Sola andata

Sola andata

martedì 31 maggio 2016

Il brutto è che non ti puoi massaggiare la schiena da solo

Sono fuori da tutto il giorno. Ora sono alla Feltrinelli in piazza duomo: con la scusa di aspettare Cirri e la presentazione del suo libro mi sto riposando un poco. Ho preso un giorno di ferie perché sono tre notti che ho dolori lancinanti alle spalle e ho comprato ogni genere di crema e schiume strane contro il dolore, sperando che stanotte provi un minimo sollievo. Ho persino comprato un strano aggeggio cilindrico per un automassaggio, ma temo che non troverò mai e poi mai la maniera di usarlo efficacemente...
Poi all'una mi sono vista "la comune", un film danese che è un capolavoro totale.
Pure io credo di aver desiderato da sempre vivere in una grande casa assieme a tutte le persone che mi piacciono di più. E altrettanto da sempre ho sognato di vivere da sola coltivando il mio tempo e le mie abitudini senza condizionamenti o spiegazioni continue. Credo che si tratti di un dilemma irrisolto nato con l'uomo, la cui evoluzione non si basa su altro che il continuo riassestarsi tra socialità e isolamento individuale.
Ma la parte interessante del film è stata un'altra. Ad un certo punto la coppia marito e moglie si sgretola perché lui si innamora di un'altra, più giovane, bella e intelligente. La donna abbandonata ritiene che con uno sforzo culturale e di elaborazione della fine dell'amore da parte del suo uomo possa ritornare tutto al l'armonia iniziale. Non ci riuscirà. E io questo lo posso capire benissimo. Non si sopravvive alla vista di un amore che rinasce senza di noi. L'unica soluzione è la lontananza. Non c'è cultura, maturazione interiore, saggezza, evoluzione che tenga di fronte ad un amore che è ancora vivo in uno dei componenti mentre l'altro è già rapito da altro. Nella comune questo sarà un fatto deflagrante, che romperà ogni altro equilibrio, cosa comprensibile per chi crede che i rapporti d'amore, se sono davvero tali, sono pure degli automatici "regolatori" del mondo.
Film di delicatezza infinita. Per fortuna l'ho recuperato.

Ora aspetto Cirri. Viene a parlare del figlio di Togliatti. A me fa ancora malissimo la schiena, ma è stato bellissimo star fuori tutto il giorno. Quando non vivi in una Comune può essere talvolta difficile trovare chi ti massaggi le spalle con la pomatina nuova che promette miracoli. Poi però pensi pure che corri meno rischi pure di essere pugnalato a quelle spallucce già tanto doloranti di loro.

Dai che scherzo. Io di fiducia nei rapporti d'affetto ne conservo ancora molta. Te l'ho già detto: case separate ma vicine e unite da un ponte. Di più non si può.

domenica 29 maggio 2016

La solitudine "condivisa" della corsa

Per ognuno è diverso. Diversi sono i motivi per cui si comincia e tali restano pure quelli per cui si decide di continuare fino a farne un obbligo interiore, un modo di essere, una attitudine di vita.
Per quello che credo di aver capito dalla mia esperienza penso che abbia a che fare col concetto di solitudine e con la paura e lo voglia di sfuggirle.
Io corro da tantissimi anni. Non ho mai gareggiato, mai misurato tempi e progressi, ma credo che sia la sola attività che non ho mai davvero abbandonato, ma solo interrotto per brevi periodi, per dare spazio ad attività che comunque potenziassero la mia resistenza e capacità polmonare, come la cyclette.
Ho cominciato al mare a quattordici anni, in Puglia, tutte le mattine in spiaggia con lo zio. Ad un certo punto i bagnanti avevano imparato e ci aspettavano per incoraggiarci. Poi, a vent'anni, ho comprato un tapis roulant: tutte le mattine ero là sopra, con un armadio di fronte, una simulazione in salita e le canzoni di Guccini a scandire il mio ritmo...una follia degna di monaci zen. 
Poi, col fidanzato di Napoli-città, andavamo a correre a via Caracciolo. Fu in quell'epoca che capii che correre non era solo sacrificio, fatica, disciplina e solitudine. Era anche condivisione di un'esperienza, un modo diverso di stabilire un legame e di comunicare. 
Poi mi sono trasferita e sono tornata a correre, di nuovo da sola, in quell'immenso e magnifico salotto marchigiano che è San Benedetto del Tronto.
E poi a Miami, la città dei runners per definizione e io non volevo perdermi l'esperienza. Mi ricordo che i primi giorni, col fuso orario ancora sballato mi sono ritrovata a correre alle tre di notte...mentre i locali pullulavano di giovani ubriachissimi che mi inseguivano con i loro aperitivi giganti....che donna assurda che posso arrivare ad essere...

E poi qui a Milano, dove con immensa gioia mi sono accodata a gruppi di runners che mi hanno fatto scoprire un modo completamente diverso di allenarmi, di monitorare i progressi e i segnali del mio corpo e della mia fatica. È grazie a loro che mi sono resa conto che si corre per tutti i motivi del mondo: dai più banali come stare in forma, monitorare i livelli di colesterolo, migliorare le proprie prestazioni, a quelle meno intuibili come la necessità gestire lo stress di una separazione, di un licenziamento, di un lavoro che ha portato all'esaurimento. Io invece ho imparato a vivere in un modo nuovo la mia solitudine. Perché che si rimane soli sempre e comunque rimane una mia convinzione totemica da cui ormai non mi schiodo più: le gambe che bruciano, il fiato che è sempre troppo poco, il cuore che vuole esplodere ad ogni falcata...ma quando la solitudine è "condivisa"la differenza è veramente enorme. C'è una moltiplicazione delle energie smisurata, una diffusione dell'incoraggiamento e della motivazione che mi fanno ripensare alle mie corse nello studiolo di casa coll'armadio di fronte  come alla cosa più malinconica che abbia scelto di fare in vita mia.
E così oggi penso che nel mio caso alla fine la questione è questa: se sai di essere lievemente bipolare con una vocazione naturale alla malinconia e ti hanno detto che per gestirla può bastare una moderata attività di resistenza, ma sufficiente a produrre gli ormoni della felicità, tu lo fai senza se e senza ma...che tanto per fortuna ci stanno un sacco di modi di "darsela a gambe" dalla tristezza. Da sola ma non da sola mi pare quello più efficace


