Sola andata

Sola andata

venerdì 30 settembre 2016

Tra "un accadde oggi" e "un accadde ieri"

Come cambiano le cose. Per avallare questa percezione Facebook è davvero un mezzo formidabile, soprattutto se, come me lo hai da subito usato per congelare i momenti che ritenevi topici, divertenti, memorabili, che hanno segnato uno stato d'animo, non necessariamente pacificato o preda di particolari passioni, ma che metteva a fuoco una condizione precisa.

Oggi mi ha ricordato dove ero, con chi e cosa stavo pensando quattro anni fa, tre, due e pure l'anno scorso. Ci sono foto, le mie solite battute sceme, una pseudo cronaca dei film e dei fatti di quel periodo...un promemoria davvero niente male. A volte rischioso, altre stupefacente perché ci stanno in mezzo pure cose che non ricordavo affatto, che fatico io stessa a pensare di avere scritto, ci sta la mia vita con Pablito e la curiosità per una città che conoscevo ancora così poco.
Ieri è morto Caprotti, il fondatore di Esselunga, quella catena di supermercati che per me, devota del modello coop dalla primissima ora, dopo la caduta del muro ha rappresentato l'ultimo baluardo della contrapposizione in blocchi delle ideologie. Ho messo piede in Esselunga dopo circa quattro anni, e non pochi tormenti e lacerazioni interiori, della mia vita a Milano. Poi non me ne sono mai più allontanata. Credo che quello sia stato un momento topico della mia vita, quello in cui ho capito che l'ideologia è davvero finita, che se sei un imprenditore di destra ma proponi i prezzi più democratici di tutti, dai l'opportunità di diffondere cultura con biglietti per il cinema e per il teatro...vuol dire che fai bene il tuo lavoro e il resto conta molto poco. La coop è rimasta drammaticamente indietro e io, che mai avrei pensato, non vi ritrovo più alcuna aura romantica...pure se il prestito sociale immane una delle mie attuali piccole forme di risparmio (cambiare senza rinnegare tutto il proprio passato aiuta a non perdere l'orientamento). Riposa in pace severo, accentratore, destrorso, ma geniale Caprotti.

Tra "gli accadde oggi" di cui mi restituisce memoria fb, ci sono anche due foto con una persona che cominciavo a frequentare proprio in quel periodo. Lui è sorridente, avevamo visto un film assieme e ricordo che era una bella serata di inizio autunno. Siamo usciti assieme altre volte in questi ultimi quattro anni, in mezzo a lunghi periodi di silenzio e incomprensioni (poi però alla fine mi è stato tutto molto chiaro...io penso molto piano quando si tratta di sentimenti). Mi accorgo solo ora che quel sorriso che vedo ora, in quella foto, non credo di averglielo visto più, perlomeno non nelle volte in cui è stato con me. Chissà perché mi sono ostinata così tanto in tutti questi anni? Poi mi sono ricordata dell'ultima volta che siamo usciti assieme, lo scorso inverno. Ad un certo punto gli ho chiesto il permesso di taggarlo in una foto da postare su fb e lui mi ha risposto piccantissimo con un no categorico. Soltanto ora capisco perché ne fui così ferita: stavo facendo un confronto automatico con la foto che mi si è riproposta oggi e che è stata brutalmente annullata da una continuità che voleva essere interrotta molto tempo prima. Senza fb non credo che avrei mai ripescato quella foto "memento" che arriva proprio ora a ricordarmi di una faccenda morta e sepolta  e dalla quale spero di aver tratto qualche buona lezione su come non voglio essere trattata mai più da nessuno.

Stamattina mi sono svegliata con il solo scopo di ritrovare foto e suggestioni della corsa di ieri al Sempione. Il tempo reale, la vita vissuta che si intreccia con quella percepita, quella restituita agli assenti, quella condivisa con chi era lì e la viveva come te. O in un'altra maniera. Mi sono svegliata col solo scopo di ricordarmi di ieri.
Ma pare che non sia vera la storia che sul web tutto passa e si consuma senza lasciare traccia. Sul web rimane tutto. Pure quello che ormai è passato, pure quello che pensi che non ci sia mai stato. E purtroppo pure quello che vorresti non fosse stato mai


mercoledì 28 settembre 2016

"Annuncio ritardo"

Il passante di Trenord è una modalità di spostamento all'interno di Milano che utilizzo molto spesso. Ormai da un sacco di tempo ho fatto caso a una strana consuetudine. Sul tabellone delle attese, accanto all'orario di arrivo del treno viene spessissimo annunciato un ritardo di almeno quattro minuti del mio treno. Saperlo mi aiuta a mettermi l'anima in pace e ad attendere per un tempo più lungo di quanto auspicato. Però, nove volte su dieci, succede una cosa. Il treno arriva puntuale. Il ritardo annunciato non si verifica. Tutte le volte che questo succede il mio umore migliora tantissimo, nonostante non mi sia stato fatto nessun favore.
 Credo che a volte la rassegnazione ad un cattivo trattamento sia tale che rientra a pieno titolo nella normalità delle cose imperfette e di quelle che non possiamo controllare.Qualche volta considero questo un esercizio utile alla costruzione di un buon carattere, quello fatto di pazienza mista a bonaria consapevolezza, purché accompagnate dalla capacità di fermarsi un attimo prima della acritica sottomissione agli eventi.

Chissà, magari si sta affermando una nuova idea di gestione della collettività fondata sull'educazione al pessimismo, così se ci viene dato di meglio pensiamo di essere stati dei privilegiati, come se l'appiattimento delle aspettative e delle speranze possa fare da calmiere per l' ambizione all'eccellenza.

