Sola andata

Sola andata

martedì 28 febbraio 2017

Atto dovuto

il primo marzo dello scorso anno scrivevo un post su questo blog che raccontava di un episodio relativo ad "confronto" con un collega col quale non sono mai stata sulla stessa lunghezza d'onda. Succede e non mi pare una tragedia. Fatto sta che quel post conteneva una serie di miei sfoghi molto severi nei suoi confronti, insinuazioni di cui non potevo avere prova e in generale una serie di opinioni al vetriolo nei suoi riguardi per le quali non gli ho mai chiesto scusa né cercato pretesti per fornirgli chiarimenti. Quando mi arrabbio sono in genere piuttosto impietosa perché succede quando mi sento molto offesa e la sola cosa che mi importa in quel momento è colpire a mia volta per provocare la stessa sofferenza. Atteggiamento che riconosco come piuttosto infantile e infatti ci sto lavorando. Dall'anno scorso un po' di cose sono già cambiate. Ma questi sono gli antefatti. Ieri però è successa una cosa. Ero nella sala per la pausa caffè in uno dei rarissimi momenti in cui non c'era nessuno e sorseggiavo il mio cappuccino al ginseng felice di quel silenzio dopo la detestata attività di sportello. Ad un certo punto il collega di cui sopra mi vede, si avvicina e comincia a parlarmi di quel famigerato post del primo marzo, di quanto ne fosse rimasto male per i contenuti tanto categorici, del brutto periodo che già di suo stava passando e in generale di quanto ritenesse auspicabile che ci chiarissimo in qualche modo.

Confesso che ero davvero molto imbarazzata. Al suo posto non lo avrei fatto. Non ero più arrabbiata con lui, come non lo sono mai per niente dopo che il tempo e la ragione mi prendono da una parte e mi dicono "adesso puoi anche smetterla. La prossima volta inventati strategie di sfogo meno impulsive". Però non gli ho chiesto scusa. Per due ragioni: sarebbe stato troppo facile e vigliacco farlo dopo tutto questo tempo e solo quando lui si è avvicinato per primo per parlare. E poi perché in fondo avevo avuto le mie santissime ragioni pure io, malgrado i toni. Gli ho detto che io scrivo sempre, soprattutto su quello che non riesco ad elaborare in altri modi, che quelle cose all'epoca le pensavo davvero, che non avrei mai immaginato che quel post fosse arrivato sotto al suo naso e che fossi stata in lui me ne sarei altamente fregata dell'opinione di una con cui non vado d'accordo. Lui mi ha detto che gli interessava capire, che gli era utile pure fare autocritica e che era rimasto molto male per quello che avevo insinuato sulla sua vita privata.

Tutto sacrosanto, non ho mai pensato di esserci andata lieve. Oggi, dopo un anno so per certo che non lo rifarei, perché intanto sono abbastanza cambiata io stessa, perché esistono maniere più corrette di esprimere un disappunto anche forte soprattutto perché, al netto di questa e un altro paio di grosse intemperanze che ho fatto esplodere nel corso della mia vita, sono ancora convinta di essere una brava persona. Se così non fosse non mi spiegherei le ragioni di quel confronto in sala pausa solo tra noi due e non certo obbligatorio, della notizia che gli ha fatto piacere darmi del prossimo arrivo di due gemelli, della possibilità che le prossime verifiche esterne le andremo a fare assieme. 
Non mi è sfuggito il suo titanico sforzo di mettere l'orgoglio da parte. E io, stavolta, di questa lezione gli sono molto grata


domenica 26 febbraio 2017

Fiera del mio incespicare

Martedì scorso, durante gli allenamenti, mi sono fatta molto male. Succede spesso quando faccio le ripetute in salita, perché chi, come me, ha carenza di ferro tende facilmente ad
avere crampi molto dolorosi quando si fanno sforzi particolarmente intensi. Stavolta però è andata diversamente: durante la salita qualcuno involontariamente mi ha dato un calcio violento sul polpaccio destro e in quel momento mi parso di essermi avvicinata in un istante luce al firmamento e ai pianeti appena scoperti. Un dolore intensissimo. Non so neppure come sia riuscita a prendere la metro e a fare tutto nei giorni successivi. Ancora adesso zoppico un po' e ho delle fitte molto acute. Pazienza.