venerdì 27 maggio 2016

dal nuovo mondo al vecchio immondo senza passare alla storia

Quando certi fenomeni appaiono fortemente controintuitivi, irragionevoli, persino grotteschi e inspiegabili, la regola aurea del metodo scientifico afferma che bisogna compiere uno sforzo di indagine e di analisi per codificare e provare a capire le ragioni di certa evidenza dei fatti.
Trump è il più temibile avversario della Clinton. Ad oggi potrebbe ancora addirittura vincere. Questo stranissimo uomo, che ha ereditato un patrimonio sterminato, che poi ha sciupato e poi di nuovo recuperato grazie ad agganci mafiosi e gigantesche operazioni finanziarie esercitate sempre sul crinale della legalità . Personaggio grossolano, razzista, isolazionista, populista, maschilista...che i sondaggi danno in ascesa continua.
Il mio non evolutissimo schema di pensiero non si costringerebbe a troppe elaborazioni per concludere che è impossibile che un simile individuo possa avere anche una minima chance. I fatti però mi danno torto marcio. Trump piace e parecchio. Piace proprio perché non ha alcuna intelligenza politica, ha quella della massa, altrimenti detta populismo. Chi lo ha conosciuto dice che è un uomo che nota tutto, attento, scaltrissimo e furbissimo. L'America di oggi, ingenua come sempre ma fiaccata dalla crisi e non attrezzata a gestirla, credo che sia facilmente intellegibile da persone come lui e pure per questo certe volte mi chiedo quanto sia giusto che l'uomo più potente della terra sia elegibbile solo dagli americani e non anche dal resto del mondo che è ugualmente condizionato da tutto quello che si decide in quella specie di gigantesco luna park decadente. Ma poi penso che forse il risultato non sarebbe necessariamente molto diverso. Questa America sarebbe forse, ancora una volta, il migliore indicatore di ogni tendenza...c'è un piccolo Trump in ogni angolo di mondo. E mi viene da pensare che in terra mia lo sappiamo assai bene

Io sono abbastanza contenta di non essere molto ossessionata dal futuro come mi succedeva fino a qualche anno fa. È che non mi interessa più. Non ho strumenti né risorse per pensare di cambiare il mondo, mi limito a provare a capire meglio che posso le cose che accadono o di immaginare scenari del tutto differenti senza la pretesa di vederli pure realizzati. Ho smesso di fare progetti di lungo termine o di pretendere di lasciare tracce indelebili del mio passaggio quaggiù. Sono diventata fatalista e ho compreso il valore dell'accettazione dopo alcune speranze disattese, non ho smesso di sognare l'incontro del destino in nome del quale sono convinta che non avrei null'altro a pretendere. Tutto qui. Non mi definirei certo una donna ammantata da eroico furore. Direi piuttosto che ho frequentato un corso di rassegnazione avanzato col quale ho creato il mio guscio al cui interno mi muovo senza rompere niente.
E così ho pensato che tutto questo potrebbe non bastare, che forse abbassare così tanto la soglia delle ambizioni, della rabbia, la morte delle utopie che fanno immaginare mondi finalmente diversi può essere molto pericoloso.

Il populismo è figlio di un individualismo indotto, di rassegnazione, della pacificazione in un tempo che non è quello giusto.
Mi sono improvvisamente resa conto che io stessa, mio malgrado, sono il frutto di questo strano corto circuito per il quale non potrei mai votare Trump...che intanto forse arriva a vincere grazie a un mondo che è diventato più o meno come me... E allora ho deciso che voglio sognare in grande fin da subito. FORZA BERNIE!!!!!!! ...Sennò che utopia sarebbe!?!? :D



martedì 24 maggio 2016

Il cielo in una stanza in cui non sono mai entrata (combinazioni sospese o non nate)

No, non me ne sono scordata. Rimane solo quello eppure è stato il mio primo pensiero da quando vivo qui.
Di questa città ho visto tutto quello che mi interessava vedere, partecipato a una marea di iniziative indimenticabili, conosciuto tutti i miei beniamini dei programmi radiofonici che ascolto da decenni. Ho cercato di assorbire tutto quello che potesse generare emozioni, consolazione, piacere, ispirazione, ho persino fatto uno strano tentativo di cui un giorno forse racconterò, non ora perché alla fine non mi è riuscito però è stato divertente provarci. Insomma, dopo più di sei anni mi manca solo una cosa della lista. Ai tempi mi promisi di andarci solo se avessi trovato qualcuno con cui condividere l'esperienza ed è per questo che ancora non ho varcato quella soglia. 
Io non sono mai stata al Planetario. Il mio papà ci va tutte le volte che mi viene a trovare, ma io non lo accompagno mai. 
Tutte le volte che passo lì davanti mi leggo il programma degli eventi: lezioni che promettono di essere delle esperienze uniche accompagnate quasi sempre da concerti o attività interattive. Ma io resisto sempre. Ci sono esperienze che non vanno sprecate, che vogliono tempi, procedure e presenze esatte. Altrimenti meglio non farle mai. Il Planetario mi aprirà le sue porte quando vorrà farmi da cielo in una stanza quando sei qui con me...