Non lo so, ma ho come l'impressione che ci siano molti modi perversi di darci l'illusione di quello che gli esperti di marketing definiscono il "good enough": quella roba che non è propriamente il meglio che si possa ottenere, ma è già abbastanza perché il meglio non è da tutti, invece l'abbastanza buono può esserlo e ci vuole un po' di tempo prima di arrivare ad accorgerti che era soltanto un modo diverso di definire la mediocrità. Mangio, indosso, ascolto, leggo quello che mi vendono, la mia
possibilità di scelta è limitata esclusivamente al comprare o non comprare. Non ho nessun altro potere. Poi ci sono i servizi indispensabili, sui quali ho ancora meno potere. Tutto quello che posso fare è giudicare la qualità di quello che mi viene offerto e per farlo devo avere dei parametri di riferimento e poi una voce in grado di essere ascoltata. Ci sono due modi per privare un individuo di questi due strumenti: 1) la prepotenza, ma quella è rischiosa perché crea rabbia e spirito di rivolta, 2)l'inganno e il mito del "semplicismo" esistenziale, fatto di ignoranza e assuefazione.
Oggi sono in ferie e mentre scrivo sono seduta su un muretto ai Navigli, mi trovo davanti a un corso d'acqua che hanno ripristinato dopo anni. La mattina è esattamente quello che è: una lunga lastra melmosa. Ma di sera, con le luci e i bar eleganti e la musica diventa un posto fighissimo e con delle suggestioni e un'atmosfera completamente diverse da quella che ritrovo io, con la luce impietosa del sole.

Oggi il passante non devo prenderlo, ma ne avrò bisogno per tantissime altre volte ancora. E così mi sono ripromessa  che all'annuncio ritardo di un treno che poi arriva in orario io mi ricorderò di non avere proprio niente di cui rallegrarmi, perché perdo del tempo prezioso necessario ad indignarmi. E una perdita di tempo è già di per se' un "ritardo" confermato...







domenica 25 settembre 2016

Quell'intuito fatto coi piedi

Una delle ragioni per cui ho trovato magnifica la mia vacanza in Portogallo è stata la fantastica guida che ha accompagnato il gruppo con cui mi spostavo. Era una donna molto bella, mai avrei detto che avesse 52 anni, coltissima, due volte campionessa europea di arti marziali, nonché riflessologa. Si allenava all'alba, prima di partire per i nostri giri e quando le raccontai del mio dolore fortissimo al braccio, si è offerta di farmi un trattamento di riflessologia. E io solo da allora ho cominciato a stare meglio.
 Ogni tanto si soffermava a raccontarci episodi della sua vita. Era stata sposata con un capoverdiano da cui aveva avuto una figlia per poi scoprire che la tradiva mentre lei era al lavoro e che voleva soltanto i suoi soldi. Beh pazienza...gli scherzi degli amori sbagliati. Poi aveva avuto un fidanzato siciliano mammone e alla fine lei si alleò con la madre di lui addirittura per organizzargli una cena romantica con un'altra donna, scelta dalla suddetta madre...

Confesso che a me già sarebbero bastati questi due episodi per chiedermi come sia possibile che una donna così bella, simpatica, affascinante, colta e capace, sia incappata in situazioni sentimentali così disordinate. E invece non era tutto, ci raccontò che quando aveva 45 anni ebbe altre due relazioni ed entrambe le volte con due ragazzi di trent'anni che mollo' per disperazione, perché dopo l'iniziale entusiasmo si impigrivano sul divano e non avevano mai voglia di far nulla. 

Ricordo che mi impressionò moltissimo la storia di quella donna così interessante eppure tanto sfortunata, oserei dire quasi più di me, con gli incontri. Pensavo che se io fossi stata un uomo me la sarei tenuta strettissima, avrei fatto qualunque cosa per meritarmela ed  essere alla sua altezza...proprio non mi capacitavo perché una donna simile fosse sola.

Poi ho pensato a quello strano massaggio ai piedi. Lei mi aveva spiegato come a ciascun
dito del piede corrispondesse un organo preciso o una parte del corpo e che con delle opportune
manipolazioni si possono curare molti malesseri. Ero sul letto, lei mi faceva delle pressioni su due dita del piede sinistro e il giorno dopo il mio braccio e la mia spalla erano molto più sciolti e meno doloranti. Io ho davvero creduto a quello strano collegamento tra arti superiori e inferiori e mi sono convinta che la strada per la guarigione può trasformarsi a volte anche in un percorso di conoscenza e di scoperta di altro.

Fu allora che pensai che spesso le risposte a tantissimi interrogativi possono essere del tutto controintuitive e che quello che ci pare assurdo ha in realtà delle precise spiegazioni che fatichiamo a trovare soltanto perché ci ostiniamo a restare entro i limiti di ciò che diamo per assodato o ragionevole. 
Io sono sicurissima che quella donna fosse corteggiatissima da tanti altri uomini, eppure lei incappava sempre in soggetti sbagliati che, nella migliore delle ipotesi la deludevano e nella peggiore le hanno preso soldi e lasciato una figlia da crescere da sola.

Mi piace pensare che una delle possibili spiegazioni "controintuitive" sia che lei, così straordinaria ed efficace in tutto quello in cui si cimenta, in fondo può persino bastare a se stessa e investire tutto il suo tempo nelle magnifiche attività in cui riesce così bene. Le persone così dotate non hanno necessità di trarre appagamento anche dai rapporti affettivi. Ci riescono benissimo già con i risultati che raggiungono in quello che fanno. E così, senza saperlo, si legano istintivamente a persone inadeguate così da non creare vincoli di eternità.

Voglio credere che sia proprio così. In realtà, per quanto per la scienza essere controintuitivi si possa rivelare un metodo formidabile per favorire nuove scoperte, in amore l'intuito vale invece ancora parecchio. Il mio per esempio mi dice che pure la più straordinaria delle donne cercherà sempre l'amore con tutte le forze che tiene e finché non lo trova non ci sta talento che possa colmare quel vuoto lì.

Intanto il mio braccio si è sbloccato con un massaggio al piede...hai visto mai che una donna straordinaria trova finalmente un uomo normale.
E, se vale la regola, a me invece ne toccherebbe uno parecchio straordinario...Mi pare intuitivo... ;)





venerdì 23 settembre 2016

Che forza...con o senza

Lo sapevo che non ero a posto. Ormai riesco ad intuire bene se mi scorre abbastanza ferro nelle vene da poter regalare 420 ml del mio A negativo, oppure se sto attraversando quei periodi di stanchezza acuta da poco sonno, cambio di stagione, poca pressione...tutto troppo poco per potermi donare a qualcuno per fargli del bene....Ieri non mi reggevo neppure in piedi, nonostante avessi persino tentando di "falsare" il dato con uno dei miei integratori per podisti "arrivisti". Inutile insistere. Mi  ero persino premunita avvisando l'ufficio che se non avessi potuto donare non sarei rientrata e avrei tenuto il giorno libero attingendo dalle ferie. E così sono ritornata a casa, ho preparato un sacco di verdure, ho mangiato un sacco di frutta, ho letto un fumetto magnifico e mi sono detta che agli allenamenti di sabato e alla gara di domenica non sarei di certo mancata solo perché non ho molte forze.

