immenso, folle, visionario genio di Bergonzoni. Non lo conosceva e non lo ha apprezzato quanto me che ne sono rimasta estasiata. Abbiamo fatto la stessa esperienza e l'abbiamo elaborata in maniera opposta. Ma confido nella riscrittura delle certezze e un giorno lui riderà per Bergonzoni e io per Lino Banfi...ma comunque si può anche non riscrivere proprio tutto tutto....

E comunque Burt è uno che può anche permettersi di non morire. Beato lui. Basta che il suo creatore non voglia....( messaggio subliminale per il mio di creatore....)






martedì 9 giugno 2015

Tra i due litiganti...un terzo e una quarta vorrebbero godersela

Da qualche mese sono venuti ad abitare nel bilocale di fronte al mio una coppia di ragazzi con un magnifico cane. Sono molto carini tutti e tre ma non saprei dire molto altro visto che non ci siamo mai presentati, ma solo incrociati ogni tanto.

La sola cosa che so proprio bene, anche perché ne sono vittima con crescente disagio, è che la dolce fidanzatina dal corpo statuario e i capelli lunghi lunghi, rimane spesso facile preda di un'ira feroce e incontenibile che scarica nei confronti del suo aitante e muscoloso ragazzo. Ira che si traduce in urla disumane, fatte di parole violentissime e minacciose che io non potrei non sentire neppure con cuffie molto isolanti.

Questo acceso teatrino si ripete molto spesso e lui raramente le risponde a tono o alimenta la sua rabbia discutendo le proprie ragioni. Stanotte mi sono addirittura svegliata per un di lei "ma sei proprio un deficiente!" verso le tre.
Vabbè in fondo sono fatti loro. Però ci sta una cosa che mi incuriosisce tanto e che davvero vorrei sapere. Tutte le volte che provo a figurarmi una di queste discussioni, mi chiedo come stia il cane mentre assiste a questi accesi conflitti. Mi piacerebbe sapere se come me si stupisce, se trova così stonato il contrasto tra la bellezza e la grazia di quella giovane donna e i suoi accessi d'ira fuori controllo, se prova la stessa tenerezza per quel forzuto e "selvatico" maschio alfa che non batte ciglio, non provoca, si limita a stare zitto e aspettare che torni la calma.

A volte mi piacerebbe trovare il coraggio di chiedere di portare quel magnifico cane al parco mentre loro provano a risolvere i loro problemi di comunicazione senza traumatizzare pure chi non c'entra niente...

lunedì 8 giugno 2015

ma come potei?!?!?

Un sacco di tempo fa, ma non così tanto da non essere una fanciulla ormai adulta e sufficientemente consapevole, ho frequentato a lungo una persona che per fortuna ha sposato un'altra che gli ha dato la desiderata prole. Siccome non abbiamo mai litigato, nonostante io credo di averlo all'epoca un po' offeso dicendogli che non lo amavo, siamo ancora amici pure su fb. Non lo sento da tantissimo tempo, ma mi imbatto qualche volta nelle cose che posta. Non fa che sparare a zero sugli immigrati, inneggiare in modo vago e indefinito alla famiglia tradizionale, osannare Mussolini evocandolo per tutte le tematiche "socialmente" sensibili e per dire cose che mi fanno rabbrividire...
Insomma ho avuto a che fare per un tempo molto lungo della mia vita con un perfetto imbecille. Avevo quasi trent'anni e non mi rendevo conto con che razza di idiota ho impegnato il mio tempo.
Ecco, quando penso a queste cose, ai rischi che costantemente corro ad essere la sprovveduta che sono, mi chiedo quale suprema forza pietosa della mia dappocaggine mi salvi da questa schifosissima umanità. Oppure se posso confidare sulla mia parte intuitiva, che agisce indipendentemente da me, e che mi aiuta a stare lontana da tanta assurda malvagità.
Però quando penso che ho avuto a che fare con gente simile, che ho tenuto lontana da me per tutt'altri motivi, pure se ormai sono "salva" mi vengono ancora i brividi....
Forse è per questo che faccio così fatica ad amare il mio "prossimo"

sabato 6 giugno 2015

Viva. In che senso? (No. Non è una guru-riflessione)

Fa  un caldo bestiale. Pure per me che nella vita desidero solo non avere freddo. Sono sicura che se misurassi la pressione in questo momento mi sentirei scientificamente in dovere di svenire.
Quando mi trovo in questa condizione mi piace sfidare la raccomandata posizione orizzontale e gambe all'aria sforzandomi di essere attiva. Mi metto a spolverare, taglio le zucchine, riposiziono i libri sugli scaffali per colore o per altezza. E così mi accorgo che la testa si fa leggera, la vista si appanna, le palpebre si chiudono lentamente. Praticamente come aver fumato una canna intera. Solo in quel momento mi metto sul divano e ascolto il cuore che fa uno sforzo aggiuntivo per non farmi perdere i sensi.
Ho imparato a non avere paura di questa faccenda. Non è una malattia, la controllo, so come va a finire e in generale capisco quando c'è davvero da temere. La spossatezza, accompagnata a quel vago senso di abbandono e di assenza ha a che fare con la perdita di se', col temporaneo alienarsi, con l'allucinzione "legale", col viaggio onirico pilotato dalla volontà. Insomma, se sto a casa questa strana condizione mi pare una roba più che accettabile. La definisco in modo un po' macabro, ma con la necessaria ironia del caso, esser viva in senso "letale"...