Ho cucinato un sacco i peperoni. Mi piacciono molto ma solo con il pollo e così mi sono ricordata dei miei otto anni da vegetariana, di come evitavo i peperoni perché senza il pollo non li trovavo per nulla appetibili e ho pensato che è stato un peccato essermi persa per tutti questi anni una combinazione così perfetta per il mio palato. Un po' come la coppia del ruggito del coniglio: dicono tutti che Presta è quello dei due che fa ridere, ma poi si è assentato Dose per due settimane e io non avevo più voglia di sentire quel programma.

Ci sono degli equilibri che bisogna rispettare pur nella loro apparente asimmetria, ma che in realtà sono reciprocamente necessari in base a logiche non razionali o meritocratiche, ma semplicemente 
perché rappresentano delle combinazioni necessarie.

Io credo che certi incontri felici, alcuni legami riusciti, siano spesso il frutto del caso, di una buona intuizione, di tanti tentativi falliti prima di quello esatto...e che il cielo, dall'alto di una prospettiva completa fino ad essere infinita, sia il solo a conoscere l'esatto istante in cui certe armonie si realizzeranno.

Ho deciso di perdermi il pollo con i peperoni per otto anni pensando di assecondare un'idea di piacere dettata da altre combinazioni. Non lo so quanto sia stato giusto. Credo che sia stato abbastanza
interessante, sebbene non pienamente convincente. Un po' come scegliere, per ora, di perdermi il Planetario ...almeno fino a combinazione da destinarsi...


sabato 21 maggio 2016

Ho ricordi da condividere...senza esserne d'accordo

Come è strana questa cosa che Facebook mi ricorda a cosa pensavo, in questo stesso giorno, l'anno scorso, due,tre quattro anni fa...pensieri volanti, episodi precisi, stati d'animo, battute a bruciapelo, notizie che poi hanno fatto epoca. Tutto un archivio che riemerge anche senza richiesta, che ci inchioda o ci allieta ai ricordi di un passato anche non recente. Non lo so se mi piace, ma quando si presenta la pagina dei ricordi da condividere io non posso fare a meno di aprire e scorrere tutto quello che appare. Luoghi in cui sono stata, rapporti che sono diventati nulla o altro da quello che prospettavano, reazioni di pancia, i miei vecchi post di questo blog. Una strana altalena tra cambiamenti radicali e immobilismo emotivo ed esistenziale. Una cosa con cui non avevo mai davvero fatto i conti. È come tenermi sempre sotto osservazione, avvertire evoluzioni e involuzioni, riconoscermi, provare a perdonarmi e poi rendermi conto che non ho poi cosi tante colpe se non qualche eccesso di ingenuità, qualche gesto impulsivo, un umore un po' troppo altalenante che però quasi mai danneggia altri oltre me.
Manco a dirlo nel mio archivio storico autobiografico ci sta la ricerca perenne dell'incontro definitivo, con quelle mie assurde pretese emotive che non riesco mai ad abbassare, ci sono le comprensibili delusioni, gli slanci eccessivi sgonfiati presto da una realtà che mi dà sempre risposte sbagliate. Ci sta la presa di coscienza e il tentativo di riazzerare tutto e fare come se nulla fosse mai stato (perché di fatto nulla è mai stato delle mie frequentazioni da allora ad oggi).
Ci sta il mio rapporto conflittuale con Milano, città nella quale ho il privilegio di essere capitata e lontana dalla quale ormai potrei vivere parecchio male.
I ricordi che riafforano da questo strano libro autobiografico virtuale hanno di bello e di orrendo che non possono essere edulcorati da una memoria che va a braccetto con la fantasia, che è un'operazione che si fa spesso quando si fa fatica a tornare a un passato che deposita i fatti nostri più spiacevoli. Quelle cose le abbiamo scritte noi, a caldo, con l'emotività immediata che è così facile trasferire in uno strumento come questo. Siamo noi. Ci sta poco da fare.
Io oggi ho dei ricordi da condividere. Un anno fa mi dice che ho scritto una cosa su questo blog. Due anni fa ero in un posto tanto lontano da casa mia in un arci dove facevano story telling. Ero sola e pioveva. Tre anni fa giocavo con le parole credendo di fare la simpatica. Poi sono uscite le foto del matrimonio di mia cugina e io ero tanto contenta per lei.

Io oggi, e poi domani e poi ancora e ancora ho dei ricordi da condividere. Ma molti di questi non li condivido affatto. Li contesto con tale disappunto che proporrei una funzione "ricordi indesiderati" come certa posta che non merita neppure di passare per il cestino, per quanto ingombra inutilmente la memoria. 

venerdì 20 maggio 2016

Vado al minimo (ammesso di esserne capace)