Anche oggi pomeriggio, dopo il lavoro, sono corsa subito a casa a cercare di rimediare metodi efficaci di recupero delle forze. E quindi ancora tanta frutta e verdura, tantissimo yogurt e un molto consolatorio biscotto Mc vitie's. E poi divano e ancora fumetto. E niente, mi sento ancora fiacca, ho tanto sonno ma poi non riesco a dormire e credo che in periodi come questi non sia utile fare altro che fingere di assecondare questo processo di leggero letargo e di auspicabile risveglio, per poi fregarmene bellamente quando mi interessa di più correre anche stancandomi il triplo.

Credo che funzioni sempre così la motivazione.  Te ne freghi delle condizioni avverse, della testa che ti gira, che potresti concorrere con la Marini senza trucco per quanto ti senti a pezzi...ma poi se davvero vuoi fare una cosa, la fai.

Il problema semmai è un altro. Durante queste meravigliose occasioni di downshift, perché dovrei
motivarmi, perché dovrei forzarmi e piuttosto non rimanere spalmata sul mio generoso divano a godere come un riccio di Gazebo in prima serata, sorridere di un articolo sulle donne kamikaze dell'amore e succhiare liquirizia. Domani agli allenamenti ci vado e poi la cura di ferro la faccio. Però che bello, ogni tanto, non avere nessuna forza di fare niente di utile, produttivo o necessario.

Stasera neppure un piatto da lavare, perché neppure uno ne ho sporcato. Nulla. Stasera bene così. Ma del domani ho ogni certezza...







mercoledì 21 settembre 2016

C'eravamo tanto amati...quanto non più (tra acque che si rompono assieme a tutto il resto)

Sono giorni strani quelli di questo ultimo scorcio d'anno. Se dovessi immaginare di usare questo blog come un archivio dei fatti di cronaca che hanno segnato il costume e persino rivoluzionato valori dati per assodati, non potrei non citare la separazione tra la jolie e brad pitt, il tutto mentre provo a capire la genesi delle campagne oscene a favore della famiglia sganciate come proiettili sulla nazione dalla Lorenzin.
Come credo intuisca pure chi passa solo sporadicamente da queste parti, valuto certi fatti dal solo dal punto di vista "privilegiato" di chi non avendo mai formato una famiglia (e neppure mai fortemente desiderato di farne una) non è nella condizione di portare la propria esperienza ad esempio, ma so per certo che sarebbe anch'essa fallimentare e imperfetta come quasi tutte quelle di mia conoscenza. A me il fallimento e l'imperfezione stanno pure simpaticissimi, tra l'altro li conosco piuttosto bene...ma devono stare lontani dalla mia idea di legame. Quello contempla solo la perfezione e nessuna forma di cialtroneria possibile.  Ecco perché non posso pretendere di avere qualcuno: non esiste.

Ma veniamo a noi e alle nostre coppie leggendarie. Ieri Angelina Jolie è andata dall'avvocato e ha detto che si vuole separare da Brad Pitt perché, dopo dodici anni di convivenza, anche se appena due di matrimonio, ha scoperto che non si trova bene con lui. Nel frattempo hanno fatto assieme tre figli, altri tre li hanno adottati, hanno realizzato progetti umanitari ciclopici, un discreto numero di film a testa, hanno affrontato malattie assieme, sono diventati proprietari di una intera isola tutta per loro, erano considerati tra gli esseri umani più strafighi del mondo...e niente...si sono sfottuti lo stesso di stare assieme...le favole che si realizzano sono una iattura da cui non si sfugge mai. A me loro non sono mai piaciuti, non corrispondono in nulla alla mia idea di coppia a cui vorrei ispirarmi è poi a me stava simpatica la Aniston...ad un tratto nessuno si è più occupato della sua di favola conclusa senza una gioia (poi si è rifatta con un bel marito e niente folle di pargoli appiccicati a interrompere il loro idillio).

Oggi la Lorenzin ha sfornato una "propaganda" per la fertilità che era impossibile immaginare peggiore della precedente. Ma lei ci è riuscita. Alla fine si è scoperto che il nuovo manifesto presentato non era altro che un grossolano collage di due foto "generiche" prese da internet e assemblate a rappresentare il bene e il male col contrasto tra quattro nullafacenti che ridono al mare contro ragazzi di ogni razza che si stanno drogando. Che vuoi commentare quando sei costretto a riportare nei tuoi "annales" delle robe simili...cari posteri, se mai doveste recuperare questo materiale per ricostruire la storia d'Italia di questi anni, sappiate che non eravamo tutti così, che anzi c'è stata una Italia silenziosa e amareggiata che ha assistito dall'interno al degrado civile di questo paese senza poter fare granché.

Ho messo assieme questi due fatti per dire una cosa sola. Purtroppo la famiglia perfetta non esiste neppure quando i presupposti più auspicabili paiono esserci tutti. Al massimo funziona per un tempo ragionevolmente lungo per vedere realizzati dei progetti condivisi, che una volta portati a termine portano con se' un piccolo pezzetto di storia che finisce. Poi l'idea sarebbe quella di voler condividere nuovi progetti, ma non è detto che lo si voglia ancora e ancora e ancora. La verità orribile è solo una e cioè che l'amore, ad un certo punto, finisce. Nessuno sa perché o quando, però succede. Quasi sempre. E io questo fatto lo odio. E mi spaventa, come fanno tutte le cose che trovo preziose e che ho paura di perdere.

Ecco perché trovo aberrante l'ostinazione della Lorenzin a procreare. Oggi, che la famiglia sfugge ad ogni definizione possibile, che sarà pure la cellula fondamentale della società, ma ne è diventata quella più debole e meno tutelata, quella nella quale si concentrano i peggiori rancori ed efferatezze...quali sarebbero le ragioni per assecondare la sua campagna? La popolazione mondiale cresce, non ci sta pericolo di estinzione della specie...a meno che davvero non si voglia davvero tutelare una razza piuttosto che un'altra...uh, ma che idiozia vado a pensare...