Nonostante questo incidente, ieri sono comunque andata agli allenamenti alla scuola di running. Non mi sono mai assentata da quando mi sono iscritta e troverei inconcepibile farlo pure se stessi molto peggio di come sto ora. Credo che sia una questione legata ad un temperamento che oscilla perennemente tra la sbracatezza più totale per le cose che non superano una soglia minima di interessamento e una rigidissima disciplina militare per le cose in cui credo molto. Io faccio sempre così e ormai non mi riuscirà di modulare meglio la qualità della mia partecipazione alle faccende della mia vita.
Mi sono iscritta a questa scuola esattamente un anno fa, non ricordo neppure come l'ho scovata. Fatto sta che mi hanno addirittura scelto come una dei testimonial del sito e io mi sono così affezionata allo staff e al gruppo che ritengo questa esperienza una delle cose migliori che mi siano capitate. Quando ho deciso di iniziare mi ricordo che avevo un disperato bisogno di correre con qualcuno, di imparare un po' di tecnica e di lasciar "correre" una questione che chissà perché mi stava così tanto a cuore e per la quale ho impiegato un tempo lunghissimo a riconoscere come infondata. Chissà in che cosa avevo riposto certe mie convinzioni così assodate? Ogni tanto ci penso ancora e in mente non mi viene proprio niente ed è da qui che sono partita per smettere di sentirmi ferita o di prendermela con la mia proverbiale ingenuità. Non ho fatto niente di male ma spero di non farlo più.

Dicevo dell'allenamento di ieri. Appena ho provato a correre mi sono resa conto che mi sarebbe stato impossibile. L'allenatore mi ha detto di fermarmi e di fare un allenamento diverso, fatto di camminata veloce, esercizi di stretching e altre attività che attutissero la contrattura. Ho fatto tutto quello che mi ha detto e il dolore si è di fatto ridotto di molto. Quando siamo rientrati in palestra io però continuavo a tenere un'andatura zoppicante e lui mi ha redarguito esortandomi a non fare movimenti di compensazione, ma sforzandomi di camminare correttamente, pure se fa male. Mi ha spiegato che aiutandomi con muscoli diversi da quelli corretti avrei favorito nuove problematiche alla postura e contribuito ad atrofizzare la parte offesa. Mi ha detto che col tempo la lacerazione si sarebbe riassorbita e che mi avrebbe fatto sempre meno male. Ma, appunto, ci vuole tempo e un po' di esercizio sul dolore.
E così ho pensato a quante volte io stessa ho adottato la tecnica della compensazione tutte le volte che mi sono rifiutata di pensare a quello che mi faceva stare male provando a distrarmi facendo cose a caso. E mi sono resa conto che è vero. Non ha mai funzionato, come non ha funzionato piangere, insistere, fare tentativi, parlare. Ha funzionato misurarmi con quella sofferenza, concentrarmi sulla sua natura. E poi ha funzionato aspettare. E, ovviamente, correre quando le gambe lo permettono. 