- Sei proprio stanca vero?
- Uh, oggi ho raggiunto il picco. Una zanzara che si diverte a svegliarti alle 2:30, senza mai farsi trovare per essere soppressa può concorrere di molto a certe forme di annientamento
- Sì, ma sei proprio stanca in questo periodo. Giusto il tempo di un film...ma poi in realtà non vedi l'ora di saltare sul divano e rimanerci fino al giorno dopo, come se chissà quali disumani fatiche avessi sostenuto
- Guarda che la stanchezza dipende da tantissimi fattori...però ho appena letto una citazione di Sorrentino che parla di stanchezza come forma di libertà. Io sono stanca, ma così stanca che, a parte le attività minime per la sopravvivenza e gli obblighi imprescindibili, non voglio saperne mezza di niente
-  Ma ci sta Piano city...Milano è stupenda in questi giorni
- Non mi importa...
- ma stasera ti eri prenotata per le 19:00 al mic. Ci sei sempre andata...
- È troppo lontano. Non riuscirei a tornare prima delle 11:30... Sai che vuol dire per una che ha dormito due ore?
- dovevi fare la cheese cake, avevi preso pure le bacche di vaniglia perché ti eri intestardita che la vanillina non è un prodotto naturale...
- domani le riscaldo nel latte al microonde con un po' di miele. È lo stesso...
- Lucia, ti piace fare l'apatica si è capito. È la maniera che periodicamente ti concedi di deresponsabilizzarti, di ritenere che non ce la fai pur di non ammettere che la pigrizia e l'indolenza non sempre sono una colpa
- Sì, non ho voglia. Ho un mal di testa feroce eppure ho lavorato tutto il giorno senza mai schiodarmi dalla sedia. Ho sonno e sono andata a fare la spesa e l'autobus non arrivava perché hanno transennato la strada e non ci hanno avvisato e noi li ad aspettare come dei dementi sotto al sole. E io sono tornata a piedi, piena di buste e di mal di testa. non avrei mai potuto cucinare, né uscire di nuovo, né accendere la lavatrice...solo il divano, gli occhi chiusi, qualche lacrima non di dolore ma di decompressione e solo grissini, yogurt, noccioline perché non vogliono fornelli e preparazione.
Hai ragione, oggi voglio fare la vittima. Voglio concedermi questo lusso fantastico esercitandolo con l'onestà di chi è tramortita dalla stanchezza pure se non ha lavorato in miniera, pure se non ha scaricato sacchi o accudito neonati. Perché, credimi, puoi stancarti a causa di una quantità insospettabile di cose, tanto da non sapere neppure quali esse siano di preciso, ma ti annientano e tu non puoi far altro che lasciarle agire, mentre tu ti prescrivi gli unici palliativi naturali fatti solo di apatia e immobilismo. Funzionano sai. O perlomeno male non mi fanno.
- Va bene Lucia...tanto lo so che poi domani ci vai lo stesso a correre...

mercoledì 18 maggio 2016

Che mi importa della porta accanto?

Ancora non l'hanno comprata. E io un poco ne sono compiaciuta e un po' mi piace immaginare possibilità e dinamiche nuove. Il bilocale accanto al mio, quello che ormai costa pochissimo perché pure l'ennesima asta è andata a vuoto, la piccola casa, che la logica più elementare vorrebbe che fossi io ad acquistare, non ha ancora un compratore. Mi basterebbe abbattere una parete per avere un  bell'appartamento comodo e spazioso, avrei due bagni e altre due ampie stanze per una zona living e una camera per gli ospiti. Ma io non la voglio. Lo spazio che ho adesso, piccolo ma sufficiente, mi aiuta a stabilire i limiti alle cose da possedere, a riconoscere ciò che è davvero essenziale, quello che è invece superfluo ma che mi piace abbastanza da meritare il mio spazio, ed evitare tassativamente quello che proprio non mi serve perché mi toglie aria senza restituirmi piacere.

Sul mio pianerottolo, in una casa esattamente identica alla mia, ci vive una famiglia di quattro persone. Che diritto ho io, da sola, di occupare il doppio del loro spazio?

È come se questa casa, vuota da così tanto tempo, fosse in attesa di qualcuno che ha davvero voglia di accogliere. A suo modo la trovo molto simile a me.

Tanti anni fa avevo una casa in Puglia. Ci ho trascorso alcune tra le vacanze più divertenti e intense della mia adolescenza e della giovinezza. Un anno conobbi un ragazzo per il quale sono letteralmente impazzita per molte estati. Lui era lì tutti gli anni come ospite dai suoi zii, poi ad un certo punto i suoi genitori decisero di comprarla e lui venne ad abitare proprio nella casa accanto alla mia. Avevo sedici anni. Mi ricordo che per lui ho fatto cose assurde: una volta ho fatto una specie di autostop per fargli una sorpresa a casa sua ( era campano, ma viveva in un paese lontanissimo dal mio), un'altra volta mi bruciai le paghette di un anno per regalargli una cintura della timberland al suo compleanno (lui del mio compleanno non si ricordò mai). Addirittura una volta andai a fargli una sorpresa all'isef, dove era iscritto. bigiai a scuola e mi feci accompagnare da mia cugina, che stava a
ingegneria ed era lì vicino e io a fuorigrotta non ci ero ancora mai andata da sola.
Credo che tutte le mie insicurezze mai risolte siano nate per colpa di quel ragazzo più grande di me, che giocò  con così poca sensibilità con i miei sentimenti e per il quale consumai tutte le lacrime di quell'età.

Poi un giorno capii, smisi di volergli ogni bene e cominciai a ridere della mia coglionaggine.
E cosi quando comprò la casa proprio attaccata alla mia, implorai i miei genitori di venderla e di chiudere per sempre con le vacanze in Puglia..
Non lo rividi mai più. Mi telefonò circa dieci anni dopo e non ne capii mai il motivo. Fu una lunghissima telefonata di un'ora e venti minuti durante la quale provavo soltanto a ricordare me stessa in quegli anni e il cuore che mi batteva quando lui parlava con me. Non ci riuscii e mi stupii. Pensavo soltanto a quanto avessi fatto bene a lasciare quella casa così tanto "vicina" alla sua lontananza.
 E così ho pensato che oggi sono proprio fortunata ad avere come vicino di casa soltanto un mondo di infinite possibilità che posso immaginare a mio piacimento, con cui non litigo mai e che non mi fanno venire mai voglia di andarmene via e non tornare mai più. Spero che nessuno la compri mai.

domenica 15 maggio 2016

quella volta che trovai il pensiero vivo in una lingua morta

Io non avrei alcun dubbio. Se qualcuno decidesse di fidarsi così tanto di me da chiedermi una cosa tanto estrema e definitiva come questa cosa a cui penso ora, io mi assumerei tutta la responsabilità e gli darei una risposta tanto serena quanto decisa. Ci pensavo giusto ieri, mentre riflettevo irritata sulle parole del Papa, sul dover amare il prossimo oltre che i cani e i gatti, o addirittura prima di loro...
Io pensavo a questo: se qualcuno mi chiedesse il consiglio per un libro che indichi un strada, un modo etico, giusto, corretto di vivere, un solo libro uno solo, che orienti ad una vita spesa bene, io non avrei dubbi. Gli direi di leggersi e rileggersi fino a farne un tatuaggio dell'anima le "lettere morali a Lucilio" di Seneca.