A me, che interessano le dinamiche di coppia molto di più e molto prima di quelle familiari, credo che la voglia di far figli mi verrebbe solo se, guardando negli occhi la persona che sto amando, capissi che un figlio mi farebbe solo venire voglia di amarlo ancora di più.
Altrimenti il mio istinto materno sta bene dove sta. Da nessuna parte.


lunedì 19 settembre 2016

Mi rimangio tutto...anzi no...anzi si...uff...

Sono stata vegetariana per tanto tempo. Più di otto anni. Non mi è mai pesato, nonostante i lievi scompensi nei valori ematici che peraltro permangono pure adesso che mangio tantissimo pollo (carne rossa mai. Proprio non riesco).
Mi ricordo che quando decisi di eliminare la carne e il pesce dalla mia vita pensai che non ci fosse nulla di sbagliato da un punto di vista salutistico e soprattutto lo trovavo doveroso da un punto di vista etico. Ancora oggi, due anni dopo il mio ritorno ad una alimentazione onnivora, penso che sia la cosa giusta da fare.

Da qualche mese ho preso una fissazione stranissima. Rimango agganciata a quei video dolcissimi che riprendono le buffe dinamiche tra animali. Divento matta: vedere un cane e un gatto che si coccolano, un cigno che porta da mangiare a un pesce, una tigre che abbraccia il suo salvatore...potrei restare per ore ed ore. Faccio questa cosa appena posso, come immagino che faccia molto spesso una qualunque fanciulla "attempata" che ha smesso di leggere romanzi d'amore e non pretende più di farli diventare vita vissuta.
Credo che sia la massiccia produzione di ossitocina: quell'ormone benedetto che producono gli innamorati corrisposti...ma pure gli sportivi ( e quindi pure io) e quelli che provano tenerezza ( e quindi pure io).

Sono due anni che non sono vegetariana. Dunque mangio anche io cadaveri di animali, quegli stessi che da vivi mi procurano consolazione e piacere e che da morti non hanno dato nessun beneficio sostanziale alla mia salute. Questa settimana andrò a donare il sangue e già so che la dottoressa mi dirà la solita cosa: hai poco ferro. E questo mentre penso che una delle runners che si allenano con me è vegana e ieri è arrivata terza alla terribile prova della "Salomon run". Forza, salute ed energia traggono la loro intera fonte dalla terra e su questo non si discute. Il bisogno di carne e pesce nel l'alimentazione è un mito arcaico ormai privo di fondamento.

E così stasera, mentre riflettevo sulla qualità della mia alimentazione, mi sono accorta che di quello che c'è nel mio frigo devo rendere conto soltanto a me stessa, che con le mie scelte alimentari non risolverò il problema tutt'altro che ideologico della sostenibilità di certi allevamenti intensivi e che neppure posso impedire a nessuno di provare il godimento di una grigliata in compagnia, o di variare a piacimento il proprio menù. Queste cose odiose le lascio agli integralisti intolleranti, ai guru della vita ascetica elevata a legge morale universale, ai mistici, ai forzati delle diete innominabili.
Eppure io...che cucino quasi sempre solo per me stessa, che mi faccio le ossitocine solo quando guardo gli animali vivi e felici, io...che rimango anemica con o senza la carne...io... per quale diavolo di ragione non sono rimasta vegetariana negli ultimi due anni? Solo per peccato di gola.
Un vero peccato...





sabato 17 settembre 2016

Lettera ad un anno che sta passando

Credo che con oggi chiuderò la mia residenza estiva. La mia panchina del parchetto fuori casa credo che con oggi smetterà di sopportare il mio peso. E i miei pesi. Mentre scrivo il cielo comincia a coprirsi e io, invece della solita canotta ho la maglietta cupa e con lo scheletro stampato degli allegri ragazzi morti. Mi preparo così al finale dell'unica stagione che tollero e che quest'anno, almeno da un punto di vista strettamente personale, mi è piaciuta moltissimo. Credo di avere un debito di riconoscenza con questi ultimi quattro mesi e così mi sono detta che se è vero che il vero capodanno è quello settembrino, io vorrei scrivere una lettera di "cauto" ringraziamento a quest'anno storicamente inqualificabile che si è rivelato essere il 2016. Allora vediamo un po' da dove cominciare...

Caro 2016,
Non farti illusioni. Quando ho pensato di scriverti una lettera di ringraziamento non è certo per riconoscerti meriti che non hai affatto mostrato. Nel mondo ci sono ancora le guerre e credo che siano  la sola cosa che con gli anni siamo capaci di fare sempre meglio e più diffusamente. Non ci siamo fatti mancare le calamità naturali, crisi economiche che non accennano a rientrare, malgoverno, scandali, vecchie e nuove piaghe sociali come il ritorno massiccio della droga tra i giovani e il bullismo nei social e fuori...e via a snocciolare ogni banalità purtroppo concreta e reale che dipinga il contesto in cui stiamo attraversando questo pezzo di storia umana.

Detto questo, io voglio dirti comunque grazie per come hai fatto uso del tassello di tempo che hai aggiunto a quello che mi è stato concesso per arrivare fin qui. In apparenza nessuna novità, faccio sempre lo stesso lavoro, vivo sempre nella stessa casa e non ho ancora trovato nessuno con cui condividere affetto. Non ho neppure rinnovato il guardaroba, se proprio devo dirla tutta in quanto ad assenza di novità...però ad un certo punto lo capisci quando le cose smettono di essere le stesse pure se continuano  a funzionare come hanno sempre fatto. Prima di quest'anno credevo che correre da sola fosse la cosa migliore del mondo. Mi sbagliavo ed è stato bellissimo scoprire quanto la condivisione, il gruppo, lo sforzo collettivo la dicano quasi tutta su come si può stare bene nel mondo...persino con gli altri.
Sempre durante quest'anno ho imparato ad arrendermi e a scoprire che può essere una forma altissima di dignità quella di smettere di insistere su quello che non si riesce ad avere. Non erano mete destinate a me ed è stato giusto smettere di cercarle o aspettarle. Mi è dispiaciuto tanto, ma poi finalmente ho capito. Forse hai delegato altri anni a regalarmi quel genere di conquiste.
Voglio di nuovo tanto bene alla mia casa d'origine. Dopo tutto questo tempo in cui prevaleva sempre il bisogno di affrancarmi da una realtà che trovavo difficile, ostile, respingente, ho finalmente capito quanto è bello, ogni tanto, rimettere piede in quella grande casa piena di una ritrovata armonia familiare che non avevo mai notato prima.
Voglio più bene a me. Gli anni precedenti questo regalo non me lo hanno fatto mai...e dire che mi aspettavo così tanto dai trenta...e invece niente, sono dovuta arrivare ai quaranta per guardarmi allo specchio e dirmi che pure io sono bella, che mi trovo addirittura un poco più simpatica di un tempo e che in fondo me la sono cavata alla grande nonostante tutto...