venerdì 24 febbraio 2017

Prove di improvvisazione. Dialogo sul nulla e poco altro

- Ue'
- Eh...
- Che tieni oggi? Mica stai storta?
- No no...sto bene. Lo sai? Ho cambiato team. Me l'hanno detto oggi, così, come un fatto normale
- Uh, e tu ci sei rimasta male?
- Direi di no. Quando cambio mi trovo sempre un poco meglio di come stavo prima. E poi farò molte più verifiche esterne, e quelle mi piacciono un sacco, e se parte pure il progetto "fisco scuola" posso rientrare pure in quello. Mi dispiace lasciare la mia attuale capo team...ma così è la vita.
- E per il resto?
- Il resto mancia. Dai che scherzo...Ho visto Jackie oggi. Lei straordinaria, il film buono, ben confezionato...ma poi boh...
- Lucia sei antipatica stasera. Se non tieni voglia lascia perdere. Mica sei obbligata
- ...no è che stavo pensando all'improvvisazione
- A che?
- Si. Secondo te è più in gamba chi si risolve la vita senza prepararsi mai a niente ma buttandosi nelle cose col puro istinto selvaggio senza nessun rischio calcolato, oppure chi si prepara e prevede tutto, si allena, prova e riprova e arriva pronto all'ostacolo?
- Lucia, te l'ho detto tante volte, tu ti devi far curare...hai smesso con le pillole, voglio sperare...
- Dai, sono seria. Ci sono attori che dicono che se provano troppo poi la scena viene male, non è autentica, altri che solo dopo un numero infinito di ciack e di preparazione trovano l'autenticità che cercano. E io sarei d'accordo con entrambi, ma non mi riesce di capire da quale punto in poi si passano il testimone. Secondo me l'eccesso di preparazione mortifica la creatività e trovo che l'improvvisazione abbia in se' la genialità dell'intuizione ma la fragilità della superficialità.
- Bah...io credo che dipenda dai casi
- Maddai...ma quanta saggezza. Meno male che ci stai tu che dopo di te soltanto Hegel...
- Senti non ci areniamo. Hai voluto dire questa cosa inutile e facciamo che siamo a posto così. Piuttosto, che hai fatto oggi?
- Te l'ho detto! Mi sono vista Jackie
- Eh...E dille due parole in croce, diamine, che figura ci fai se qualcuno passa e legge queste fesserie!?!?
- La Portman è strepitosa, il film scritto bene e confezionato apposta per i festival. Detto questo, un film medio su una donna più interessante di quanto pensassi. L'idea che la favola Kennediana sia stata in buona parte costruita a tavolino da lei era una faccenda che non avrei mai considerato. E invece sostanzialmente da questo film è questo quello che ho colto.
- Lucia, come stai?
- Che carina, stasera sono così acida e tu mi chiedi lo stesso come sto. Direi sempre un po' meglio di prima e di prima ancora e di prima ancora, da quando ho cominciato a non stare mica proprio benissimo che meglio non si potrebbe
- Che carina!?!? Lucia ma sono sempre io, cioè tu...cioè io...insomma...
- Si. Ci siamo capite...mi sono capita
- Stavi improvvisando?
- Io sempre. E tu?
-E io?...sempre meno. Per colpa tua





martedì 21 febbraio 2017

Verifica di "esistenza"

La parte più interessante del mio lavoro è quella che mi vede andare in verifica esterna. Di solito vado negli studi di commercialisti e avvocati del centro di Milano per verificare l'esistenza di alcune società che vantano dei crediti iva nei confronti dell'ufficio presso cui lavoro. Tutte le volte che mi confronto con questi professionisti sono tenuta a stilare un verbale, chiedere della documentazione, ascoltare delle argomentazioni varie ed eventuali sull'attività svolta..tutto abbastanza interessante, se non fosse per certe situazioni, decisamente pirandelliane, nelle quali definire come esistente una società è più questione di dialettica sottile che di realtà dei fatti. Ma tant'è.

Pure io a volte me la racconto cercando di dare all'evidenza delle interpretazioni diverse. Una di quelle frasette virali che mi piacciono abbastanza per il loro blando paradosso dice "ti cambiano anche le cose che non succedono". Ma cosa significa davvero? Forse si tratta delle aspettative disattese. Io credo che accada sempre qualcosa, che non ci siano dei vuoti nell'esistenza e che nessuno viva davvero solo alla giornata. Tutti quanti pianifichiamo e ci diamo un orizzonte temporale più o meno ampio per far succedere delle cose. Credo che sia questo che cambi davvero le persone. Le cose che non sono successe non esistono e quindi le aspettative disattese non dovrebbero avere titolo ad alcun ruolo nella nostra vita.