Io non sono credente. Non lo sono mai stata neppure durante quei tristissimi e noiosissimi anni della mia infanzia trascorsi al Gam ( gioventù ardente mariana), quando mi venivano a prendere col pulmino fino a casa per portarmi in un posto lassù al Vomero a pregare e cantare e fare volantinaggio per giornate intere per diffondere il culto della madonna di Fatima. Mi ricordo che non ci stavo proprio dentro, che non mi sono mai ribellata a mia madre per non mandarmici perché pensavo che lo facessero tutti, ma che non capivo che cavolo ci facessi io là per tutto quel tempo, con quella strana gente che pareva assai più convinta di me...è stato allora che ho capito che la Fede se non la tieni non te la puoi dare.
Con gli anni ho imparato che non è una colpa, che le persone più intellettualmente interessanti che ho avuto la fortuna di conoscere o studiare erano tutte atee. Crescendo ho maturato la convinzione che il fatto che migliaia di persone se ne stiano col naso all'insù ad ascoltare estatiche uno che esce dalla finestra e ti dice come si sta al mondo non è un fenomeno indicativo di un'attitudine antropologicamente costruttiva.

Non ho nulla contro la religione e i credenti. È solo una questione di mia totale mancanza di sensibilità e di interesse verso l'argomento. Succede. Per me è assimilabile alle arti magiche, ma a differenza di queste ultime non la puoi smentire finché sei in vita perché è su questo basa la sua forza e la sua seduttivita'. La paura della morte e il bisogno incessante di esorcizzarla è la chiave di volta che le accomuna tutte ed è per questo della religione non ci libereremo mai e poi mai. Amen.

Poi ci sta chi è sfortunato come me e per sentirsi meno ontologicamente insignificante prova a pensare che possano esserci altre strade:
 1) la filosofia se sei abbastanza intellettualmente illuminato e non tieni una casa da pulire e i maccheroni sul fuoco
2) Andare avanti a Prozac, jack daniels, oppiacei...ma dubito che poi ti ricordi tutte le risposte che ti eri dato
3) diventare pazzo. Ma funziona davvero solo se ti chiami Nietzsche

Però quel libro lì...sarà che io di Seneca mi ero un po' invaghita al liceo perché era facilissimo da tradurre e tutte le volte imparavo sempre cose assai belle e pensavo che pure se non stavo al classico e mi dispiaceva tanto, almeno queste cose qua non me le ero perse, per fortuna.
Ecco, se qualcuno per ipotesi assurda potesse leggere un solo libro nella vita e avesse così tanta fede in me da chiedermi quale, io gli consiglierei questo.
Ma poi ho pensato che la fede tiene proprio questo di brutto, si manifesta quando non hai scelta e pensi che qualcuno possa decidere il meglio per te.
Non ti fidar di me e leggi quello che ti pare. Amen.






venerdì 13 maggio 2016

Libertà ( meglio se vincolata)

Stasera danno il "Capitale umano" su Rai tre, film riuscitissimo di Virzi che vidi in un pomeriggio gelido in un cinema che non mi era familiare e altre due o tre volte dal mio bel dvd pieno di chicche sfiziose sulla realizzazione del film nella "ubertosissima" Brianza. E intanto già pregusto la mia lezione di cinema col suddetto regista di cui mi sono accaparrata l'invito per lunedì all'Anteo, posto che amo e dove il mercoledì fanno una cosa che si chiama colazione al cinema: vai a vederti un film alle 10:00 e col biglietto ti danno cappuccio e cornetto da gustare mentre guardi il film...quanto può esser bella la vita di un pensionato milanese...

Oggi in quella megnifica trasmissione che è Melog, magnifica come tutto quello che promana da quella mente fantastica di Gianluca Nicoletti, della cui mirabile sintassi e capacità argomentativa non credo che mi stancherò mai, si parlava della legge appena approvata sulle unioni civili. In particolare si poneva l'accento sulla questione dell'assenza dell'obbligo di fedeltà e del perché fosse stata introdotta questa idea "lasca" di quel tipo di unioni. Come a dire "tanto voi siete coppie poco serie e vi tradirete prima o poi". In realtà a me mette più a disagio sapere che sia previsto un obbligo alla fedeltà per le unioni ritenute tradizionali...sottintendendo che non prometterebbero di esserlo se si ritiene di dover imporre loro un vincolo esterno per consolidarle...

Io ho raggiunto un'età in cui il "ricambio veloce" non mi è più di alcun interesse e comincio a considerare i vincoli  delle magnifiche ancore, quando partono da un percorso interiore fatto di scelte consapevoli e preservati da una grande tenuta etica. Si, sto pensando all'uomo che vorrei incontrare e del quale vorrei essere quel vincolo consapevole.