Ecco 2016. Qua comincia a piovere e ora davvero chiudo la mia "panchina residenza estiva". Io ti ho ringraziato come promesso, ma tu non tirartela troppo perché un po' è stato anche merito mio e del buon uso che ho cercato di fare di te. Non sei ancora finito.
Cerca di non deludermi. Fai di me quello che voglio.

venerdì 16 settembre 2016

"Demolition". Quando il caso volle...

Che belli gli imprevisti negativi che aprono la porta alle cose belle che non avrebbero saputo come fare a farsi notare.

Il ritorno alla routine post vacanze altrui per me coincide anche con il ritorno alla sana abitudine di condividere almeno un film a settimana con Nicola. Di solito decidiamo all'unanimità cosa vedere e le idee sono sempre molto chiare. Oggi, per motivi logistici abbiamo improvvisato la scelta di un film diverso da quello contrattato e siamo capitati su Demolition. Io non ne sapevo nulla e così mi sono predisposta alla visione con la perplessità che mi prende quando il titolo non mi convince. Ma poi non è passato molto tempo dall'inizio per rendermi conto che invece si trattava di uno di quei film "percettivi" dai quali me ne esco sempre un poco cambiata.

La storia è quella di un tentativo di elaborazione di quello strano tipo di lutto che non si accompagna al  dolore per la perdita. È questo quello che capita ad uomo di successo nel campo della finanza che rimane illeso da un incidente stradale ma nel quale morirà sua moglie.
 L'incapacità emozionale non è una faccenda che scopro oggi con questo film, originalissimo nella costruzione narrativa, una colonna sonora impeccabile e delle intuizioni metaforiche geniali. Il tema è già di quelli molto battuti e che si sintetizzano sempre con la robotizzazione, la disumanizzazione, il cinismo della modernità, i corto circuiti emotivi che esplodono quando riemerge l'inconscio...ma tutto questo trovava la sua collocazione senza alcuna retorica semplicistica, senza schemi prevedibili. C'erano soltanto un uomo, la sua storia e il suo faticosissimo percorso interiore.



Credo che la cosa che ho amato di più di questo stranissimo film sia stata proprio la lucidità del
protagonista nella gestione del suo problema. Lui sente fortissimo il bisogno di provare delle emozioni, non c'è niente di normale nel non soffrire per la perdita della propria donna. Non l'amava? La sua vita perfetta, che procedeva come un ingranaggio, in realtà non funzionava affatto? Quella casa così simile a una bolla di sapone in cui viveva ma che non gli era piaciuta mai?
È  così che comincia a smontare tutto ciò che ha all'interno un ingranaggio per funzionare: macchine per il cappuccino, orologi da parete, lampade incastrate alla parete. Si convince che soltanto osservando i pezzi degli ingranaggi e il loro funzionamento "interno" possa essere davvero in grado di comprenderle. E dopo comincia anche a demolirle, come se il passaggio successivo alla
comprensione delle cose fosse la loro distruzione totale per poter dare spazio a tutt'altro. Soltanto dopo capirà che ci sono anche cose che devono rimanere, che anzi è nostro compito conservare,
 e restituire alla vita con forme e prospettive nuove.

Film magnifico alla fine del quale ho pianto così tanto che mi sono pentita di avere avuto gli occhi così tanto truccati.
In realtà non saprei se il film sia davvero così bello come è parso a me, o se forse ero io, oggi, particolarmente predisposta a quel tipo di messaggio.

Si dice che un film sia bello o brutto a seconda di cosa che si è mangiato prima. Io invece prima del film avevo fatto gli auguri ad una collega per il suo matrimonio e poi una lunga chiacchierata con Nicola sul valore, e a volte la necessità, di certi percorsi psicoterapici.

 E così stasera ho pensato che il caso e gli imprevisti qualche volta sono una gran bella cosa. Come
piangere quando hai gli occhi truccati perché non pensi mai che le lacrime possono anche fare un gran bene

giovedì 15 settembre 2016

Bene pubblico, ti voglio bene. Ma te lo dico in privato

Ogni tanto me lo chiedo. Non capita spesso perché forse non rientra nelle cose che rimpiango e quindi rimane una curiosità inappagata su cui mi diverto a fantasticare per provare a capire che fine avrei fatto.
Ho sempre intimamente saputo che avrei lavorato nella pubblica amministrazione. Credo anzi di aver dato per scontato questo fatto fin da piccolissima. Le ragioni mi sono abbastanza chiare: un carattere poco propenso al rischio e alla sfida continua del mercato,  una maggiore propensione a garanzia e tutela dei diritti fondamentali, la ricerca di un clima non troppo competitivo, orari di lavoro fissi e ragionevoli, uno stipendio congruo. Ma soprattutto sono da sempre convinta che tutto ciò che è pubblico mi è sempre sembrato buono, giusto e indispensabile. Penserei questo anche se non mi fosse stato suggerito di non dire cose rischiando di fare della brutta pubblicità sui social del ruolo prezioso che tipicamente è chiamata a svolgere la pubblica amministrazione di cui mi onoro di far parte.