Prima di venire ad abitare a Milano desideravo con tutte le mie forze di non vivere a Milano. Avevo una paura matta di questa città e speravo soltanto di finire al massimo in un'anonima e rassicurante provincia della bassa padana dove non succede quasi assolutamente niente. Non è successo e non ho nessuna voglia di sapere come sarebbe andata se stasera non fossi nel bilocale più bello dell'universo nella città d'Italia che mi ispira di più.
A vent'anni mi ero data il tempo limite dei trent'anni per formare una famiglia coll'unico amore della vita. Ne ho quaranta e l'evento non è stato neppure vagamente sfiorato. Non è successo. Che madre
sarei stata è questione che non mi appassiona più. Che compagna mi sarei rivelata...mah, so di essere molto affettuosa e totalmente concentrata nei rapporti a cui tengo ma, per quanto ritenga che possa bastare, rimane una cosa non dimostrata e quindi non appartenente alla mia storia.
Quando cercavo lavoro volevo esattamente qualcosa di simile a quello che faccio ora. Sono sincera. È successo. Se non fosse successo credo che avrei viaggiato per più tempo possibile, mi sarei mantenuta facendo la cameriera nei take away, dormito negli ostelli, letto fumetti tutto il tempo, corso come Forrest Gump. Non è successo e non saprò mai se mi sia persa la mia vera vita o semplicemente quella di una fallita diventata poi una pazza incurabile.

Alla fine credo che sia tutto giusto così. Le cose che non accadono sono semplicemente lo spazio necessario per quelle che ci capitano e ci cambiano. Non esistono i "se fosse andata così piuttosto che...". Io credo nelle geometrie dell'esistenza e nell'esattezza di tutto quanto accade, non certo per cause religiose. È che io della realtà mi fido. Sempre. Pure quando mi propone un leghista e al senso di vuoto cerebrale che avverto pure a distanza di sicurezza; pure quandomi fa guardare in faccia alle disabilità e alle malattie, ai sentimenti calpestati, alle guerre. Quella di vivere non è una scelta, capita senza averci chiesto pareri. Ciò che si sceglie è il tentativo di rendere questa strana esperienza una cosa che ci riguardi davvero. A volte questo esercizio mi risulta alquanto ostico e vorrei abbandonarmi al nulla e all'apatia. Altre volte ci sto dentro fino in fondo ed è proprio in quelle che "verifico" la mia di esistenza. Tutto quello che non mi è accaduto semplicemente non è verificabile. Nel mio verbale non saprei neppure come metterlo.





sabato 18 febbraio 2017

Dalla banalità delle certezze al fascino del periodo ipotetico

Fiumi di analisi e discussioni per la scissione della sinistra e pure per l'ennesima polizza intestata alla "insapiente" Raggi, ma la mia impressione è che si sia certi soltanto dell'ormai totale insussistenza della politica. Mica da sempre...solo dagli anni che vanno dalla morte di Berlinguer ad oggi. Lo dico senza sarcasmo, ma è stato con lui che si è parlato per l'ultima volta di questione morale come urgenza e priorità assoluta. Poi l'argomento non è mai più stato toccato...e mi pare piuttosto evidente. Direi che ormai tutto quello che promana da una classe corrotta fino all'ultima molecola del suo DNA sarà per me interessante quanto un saggio di filatelia.

Altro argomento "scottante" di questi giorni: le palme in un pezzettino di aiuola a Piazza Duomo. la città si è divisa in opposte fazioni bellicosissime avanzando argomentazioni tra l'estremamente idiota e il metafisico avanzato. Io resto di stucco e mi chiedo cosa mi sfugga della pregnanza di questo argomento. Giuro che non è snobismo, ma proprio non riesco a pensare a niente di non casuale e del tutto irrilevante sulla questione. Sono curiosa di sapere cosa scriveranno nei libri di storia quando tratteranno di questi anni...