A proposito di uomini che mi piacciono e di cui mai ho smesso di pensare tutto il bene possibile, mi sono ricordata di una magnifica intervista a Vasco (tutte le interviste a Vasco sono magnifiche). Lui è uno che lavora da sempre con le stesse persone, e da quando lo conosco penso che sia un fulgido esempio di coerenza, a dispetto delle sue magistrali lezioni di anarchia che in fondo non sono altro che la conferma di una fedeltà ad un percorso complicato, come la libertà di essere sempre se stessi. Dicevo, in quell'intervista lui raccontava del patto di sangue (fatto sul serio con tanto di tagli con le lamette) con la sua attuale compagna, col quale giuravano di non lasciarsi mai, neppure se ad un certo punto avessero ritenuto più comodo e liberatorio farlo. Diceva che il progetto di fondo è più importante dei tentennamenti, che la crescita e la presenza per i figli rientra in quel supremo impegno. Nessun moralismo, solo certezze assolute. Io lo ascoltavo rapita e pensavo che sono stata proprio brava ad amare Vasco da quando ero piccola fino ad oggi senza mai cambiare idea.

Non lo so perché non ho mai incontrato un uomo così, o, se l'ho incontrato, non so perché poi non me ne sia pure innamorata. Qualche volta mi viene da pensare che certe cose possano accadere soltanto a chi ha abbastanza coraggio da sentirsi all'altezza di un simile impegno. Altre volte penso che potrei farmi stare bene anche piccole storie piene di dolcezza e di significato, seppur non eterne. Alla fine invece penso che, piuttosto che queste strane truffe del cuore, devo fare come ho sempre fatto: oscillare tra il mio incantevole mondo ideale, a cui mi piace pensare più spesso possibile, e il mio mondo "necessario". Quello che mi serve a capire a "come è bello sognare"...pure senza stare abbracciata a nessuno. "Il capitale umano" è un bel film. Ma lunedì mi aspetta "La pazza gioia". E tra l'umano troppo umano e la pazzia per la gioia non c'è mai partita...





mercoledì 11 maggio 2016

Maggio sta a novembre come cosa sta a cos'altro?

Credo che sia la prima volta che mi capita. Da quando esiste il web 2.0 credo che questa sia la prima volta che passo un intero giorno senza mai connettermi e manifestare la mia presenza con le piccole tracce che per consolidata consuetudine lascio nei "luoghi" visitati, oggi non ho scritto neppure un pensiero anche minimo sulla mia pagina. Niente. Ne sono rimasta alla larga. Per la verità sono stata alla larga da tutto, pure dall'ufficio. Sto bruciando tutte le mie ferie per giorni privi di senso come questo: un mercoledì di pioggia incessante, metro in tilt e jeans inzuppati. Ma la faticosa prova è stata superata e poi devo dire che in fondo non è niente male non lavorare di mercoledì (ma io credo che sarò per sempre ossessionata dalla ricerca del tempo di lavoro ottimale, che forse non esiste se non corrisponde anche al tempo del piacere).

Mentre mi barcamenavo tra le pozzanghere con le mie scarpe inadeguate, i miei jeans a zampa sempre più pesanti, il disagio, l'aria umida, le macchine, la gente per strada con espressioni perplesse almeno quanto la mia, pensavo che siamo già quasi alla metà dell'anno e che forse potrebbe essere utile fare un bilancio anche sintetico di questo primo semestre d'anno.
Io di propositi non ne avevo fatti, mica perché ho paura di non riuscire a mantenerli, ma davvero non avevo nulla da pretendere da me stessa per quest'anno. Non volevo niente...o meglio...non volevo niente che dipendesse solo da me stessa. Cosa è successo? Ho provato a fare domanda per l'estero e mi hanno detto di no, mi sono tolta un dubbio su una faccenda personale su cui ho equivocato per tanto tempo e che finalmente mi è stata da chiarita dall'unica persona che poteva farlo, ho visto una quantità massiccia di film sia con un caro amico che da sola, ho fatto qualche buona lettura e mi sono allenata in modo costante e ho trovato dei gruppi di runners al Sempione che hanno rappresentato uno dei regali più belli di quest'anno.
È Successo pure che i miei mal di testa sono diventati molto più frequenti di prima, che dormo sempre di meno, ma di questo credo che incolperò anche e soprattutto gli anni a venire...
Fa male avere aspettative, non è molto sano fare propositi, perché le cose che dipendono esclusivamente da noi stessi sono molto meno di quelle che pensiamo. Pretendere di controllare anche ciò che ci riguarda solo di riflesso può essere molto frustrante.

Però ci stanno altri sei mesi da coprire e mi sembrano tanti e in realtà sono pochissimi, almeno relativamente alla lunga vita che mi auguro, e allora mi chiedo con quale ottica dovrei percepirli per considerarli promettenti? Potrei augurarmi un lungo letargo per recuperare il sonno perduto e risvegliarmi senza mal di testa e piena di energia, carica di proposte e di capacità realizzativa. Oppure potrebbe capitarmi di continuare "zoppicando" con le risorse un po' scarse che mi ritrovo e di procedere per "aggiustamenti" piccoli e impercettibili, senza concedermi troppi tempi di recupero. Alla fine farò come mi viene e cioè come neppure io posso sapere. Perché poi così funziona, succedono le cose e io reagisco e soltanto allora scopro io stessa qualcosa di me. Nessun evento è esattamente prevedibile e quindi non lo è neppure la nostra risposta ad essi...
Ora vado a dormire. Se non mi sveglio tra sei mesi vuol dire che mi aspetta un secondo semestre assai faticoso. I miei jeans sono ancora tutti inzuppati, ma le scarpe anti pioggia le ho comprate giusto oggi...




martedì 10 maggio 2016

Sportello informazioni

Qui a Milano è tutto grigio e pioviggina. Sono appena andata in verifica assieme al mio collega in un paese vicino. Ci ha aperto una signora di 93 anni al posto di un facoltoso imprenditore che...evidentemente non è all'indirizzo dove risulterebbe la sua società. Alle dieci eravamo già rientrati in ufficio e io ho pensato che la mia attività avrebbe molto più senso se fossi sempre per strada a fare controlli di questo tipo. O forse sono io ad essere allergica a questo strano posto dove ho l'impressione di respirare sempre male.