Però ogni tanto mi chiedo come sarebbe stato vivere svegliandomi ogni giorno con l'idea di dover essere io stessa il mio datore di lavoro. Come mi sarei proposta? Cosa avrei offerto? Chi avrei cercato per sostenere la mia idea imprenditoriale, che contatti avrei preso? Come mi sarei gestita e organizzata? Ho una laurea in economia e non so rispondere a nessuna di queste domande. Chi lo sa quale sarebbe stata la mia vita alternativa, quella senza orari, magari con dipendenti da amministrare, clienti da curare, contatti da conservare e mai orari fissi o stipendio garantito, ma magari con un talento da scoprire ogni giorno, nuovi stimoli, sfide, entusiasmo da incognite continue. Cosa ne posso sapere che risorse avrei messo in campo? Quali dinamiche avrei generato. Uno si sceglie una vita, a
volte gli capita, altre volte si prende quella che riesce a rimediare...e poi vai a capire se davvero c'ha
preso.

Oggi al lavoro è successa una cosa piuttosto incresciosa con una contribuente che è entrata in agenzia
col pregiudizio di chi ritiene che in posti come questo stazioni gente che non lavora, non risolve i problemi e non ascolta le esigenze del contribuente. Credo sia il frutto di una macchina del fango che trova terreno molto fertile soprattutto in paesi che arrancano e/o si ritrovano governi poco illuminati. Si trattava di una contribuente che faceva delle richieste non conciliabili con le procedure necessarie
per essere assolte. Ha cominciato ad urlare, a fare accuse, a minacciare denunce. La verità è che aveva torto senza possibilità di appello, ma in un ufficio pubblico pare che si possa urlare perché tanto mica ci sta un padrone, io ti pago con le tasse, che mi importa se ti chiedo cose senza rispettare la prassi e facendo accuse gratuite perché tengo la bile che mi è salita fino alle doppie punte. Ma vabbè rimangono comunque molte di più le persone che mi hanno trovato gentile e sono rimaste soddisfatte dei servizi offerti...

Qualche anno fa, un campione di calcio di cui non ricordo assolutamente il nome, durante un'intervista dalla Bignardi, raccontava che aveva iscritto i sui figli in una scuola pubblica per una precisa scelta di assoluta preferenza. Mi piacque moltissimo quello che disse, lui ricchissimo e con le migliori scuole private a disposizione non aveva mai neppure contemplato l'ipotesi di un'educazione differente da quella pubblica. È così che si forma un cittadino tollerante, con una visione laica del mondo, rispettoso delle regole comuni, distante dai privilegi e da una concezione classista della società.

L'idea che ogni cosa sia amministrata e gestita dal pubblico è irrealistica e in fondo anche poco interessante. A me il mercato piace perché mi diverte molto essere una consumatrice che può scegliere. Ma non so vendere e neppure vendermi ed è proprio in questo mio limite che ritrovo la risposta. Scegliere di stare nel pubblico o nel privato non è affatto una questione ideologica o di opportunità che ci vengono concesse. È un modo di essere, un naturale orientamento di fondo.

Avrei dovuto dirlo a quella contribuente incarognita che ce l'aveva così tanto con me. Chissà lei che lavoro fa?
Per consolarla le avrei detto che se avessi avuto dei figli li avrei mandati tutti alla scuola americana. Troppo pubblico non è un "bene"...lo ammetto (ma solo in "privato")







lunedì 12 settembre 2016

Non ho più l'età (ma forse neppure abbastanza testa) per il cuore

Anche da queste mie reazioni così categoriche lo capisco che proprio non ci sto più dentro in certe dinamiche. Eppure lo so che è così che succede di solito e se non mi sta bene vuol dire che la mia capacità di comprendere i legami in modo completo sarà sempre scadente. Sono partita da Napoli alla volta di Milano da circa mezz'ora, ho appena terminato di leggere una bella intervista a Max Gazze' dove raccontava che dopo 15 anni di convivenza si era reso conto che per amare per sempre bisogna non convivere mai. Io l'ho sempre pensato e me ne sono sempre tanto dispiaciuta.

 In questo momento ho accanto una ragazzina che non ha mai smesso di dire boiate al telefono col suo ragazzo. È caduta la linea tre volte e lei per tre volte si è ostinata a richiamare e a continuare a dire scemenze con la voce da gattina. Credo che farà così per tutto il viaggio e se è stata tanto fortunata da trovare uno che la ascolta per tutto questo tempo, allora il problema è veramente solo mio...e di Woody Allen, quando quella volta che in "Annie Hall" ha incontrato la coppia perfetta ha scoperto che era tale solo perché composta da due perfetti idioti.

Ecco. È caduta di nuovo la linea....e niente, ha richiamato. Ha ripreso a dire scemenze. Provo a distrarmi e decido di provare a ricordare le sciocchezze che ho fatto io quelle troppe volte che mi sono innamorata. Non ho fatto nessuno sforzo di memoria. Tanto ci sta poco da rievocare: io mi rincretinisco completamente. Se mi succedesse di nuovo, vi prego, abbattetemi. Gli amori stupidi non sono utili a nessuno, né a chi li prova perché non toccano davvero l'essenza dell'unione profonda (...figurati se questa sciocchina che ho accanto sta veramente amando...con tutti questi mugugni e
queste ciance inutili), né a chi ti sta attorno che assiste alla perdita di dignità e di lucidità di
un'imbambolata col chiodo fisso.

Io credo che se davvero oggi decidessi di amare qualcuno lo farei rinnegando tutta l'immaturità, l'impulsività, la fede cieca nell'uomo ideale...tutta quella svagatezza insulsa e sognante che avevo messo nelle puntate precedenti. Eviterei il senso del ridicolo, che mi pare così evidente soltanto negli altri e in me soltanto troppo tempo dopo, e mi sforzerei di mantenere la calma, di guardare l'altro per quello che è davvero, di rendere il rapporto intellettualmente costruttivo e non soltanto emotivamente appassionante, proverei a mettere in campo ogni aspetto della personalità di entrambi e, soprattutto, a non pensare mai, neppure per un momento che una bella storia possa anche essere eterna.

Max Gazze' nelle tre canzoni miglior dell'ultimo album, "la vita com'è" , "ti sembra normale" e "Teresa", mi ha spiegato come stanno oggi le cose nei rapporti a due. E più o meno io sintetizzerei così: ci ameremo per sempre solo se smettiamo di farlo molto prima.

Ecco, è caduta di nuovo la linea...spero che almeno lui, in un lampo di lucidità, getti il cellulare in un fiume.