I fatti miei invece mi danno più soddisfazione, se tale è per me fare quello che sento come doveroso, piuttosto che piacevole. La distinzione è fondamentale. Quello che mi piace è poltrire sul divano sfondandomi di patatine in busta. Ma non trovo alcuna soddisfazione in questo. Quello che sento doveroso è correre fino a vomitare con i miei compagni al Sempione. Ho appena imparato che seguire la propria natura non vuol dire affatto fare sempre e solo ciò che ci piace. Lo capisci con lo sport, con lo studio di materie che ti risultano affasciananti ma ostiche...e, se sei benedetto dalla sorte, con l'amore.


La soddisfazione arriva dopo, quando ho dato tutta me stessa, quando faccio una doccia bollente e mangio con un appetito vero, quando mi rilasso e ripenso con distacco alle cose per cui ho pianto molto. L'espressione "fai cose che ti piace fare" è una trappola insidiosa se non viene spiegata bene e interpretata a dovere. Le cose che mi piacciono devono incantarmi e per farlo devo intuire che mi riguardino tanto da farne mio territorio di conquista.
E poi ci sono le cose che ti piacciono ma che non ti appartengono e per le quali implementi sforzi disumani il cui traguardo è inesorabilmente la sconfitta. Brutta trappola pure questa. Succede tipo quando scegli la facoltà sbagliata, ma ormai l'hai finita e hai segnato un percorso, o quando ti piace uno a cui non interessi. Al netto di questi due eventi difficilmente rimediabili, credo che tutto sia possibile nella vita.

Per esempio, io non ho mai avuto istinto materno. Non mi importa nulla di non avere figli. Ne avrei fatti solo per un grandissimo amore e non per perpetuare me stessa, cosa questa che ritengo essere una maniera di concepire la vita e la maternità vecchia e piuttosto squallida. Mi interessano infinitamente di più gli animali e lo dico senza cinismo. Semplicemente è una mia naturale attitudine. L'infanzia non mi riguarda se non per singoli e ridottissimi casi isolati. I gatti invece mi piacciono tutti, senza distinzione. Eppure sono sicura che non mi tirerei indietro se trovassi qualcuno con cui fare dei bambini, se mi facesse sentire questo dovere come una naturale evoluzione di quell'amore. Se non è successo finora significa che non è lì che ho trovato la mia dimensione e non è per quello che devo sprecare le mie energie.

 E così stasera ho pensato a quante cose stupide ho fatto semplicemente perché credevo che mi piacessero e invece non mi hanno procurato alcuna soddisfazione, e poi a quante me ne son perse assieme a chissà quale incanto, e poi anche a quante cose non farò perché non mi sono venute in mente, non ci ho fatto caso. Penso alle persone a cui ho voluto bene e che mi hanno preso in giro, a quelle che ho rifiutato senza appello, a quelle che non incontrerò mai...e a quanto sia parziale assecondare la propria attitudine se questa non si è prima allenata a fare attenzione a tutto quello che vede e che sente. Ma soprattutto a tutto ciò che "potrebbe" vedere e sentire ma ancora non lo sa.









giovedì 16 febbraio 2017

"Ci si abitua a tutto/al dolore/alle stagioni" (ascoltando i Baustelle)

Pare che bisognerebbe fare qualcosa di diverso ogni giorno. E poi imparare almeno una cosa nuova. Il vero antidoto alla vecchiaia dice che è questo. Io sono un'abitudinaria ribelle, credo che possa andar bene lo stesso.
 "...scendi dalle stelle...scendi re del cielo...vieni in questa grotta al freddo e al gelo/ tra Gesù bambino e l'uomo..."