Ieri sostituivo un collega alla prima informazione. Era un delirio assoluto di persone con i problemi più disparati che io dovevo provare a smistare tra i diversi sportelli. Quasi mai è consentito star seduti quando si sta lì davanti. Ma ad un certo punto ho potuto. Mi sono accasciata su una sedia girevole e credo di essermi letteralmente rannicchiata come mio solito: tendo a non stare mai eretta. Ad un certo punto una deliziosa signora di origine russa, con una accurata acconciatura con i boccoli e con  un viso bello e sorridente mi ha esortato così: "stai dritta! Non ti manca nulla per stare eretta. Prova a guardare la differenza se ti metti seduta con le spalle indietro e il viso più sollevato. Nessuno si accorgerà che sei carina se stai seduta così". L'ho trovata deliziosa, mi ha fatto ridere nonostante in quel momento mi pulsassero le tempie come spesso mi accade in questo periodo. Mi ha raccontato che da giovane recitava e che queste cose le ha imparate a suon di scappellotti, mi pareva che in pochi minuti avesse capito tutto quello che mi passava per la testa in quel momento, in quelle ore, forse negli ultimi vent'anni della mia vita. Perché a volte succede. Ci sono delle persone "speciali" che pare che si connettano con noi senza filtri, arrivando dritte al "punto" di quello che sei e che non riesci a non essere.
Esistono, forse...chissà, ma se esistono io di certo l'ho incontrata ieri, allo sportello informazioni

domenica 8 maggio 2016

Hitchock e le sue "proiezioni"

Del resto se rientra in quel tempo non negoziabile delle mie attività, io poi non me lo pongo neppure il problema logistico. Il mic (museo onterattivo del cinema) credo che sia il posto che amo di Milano che in assoluto è  più distante da casa mia. Negli ultimi dieci giorni ci sono andata perché ci sta una retrospettiva su Gregory Peck. Oggi davano "io ti salverò", un gioiello che avevo visto un milione di anni fa, che mi ha fatto ricordare che da quando Dio è morto la psicoanalisi è la più affascinante delle scienze "inesatte"...perché, manco a dirlo, alla fine di veramente esatto ci sta solo l'amore...il migliore Hitchock di sempre. Tutti meritati questi giorni di trasferta in un "non luogo" raggiungibile in più di un'ora da casa mia.

Sono giorni e giorni che non sento altro che parlare di Inghilterra, la migliore nel calcio, quella col sindaco giovane, di sinistra e musulmano, la meno europea d'Europa...l'Inghilterra è tutto quello che vorremmo essere, che sentiamo di voler diventare, ma senza minimamente sapere come fare. Io credo che lì succeda il meglio di tutto e la cosa è tanto più affascinante se penso che non riesco a capirne davvero le ragioni. È una percezione confortata semplicemente dai fatti. È come se fosse una costante avanguardia.

Mentre scrivo ci sta Scamarcio da Fazio. Ha detto che il suo prossimo film parla di un eroe negativo...ha detto che un altro esempio di eroe negativo, oltre al suo, è stato taxi driver...ecco, io credo che Scamarcio sia un uomo bellissimo, trovo che non sia un cattivo attore, che sia sufficientemente ambizioso per crescere tanto...ma certi confronti...ma di quanto provincialismo ci dobbiamo ancora spogliare prima di tornare a concederci delle connotazioni originali in settori in cui potremmo essere fortissimi.

È appena andato via Scamarcio. Ora arriva Almodovar: regista che amo immensamente (tranne l'ultimo che è una boiata pazzesca). È vestito come un pensionato del catasto che vive col gemello italiano Lello Arena, e invece vorrei che fosse bello come Scamarcio. Ha appena detto: "sono ottimista perché sono pazzo". Ha fatto un film sul tentativo di superare il senso di colpa vissuto da persone che hanno una cultura laica. Sento che non vedo l'ora di vederlo. Ma in questo momento dice che ha citato Hitchock...non è colpa mia...ma anche il meno anglosassone di questa terra come Almodovar stasera, mentre io penso che l'Inghilterra sia un prototipo di mondo perfetto, ha fatto un simile riferimento. Sicuramente è un caso...ma io amo certe coincidenze e sento che voglio ricordarmene.

Mi limito a riportare i fatti. Mica voglio condizionare nessuno...
Ora arriva Renzi. Si è spezzato un incantesimo.

(...God save the queen!)







 



mercoledì 4 maggio 2016

Niente mali di stagione...ogni tanto mi "godo" quelli di giornata

Mi ha fatto bene decidere di non andare a lavorare oggi. Anche perché credo che non avrei potuto fare altrimenti. Mi sono alzata presto come al solito, ho sollevato pesi e saltato molto poco allegramente per venti minuti, ho bevuto mezzo litro di un beverone alle erbe per depurare il fegato, ho fatto la doccia, infagottato la mia borsa termica con tantissimo cibo, mi sono truccata...e mi sono accasciata sul divano. Erano le sette e io sentivo di non avere la forza per coprire "le distanze" residue di una giornata che in fondo per me era già iniziata da un pezzo...ma davvero non avevo neanche un po' di forza ed è strano dare conto di un fenomeno simile quando non hai febbre, allergie, malesseri di altro tipo. Stai bene ma non è vero.