 Dei dell'Olimpo, vi prego, fate che non mi innamori mai più. Così, giusto per sicurezza...




domenica 11 settembre 2016

un sabato pomeriggio...o qualcosa del "genere"

Una sera di qualche tempo fa, chiacchierando con un amico sulla via di ritorno da una serata trascorsa in compagnia, ad un certo punto lui mi disse una cosa a cui non faticai a credere. Mi disse che il 90% delle conversazioni tra maschi, inclusi quelli felicemente fidanzati come lui, verte su donne o al massimo sullo sport. Ma molto preferibilmente donne. Non volli indagare su forme e contenuti di certe conversazioni, ma ricordo che il mio stupore fu davvero minimo e sperai che quella bella conversazione che avevamo avuto in quel tram, in una tarda serata di primavera, potesse riuscire a compensarlo di una cosi limitante monotonia tematica da compagnia maschile.

Ieri, dopo tantissimo tempo, ho trascorso un pomeriggio intero con le mie cugine, mia zia e un numero preciso, tre, ma in realtà relativo, io sentivo la presenza dei 300 alla volta dei turchi, di pupi che scorrazzavano per la casa a sperimentare metodi di distruzione domestica. Abbiamo parlato di un sacco di cose, ci siamo aggiornate su storie nostre, storie di altri, lavoro, bambini che crescono, bambini che nascono, bambini che non nascono. E pure noi ad un certo punto abbiamo parlato di uomini, di quelli che non ci capiscono come vorremmo, di quanto di buono riescono comunque a fare e di come potrebbero  essere più amabili anche solo con pochissimi accorgimenti. Le ore sono trascorse così, volando mentre noi ridevamo tra torte al cioccolato, aneddoti esilaranti, ricordi che si sono trasformati in suggestioni, pettegolezzi innocenti e episodi attuali inaspettati che in quei vecchi racconti non avrebbero occupato neppure una collocazione immaginaria.

È stato bello e strano avvertire così bene che il tempo passa lasciando tracce che ad un certo punto diventano storie di percorsi precisi e smettono di essere dei semplici giorni che si susseguono senza rendere chiaro il loro ordine. Nuovi nati, nuovi posti in cui abitare, incognite del lavoro, le difficoltà della lontananza...concetti astratti che sono diventati storie e momenti di vita precisi, su cui finalmente ridere, di cui meravigliarci o esclamare "chi l'avrebbe mai detto che sarebbe andata proprio così".

E così ho pensato che forse è vera quella storia del cosiddetto "vantaggio sleale di natura". Di solito serve a spiegare perché uno come Bolt vincerà sempre pure se uno si allena mille volte più di lui, o perché la Bellucci sarà ai miei occhi la più bella del mondo terreno anche se diventa una vecchia decrepita. Io credo che esista un vantaggio sleale di natura anche nella costruzione delle ore fatate: quelle che sono capaci di creare solo le donne che passano un pomeriggio assieme e riescono a farlo diventare un piccolo capolavoro della narrativa orale perché ci mettono dentro tutto, aggiungendoci il gusto e la delicatezza. Come si fa con le ricette molto complicate, quelle che vengono bene solo se sai come amalgamare tra loro tutti gli ingredienti e quali sono i passaggi fondamentali che rendono quel piatto riuscito.
Ma in fondo io che ne so che cosa si sarebbero raccontati quattro uomini seduti a un tavolo in un sabato pomeriggio qualsiasi, con tre pupi da cui difendersi.
Ma sì che lo so cosa si sarebbero raccontati...e forse le loro ore sarebbero state altrettanto fatate quanto le nostre senza di loro. Oggi è domenica. E a me qualcosa non torna..






mercoledì 7 settembre 2016

Assenza di pesi

Non saprò mai se è merito mio o se rientra nel naturale processo di elaborazione delle emozioni. Oppure semplicemente bisogna pur vivere...e ad un certo punto uno scopre addirittura che è meglio non cercare di stare sempre male.

Però è un fatto che ci sono periodi della mia vita in cui mi macero tra dolori inutili, di solito legati a rapporti umani insoddisfacenti, dolori inevitabili, come quelli legati alla mia paura di un tempo di non riuscire ad affrancarmi dalla dipendenza familiare, oppure dolori "evanescenti", per lo più ascrivibili alla ricerca di un "senso" che non fosse esclusivamente legato ai soli meschini traguardi del quotidiano.

Quando i suddetti periodi decidono di propormi le loro sfide io non posso fare altro che raccoglierle con l'attrezzatura minima che mi ritrovo in dotazione e che cerco di farmi bastare.E la mia forma di lotta credo che sia sempre la stessa: mi lascio assorbire completamente da quel dolore, provo a decifrarlo e a sentirne tutto  il peso sul cuore e mi ci lascio schiacciare per tutto il tempo che vuole. Credo che la ragione sia perché in realtà, in quei periodi, io sono totalmente incapace di trovare una qualsiasi forma di consolazione.
Poi, ad un certo punto, e dopo un tempo che mi è impossibile prevedere, quel peso si trasforma. Diventa sostenibile, tramuta in disincanto e ironia e poi scompare del tutto.
E io, tutte le volte che sto di nuovo bene, non so mai dove abbia fatto la mia parte e dove invece sia merito del tempo che aggiusta sempre tutto.

Mentre penso a queste cose sono in un treno appena partito da Roma per tornare a casa mia. Il tempo è volato: ho letto un po', ho comprato delle cose su un sito, ho visto dei video molto divertenti e non mi hanno dato fastidio neppure le conversazioni inutili di certi passeggeri agganciati al telefono per tutto il viaggio, forse gli avranno detto che a stare in silenzio si esiste meno. Ma quando sto bene sono davvero pochissime le cose in grado di irritarmi. Nessun peso sul cuore, nessuna faccenda irrisolta da chiarire, zero ossessioni o chiodi fissi. Nulla mi opprime. E io non ci sono mica abituata. E mi chiedo quanto durerà questo idillio basato nul nulla.

Dice che amare è soffrire. E io un poco c'ho sempre creduto, come pure credo che sia vero che in quell'assurda condizione di dominio senza ragione dei sentimenti si è più creativi e il mondo assume una prospettiva unica. Essere innamorati è la miglior cosa peggiore che ci possa capitare. Sono tuttora certa che sia così, soltanto che oggi penso se non ci finisci dentro troppo spesso può essere una gran fortuna. E io ho un gran bisogno di starmene in questa pace senza zavorre, senza un cuore che mi ricordi continuamente che di lui non c'ho mai capito niente e che lo faccio battere solo dove un demente duole...