Sono stati due giorni di ferie perfetti: fatti di sole, sudate all'aria aperta, panini consumati su panchine nei parchi con tanta, troppa musica nelle orecchie, l'iscrizione a un corso di cinema fichissimo, un biglietto per uno spettacolo che non vedo l'ora di vedere e per cui ridere molto, e persino uno accaparrato in offerta speciale per lo Stato Sociale grazie a Francesca.
Io ci provo, giuro che ci provo con tutte le mie forze a scordarmi che in realtà tantissima parte della mia vita procede a mia insaputa e al di fuori di ogni mio controllo. E non è una cosa che ha a che fare con la sfortuna, le tegole del contingente, o chissà quali sforzi per mantenermi viva. No, credo che sia una responsabilità che noi bipolari, coscienti di esserlo senza troppi drammi, attribuiamo alla sfera un po' generica dei malesseri/malinconie inevitabili. In quei periodi li, o questi periodi qui, può pure filare tutto liscio che più liscio non si può, si possono pure trascorrere due giorni perfetti di sole e d'azzurro...non ce n'è lo stesso...ti porti appresso sempre lo stesso intatto senso di inadeguatezza di te stesso nel mondo. Non importa quanto tu sia in tabella di marcia, o il modo impeccabile in cui abbia assolto i tuoi obblighi, comprato senza sacrificio quello che più volevi, letto le pagine di un libro che ami, ascoltato musica che ti trafigge...no...non te la senti di dire che va tutto bene.

In realtà potrei dire di essere un po' in pace solo mentre corro, ma solo perché combatto con una fatica innaturale, mi concentro sulla sfida che mi lancia il corpo. Ma mi manca troppa aria per ricordarmi che sono davvero felice in quel tempo li. Oggi però ammetto che è stato speciale: di solito corro senza cuffie perché mi piace sentire la falcata delle scarpe sulla strada. Oggi invece ho messo "anime salve" per il mio lungo non troppo lento. A Dolcenera i battiti sono aumentati tantissimo e io sono certa che non fosse per l'andatura. Mi piace pensare di sovraccaricare il cuore di fatica e di emozioni. Forse quel momento lì è stato davvero perfetto.

"Ragazzina che cammini con i mostri...".
Non credo di aver mai conosciuto la depressione, ma non avendo mai consultato degli analisti non potrei dirlo per certo. So di aver avuto dei periodi nerissimi, dei dolori ingestibili e in generale faccio cose che spesso non mi vedono pienamente "adattata". Mi risulta difficile soprassedere su molte cose, ma fingere proprio sempre che sia tutto ok mi farebbe sentire "spiaggiata" sull'isola delle questioni irrisolte dove tutto finisce per diventare privo di senso e poco costruttivo. Qualche volta avrei voluto un confronto, un chiarimento che non ci sono stati. Ho dovuto fare tutto da sola e credo che sia stato davvero tanto difficile e umiliante, ma l'ho fatto lo stesso. Nella maniera che ho potuto, credo che fosse doveroso.

In questi due giorni non saprei neppure dire in quale fase io sia. Non sono felice e neppure infelice, ho imparato ad attivare dei meccanismi istantanei di compensazione e così mi garantisco un bilancio finale di giornata in pareggio. Credo che possa funzionare come forma di resistenza quotidiana, ma in fondo anche come una specie intuizione estetica per gli umori ballerini che tentano di trovare degli equilibri multipli ed elastici al posto delle nevrosi e dei rancori.

Mah...chi lo sa cosa davvero non va? Forse non ho chiuso proprio in pareggio. Forse il mio problema è il peso di gestire un bilancio positivo che non so come reinvestire, è la paura che la felicità abbia un costo tale che pagherò quando non avrò risorse. Ho paura di non meritare niente.
"...la vita non è niente/Provo a vivere..."
 Ecco cosa, forse, non va...
 "...non aver paura non piangere mai/ lascia consumare il presente..."


mercoledì 15 febbraio 2017

"Karma" e gesso...