E così ho avvertito in ufficio che oggi non avrei potuto fare l'attività di sportello che mi toccava (tanto mi ha già detto che la recupero venerdì....sic...), mi sono goduta la luce poco familiare della mia casa in una tarda mattinata di tempo bello, sono andata al parco a leggere e a prendere il sole, ho tirato fuori un po' di abiti leggeri (senza mettere via quelli pesanti), ho fatto la pasta di farro col pesto, sono di nuovo collassata sul divano e, se non avessi fatto la fatica titanica di alzarmi di scatto e farmi una corsa di sei chilometri, credo che sarei svenuta.

Mentre facevo tutte queste cose pensavo che stare bene senza sentirsi bene è una mezza fregatura. Ti senti in dovere di essere operativo perché in fondo non tieni niente che ti fa male, ma sai che gran parte del tuo darti da fare ti serve solo per non sentirti peggio...di buono ci sta che in giorni come questi sai per certo che a lavorare non puoi andarci e che tutto quello che puoi fare è tentare di prescriverti da solo le attività curative che pensi ti aiutino a superare certe giornate andate a male...

C'era un sole così bello oggi, una temperatura ideale e un venticello leggero che mi suggeriva chiaramente di mettere le scarpette e correre attorno all'aeroporto di Linate. Ero tutta fucsia e arancione, nessuno poteva pensare che vestita così stavo provando a sconfiggere un "male", forse per questo ho goduto dell'incoraggiamento di due camionisti e un conducente di autobus, ho salutato un gruppo di ciclisti e pure un paio di aerei in decollo. Sono passati quaranta minuti prima di ritornare alla fontana della piazzetta sotto casa e con tutta la stanchezza e le endorfine benedette in circolo mi sono detta che sono molto fortunata ad avere avuto delle ore a mia disposizione grazie ad un articolo che mi consente di star male senza che per questo il mio datore di lavoro mi auguri di marcire dritta all'inferno. Oggi avrei dovuto partecipare ad una protesta sindacale dalle 13:30 in poi. Ma nonc'ero. A pensarci bene mi sono concessa un'occasione migliore: riconoscere che le mie opportunità siano, ad oggi, scandalosamente migliori che in qualsiasi altra realtà io possa immaginare. Lo so, non si dice, lo so...essere riconoscenti per qualcosa abbassa la soglia dei diritti e favorisce il gioco al ribasso...ma
stasera io sto cosi bene...dovrà pure esserci qualcuno a cui dire grazie....


lunedì 2 maggio 2016

un anno e un piede. Stesso passo ma sempre meno dolore

Ormai è un anno che mi sono piazzata qui. Ho cominciato quando mi sono operata al piede e sono rimasta a casa per più di un mese. Mi ricordo che approfittai della convalescenza per ristrutturare casa, ma che soffrivo moltissimo, che ero sommersa da polvere e caos, che ero contenta di avere tanto tempo a disposizione e un poco dispiaciuta per l'assenza di persone che non mi hanno mai chiamato per sapere come stavo.
È stato così che ho pensato a questo piccolo diario quasi quotidiano. Mi ricordo che c'era il sole e io stavo sulla mia solita panchina al parchetto fuori casa. Ho cominciato a smanettare, a pensare a un titolo che facesse subito capire lo spirito e le intenzioni - mai serie - che si proponeva il mio blog nuovo nuovo e immediatamente mi sono messa a scrivere.
Io sono una discreta lettrice di blog. Ce ne sono alcuni che seguo da anni e che non mi pongo neppure il problema di cosa scrivano, mi piacciono e basta. E poi ci sono quelli che leggo perché riferiti a temi e mondi a me del tutto sconosciuti, come i blog delle mamme...mi divertono ma non mi ci identifico mai e questo mi aiuta a pensare che forse non è esattamente una casualità che madre io non lo sia diventata.

È passato un anno. Quasi sempre ho trovato sorprendente che qualcuno avesse piacere a leggere i fatti  di una tizia che fatica a trovare materia di interesse nel proprio quotidiano, che addirittura ci siano delle persone che avendomi "scovato" in ritardo, si siano prese la briga di andare a leggere pure i miei post più vecchi, che ci siano alcuni che mi scrivono in privato, e che addirittura uno dei miei post abbia causato un incidente diplomatico sul lavoro (che, qui lo dico e qui lo nego,mi ha molto divertito...)

Oggi qualcuno ha letto un mio post del 9 agosto 2015. Non ricordavo affatto cosa avessi scritto. Me lo sono riletto pure io. Come era abbastanza probabile parlava di cose che non conosco davvero...come l'ipotesi di un amore riuscito. E ad un certo punto mi sono ricordata proprio bene del momento in cui lo scrissi. Era di pomeriggio e faceva tanto caldo, ero al parco e Milano era semi desertica. Mi ricordo che non ero né triste né felice, che avevo appena finito un libro molto bello e che di lì a pochi giorni avrei compiuto 39 anni. E mi ricordo pure che non mi aspettavo proprio niente. In realtà mi è piaciuto molto avere trentanove anni, non mi è successo niente di orrendo, mi sono tolta dei dubbi che mi mettevano molto a disagio, e penso di essere ancora un po' bellina per i miei quasi quaranta...
Quello che scrivevo in quel 9 agosto lo penso ancora, ma forse soprattutto per la parte che riguarda le monoporzioni. L'identikit è una rappresentazione molto fedele del "ricercato", ma non è detto che lo si trovi, che esista davvero o che non si lasci catturare da più abili predatori...
Io intanto continuo a leggere i blog divertenti di quelle strane creature chiamate mamme, continuo a non essere né triste né felice, continuo ad andare al parco e a scrivere sciocchezze. In compenso il piede non mi fa più male.