E così ho pensato che se è vero che il dolore non si sa mai quando arriva, e neppure quando passa, posso almeno provare ad evitare tutto quello che ho già conosciuto, quello che era così demente da rendermi stupida a mia volta. E salutarlo con la manina, con quell'espressione che fanno certe bambine un po' buffe quando sono in braccio a uno grande che le salva e se le porta via.

lunedì 5 settembre 2016

(R)estate con me...(prove da rientro. Anche verso se stessi)

Strana sensazione quella di essere rimasta sempre qui. In questi ultimi due mesi e mezzo ho detto a un sacco di persone "buone vacanze", "divertiti" , "riposa"...e via a snocciolare frasi di sincero entusiasmo e piacere per chi era finalmente giunto al momento della partenza con la stessa smania con cui  io addento il primo morso di una pizza che non intende deludermi.

E io intanto pregustavo la pace di una città che mi ospitava meglio, con un traffico non invasivo e un silenzio quasi irreale. Oramai lo so che in estate questa è la scelta migliore che possa fare. Non sento mai nessuna mancanza, non mi pesa stare in ufficio, non mi pesa stare a casa, non mi pesa andare dove mi pare. Non mi pesa niente. È tutto lieve e ciò che non lo è mi rimane comunque più sopportabile. Sono questi i miei principali alibi a difesa da un'estate "comandata" dove però tutti pensano di essere andati a comandare.

Tra due giorni torno un po' giù dai miei e dopo mi avanzeranno ancora 23 giorni di ferie che ancora non so come investire nella maniera migliore. Volevo accumularli a quelli del prossimo anno e sparire per un po' per un lungo viaggio tra Canada e Stati Uniti, oppure iscrivermi a qualche corso intensivo per impormi di usare un po' il cervello in modo sistematico e rigoroso, oppure starmene alle terme a riequilibrare i miei chakra ( ammesso che si scriva così). La verità è che quando ho coscienza di avere del tempo di cui disporre in prima persona, piuttosto che lasciarlo scandire dall'uso creativo che gli altri ne fanno con le loro ferie programmate, è piuttosto spiazzante. Vorrei fare di tutto, ma in realtà nulla con tale convinzione da avere voglia di scardinare le mie piccole faticosissime abitudini. Ho imparato a ricercare in quelle il nuovo, l'imprevisto. E mi sono accorta che mi basta e che mi pesa sempre meno evitare un volo di dieci ore per andare a cercare me stessa così lontano.

Intanto questa estate è stata bella. E io mi ci sento ancora dentro, visto che non ho traumi da rientro. Già da oggi invece tutte le mamme del mio mondo conosciuto hanno postato foto e lacrime del primo giorno di scuola dei loro figli. E ancora una volta sono stata partecipe del loro entusiasmo di riflesso, quello che mi aiuta a capire quanto poco ho voglia di essere nei loro panni e quanto mi sento sempre meno in colpa per questo.
Questa è una delle cose che mi ha insegnato l'estate dei miei primi quarant'anni. Ognuno ha il suo tempo interiore che con gli anni si definisce sempre meglio proprio grazie al confronto con il tempo altrui, quello che non ci appartiene e non ci assomiglia ma senza il quale non sarebbe così chiaro che le nostre scelte interiori non sono né un merito né un demerito. Sono semplicemente inevitabili.

Ormai sono rientrati quasi tutti. Spero che la loro estate non abbia disatteso le aspettative. La mia non lo ha fatto. Anche perché ormai cominciamo a conoscerci davvero molto bene.


venerdì 2 settembre 2016

Di tempo che passa e di spazio che si svuota

- Ma no che non è come pensi
- Ti dico di sì. Son sicura che stavolta non mi sbaglio. È così
- Ma che dici...
- È tutta una questione di attesa paziente e generosa , di tensione che diventa desiderio espresso, di sentimenti che trovano le parole e i tempi e i modi giusti per esprimersi al meglio. Ma stavolta è lui. Lo sento come non mai
-...Ma no che non è lui...E poi da cosa lo avresti capito? Ti ha detto o fatto qualcosa di speciale?
- No. È che con lui il tempo passa veloce e poi tutto quello che mi piace fare da sola poi mi piace ancora di più farlo assieme a lui. Perché è intelligente, è simpatico
- E quindi? Noti che con te ha un rapporto speciale ed esclusivo che con gli altri non ha?
-....
-Allora? Silenzio eloquente che mi fa pensare che le tue deduzioni sono soltanto un modo di star male  oggi perché credi di essere ripagata domani. Scordatelo
-ma mi piace...
-scordatelo
-no
- Ok...tu fai sempre così: ami solo quando soffri. Quando smetterai di macerarti in questa inutile attesa ti sarai scordata pure di lui
- lo sai che non è così...il fatto è che per me certe cose hanno una tale pretesa di assoluto che devo contemplare anche la sofferenza verso traguardi complessi



... E intanto il tempo passa e passa e passa...Era vero. Uno di questi giorni mi sono svegliata e pensavo al video sui mici della sera prima, alle corse, alla crostata di mirtilli. E non più a lui. Arriva sempre il giorno in cui gli amori non corrisposti si stancano e lasciano così tanto spazio a disposizione che poi lì dentro ci puoi mettere un'infinità di cose fantastiche. Perché non è mica bello quando uno smette di stare innamorato. È brutto quasi quanto aspettare che si esprima e invece non succede mai. E ti chiedi tutte le volte quanto ne sia valsa la pena. Tutti i tentativi, le attese, la speranza di nuove occasioni di incontro...quando tutte quelle  cose avevano significato soltanto per te?
Sì. Ne vale sempre la pena. Tutto quello spazio che rimane vuoto  che io poi provo a riempire con altro è stato costruito con quel dolore lì.

E così ho pensato che è per questo che gli amori non corrisposti non dovrebbero mai trasformarsi in dolore ma in gratitudine...sia per lo scampato pericolo da un rapporto infelice, che per tutto quello spazio nuovo da riempire con altro. O con qualcun altro...