Finalmente un po' di tregua da freddo e umidità. Oggi era una giornata luminosa e tiepida e io l'ho notata con particolare piacere dato che persevero in questo strano uso infrasettimanale delle mie ferie dell'anno precedente. In realtà non è stato un inverno particolarmente freddo qui a Milano, però purtroppo è bastato a farmi "esplodere" come al solito le dita coi geloni e poi con delle terribili ferite che sanguinano nei momenti più insospettabili. Pazienza, ormai lo so. Appena si sgonfieranno farò un trattamento bellissimo, metterò uno smalto vivace e con quelle saluterò di nuovo la primavera.
Intanto mi godo queste giornate un po' così, tra allenamenti senza forzare troppo, l'ascolto in loop dell'ultimo dei Baustelle e qualche buon film. Oggi ho visto quello con la Cortellesi e Albanese e l'ho trovato molto riuscito perché divertente e intelligente, forse perché sono appassionata di famiglie disfunzionali e sono convinta che sia proprio in certe folli dinamiche che riesca a costruirsi l'amore più coriaceo. Non sempre, ma quando succede è quello giusto.

Pare che il caso Gabbani sia ancora foriero di dibattiti accesi e che non si riesca a capire se sia un capolavoro di avanguardia o una colossale presa per i fondelli, fatta di slogan, luoghi comuni e nessun concetto espresso. A me la cosa diverte molto perché mi pare che sia un'operazione superbamente riuscita già soltanto per questo. Ha fatto schizzare le vendite della "scimmia nuda" e io continuo a pensare che in quella serie di parole chiave che riassumono tutto il pensiero occidentale del novecento, riveduto e corretto da un generico orientalismo, sia racchiusa la descrizione più perfetta di quello che siamo diventati in questa parte un po' presuntuosa di mondo.

Intanto io esattamente quattro anni fa partivo per l'India per poco più di due settimane e non mi sognavo neppure lontanamente che poi sarei ritornata in Italia con una qualche rivoluzione interiore, solo per aver fatto un giro in un posto così diverso dal mio, dove regnano tutte le peggiori contraddizioni del mondo e le forme più inaccettabili di ingiustizia sociale, tutte giustificate da una religione "regolatrice" di ogni singolo aspetto della vita. Non ho mai avuto voglia di fare yoga perché non ne so mezza di una disciplina millenaria basata su tutta un'altra filosofia di pensiero e di percezione del funzionamento del corpo. Bisogna avere rispetto delle culture profondamente diverse dalla nostra, ci si avvicina con calma, senza tentare innesti e adattamenti inverosimili, bisogna darsi tempo e progressione. Che la pace interiore magari arriva, ma non con un semplice schiocco di dita e poco altro. Siamo occidentali...facciamocene una ragione e accettiamoci per i non-orientali che siamo. Noi siamo quelli che il dolore lo combattono con l'anestesia, loro lo guardano in faccia, lo attraversano e ci fanno pace. A me è bastato leggere Siddartha e Narciso e Boccadoro quando ero un'adolescente malleabile per capire che era tutto molto bello e affascinante, ma alla fine giusto per dire che li avevo letti e per parlarne coi coetanei di fronte a un big Mac 

martedì 14 febbraio 2017

Momento feed back. Per andare oltre

Direi che è andata. Una giornata quasi primaverile, pedalata di un'ora prima di andare al lavoro, la spesa. Non essendo più così astemia, a quest'ora ho preso l'abitudine di un bicchiere di amaro Montenegro a cui ne ho eccezionalmente aggiunto uno di liquore alle fragole e di bosco. Ma sono abbastanza lucida ancora per un pensierino preserale. La crudeltà inconsapevole di fb mi ricorda che l'anno scorso ho scritto di una cosa che mi era successa nelle ore precedenti. Raccontavo di una giornata che avevo trovato bella e durante la quale erano successe delle cose per me importanti. Quando la scrissi ero al tavolo di un Mc Donald del centro, era una giornata umida e molto fredda e io provavo a convincermi di non sentirmi così irrimediabilmente  sola. In realtà non accadde nulla di particolare e soprattutto io non sapevo ancora nulla di ciò che avrebbe privato di senso tutto quello che provavo allora. Poi, ad un certo punto, me la sono raccontata meglio e mi sono sentita meno ridicola. Dico questo pure a beneficio di fb, che per gli anni a venire mi ricorderà di quell'episodio e io tenterò sempre nuovi modi per giustificarmi di essere stata così ingenerosa con me stessa. Pace. Del passato non ci si libera mai purtroppo...