Se dura troppo a lungo è sufficiente una doccia fredda, una pedalata sulla cyclette, 10 gocce di Gutron e una bustina di multi vitaminico.

È bello sentirsi in diritto di non chiedere troppo a se stessi, assecondare i naturali meccanismi di reazione del proprio corpo per ritrovare una condizione ideale, avere percezione che pur essendo un tutt'uno tra corpo-anima-cervello ci siano dei canali di comunicazione tra loro in cui di volta in volta ciascuno può prevalere sull'altro per ritrovare nuove armonie.

Mentre scrivo mi gira ancora un po' la testa, ho pure un leggero formicolio alle gambe. Ma mi sento tanto bene. Forse è l'anima che sta prevalendo su corpo e cervello...o forse nessuno sta prevalendo sull'altro e hanno solo deciso di non occuparsi di me per un po'.
ancora qualche minuto e striscerò fino alla doccia gelata, a quel punto secondo i miei calcoli sarò in grado di stabilire quanto sarà valsa la pena ritornare così presto nel mondo dei vivi in senso "vitale".
E come al solito mi dirò che potevo pure aspettare ancora un po'.



giovedì 4 giugno 2015

Che (e chi) ci tocca sentire...

Si, pure io capisco che certe dichiarazioni uno le fa mica perché vuole dire proprio quella cosa che poi tutti capiscono. Pure io ci arrivo a pensare che le frasi decontestualizzate sono pericolose perché si prestano ad ogni tipo di "cannibalismo  esegetico". Mica se tu dici che lavorare gratis è una cosa bella perché si fa esperienza io veramente capisco che lavorare gratis è una cosa bella perché si fa esperienza. Infatti capisco che sei un povero pressappochista che non ha alcuna percezione ne' delle attuali dinamiche del mondo del lavoro ne' della definizione base del concetto di lavoro.

Se voglio fare esperienza gratis facendo contemporaneamente arricchire qualcun altro vuol dire che sto mortificando il valore del mio tempo, sto ammettendo l'idea che ci sia qualcuno diverso da me che si sta accaparrando il prodotto dei miei sforzi.

Se voglio davvero fare esperienza gratis solo perché così imparo vuol dire che me lo posso permettere. Vuol dire che qualcun altro sta pagando il mio tempo di apprendimento, successivo alla mia formazione scolastica, al mio posto. Vuol dire che ho il privilegio di una famiglia/rendita o altra cosa diversa dal lavoro che mi consentano di imparare.

Se voglio davvero fare esperienza gratis pure per lavori che richiederebbero zero professionalità ma alta esecutività, non si chiama esperienza. Si chiama sfruttamento

Se voglio davvero fare esperienza, mio caro Jovanotti, lavorando gratis vado a fare la missionaria, mi scelgo autonomamente una qualsiasi nobile attività di volontariato. Non certo un padrone che col mio lavoro accresce il suo capitale.

Se tu mi dici che lavorare gratis è un'esperienza per imparare, io ti auguro di cominciare prima
possibile. Tu puoi. Hai visto mai che impari veramente a cantare.

martedì 2 giugno 2015

Il gioco delle coppie

Che poi basta veramente poco. Ma proprio poco. Una serata bella, due ragazzi che si vogliono bene e che si giurano amore eterno, il buffet dei dolci dove puoi fare il "tunnel" perché sono quelli pannosi e puoi lasciare tutto il pan di Spagna nel piatto per mangiarti solo la crema e i fragoloni.
Di tutto quel cinismo disincantato di cui mi piace farmi scudo per giustificare una mia oggettiva incapacità alle fluide relazioni, in queste occasioni qua non so proprio che farmene.  Perché poi succede che queste cose mi piacciono tanto, mi commuovono, mi divertono. Perché puoi pure rimanere dell'idea che l'amore non sia eterno, che mica tutti i parenti stanno lì perché veramente ti vogliano augurare tanta felicità, che il matrimonio fin troppo spesso disattende se stesso proprio in quanto matrimonio e magari ci si vuole più bene quando questo vincolo stringente non c'è....si, io posso pure pensare che tutte queste cose siano vere, ma poi mi piace fino alle lacrime quella strana e artefatta suggestione del rito che avvolge tutto in una sacra luce di buon auspicio.

Mi piace. Certe volte mi piace pure immaginare me stessa in quella situazione e non so perché ma mi vedo sempre come una specie di hippie vestita di bianco ma con gli anfibi, capelli lunghi sciolti con fila al centro e una coroncina sulla fronte fatta con fiorellino di campo e all'altare ad aspettarmi qualcuno del genere Kurt Cobain....e così in un attimo capisco perché non ho ancora detto addio al nubilato...

Fantasie a parte, credo sinceramente che il matrimonio non sia questione universale. Ci sono coppie geneticamente nate per stare dentro fino in fondo a un vincolo matrimoniale, ce ne sono altre che funzionano solo al di fuori dai canoni di questa istituzione. E poi ci sono le coppie che esistono solo nell'immaginario di una delle due metà e funzionano solo così, se non arrivano ad esistere mai, se rimangono solo pensate, sublimate, teorizzate in tutti i dettagli di ciò che potrebbero essere ma che non necessariamente saranno mai.

Devo dire che della tipologia a cui appartengo io, e per indovinare la quale non vincerete nulla, io sono abbastanza soddisfatta. Nemmeno per noi  e' sempre tutto perfetto, ci sono delle incomprensioni come in tutti i rapporti. Nel mio caso per esempio è che faccio sempre tutto io 😄