Sto meditando di iscrivermi ai "corsi corsari" di cinema. Si tengono il lunedì sera e il programma mi pare stupendo. L'unica remora è che mi scoccerebbe perdermi Gazebo, ma sento che mi perderei anche della gente molto bella, come ai miei occhi lo è quella che ama il cinema, e degli argomenti appassionanti. In fondo Gazebo si recupera...ma poi che cacchio di dilemma è il mio? Sarà l'alcol

Alla fine anche questo San Valentino ce lo siamo levati dalle...scatole. Mi ricordo di aver passato anni anche più tristi, persino tra quelli in cui ero fidanzata. Una volta uno mi portò in un ristorante tamarrissimo di Torre del Greco. Mi sembrava di stare dal boss delle cerimonie e m regalò un profumo prestigioso ma terribile e poi una coccinella di peluche. Io avevo un orrendo tailleur nero...spero che quella sia stata l'ultima volta che mi sono vestita così e poi andammo a Posillipo a vedere il panorama. E io non vedevo l'ora di tornarmene a casa mia.
Un altro anno lo passai invece tutto il giorno a piangere su un divano per uno che non ha mai saputo che mi piaceva e un'altra volta a studiare e a tremare per un esame che mi terrorizzava.

Mi piacerebbe capire perché mi ricordo di tutti i miei giorni di San Valentino pure se nessuno di loro ha fatto il suo dovere. Direi perché forse ho sempre attribuito loro compiti che non sono tenuti a realizzare, oppure perché alimento fantasie improbabili con persone che non ho ancora incontrato. O semplicemente mi piace proprio assai fare così: immaginare le situazioni così come per me è necessario che siano e percepire che l'universo intero lavori per assecondarmi, anche solo per quegli istanti li. Perché alla fine lo so che le cose non andranno mai esattamente così come le mie architetture oniriche disegnano,  ma mi servono lo stesso come una specie di "bench mark" su cui adattare una realtà sempre drammaticamente troppo parsimoniosa.

Non sono ancora ubriaca e mi sono ricordata di non raccontare tutti ma proprio tutti i fatti miei, anche perché  oggi quelli per fortuna fanno ridere anche me. Quel racconto catartico e tristallegro, scritto con precisione chirurgica in giorni di necessità di chiarezza e di analisi, proverò a rileggerlo tutte le volte che incontrerò qualcuno e penserò di essere certa che sia "lui". Poi mi imporrò di fare abbastanza passi indietro da garantirmi una distanza di sicurezza e lascerò che sia lui, se sarà "lui", a farne di suoi per arrivare da me..."e se rimane indifferente, non è "lui"...

Intanto che aspetto, io provo ad iscrivermi sul serio ai corsi corsari...che tanto ormai San Valentino è lontano e per coprire le distanze ci sta tutto quanto il tempo che ci vuole. Se davvero vuole





sabato 11 febbraio 2017

Il sabato qualunque di una non qualunquista

Giusto un paio di battute, che però già possono bastare per un qualche spunto allineato ad una condizione di spirito in questo momento ideale, rilassata, appagata per quello che è stata la giornata fino ad ora. Credo di aver già detto che non ho wathsapp, non chatto mai con nessuno a meno che non sono cercata dai soliti adoratissimi amici che periodicamente mi pensano e vogliono salutarmi così e, per questo, quando mi ripeto che non incontrerò mai la mia anima gemella riconosco che in fondo è altamente probabile che sia così, visto che incontro pochissime persone e sempre le stesse e non cerco in alcun modo di "pilotare" incontri a scopo relazione...o altro "scopo" (chiedo profondamente scusa ma non volevo perdermela). Lungi dall'essere una bacchettona inibita e bigotta (tranquillizzo il mio potenziale fidanzato, non lo sono per nulla) ma davvero "quell" aspetto" dei rapporti, nella mia visione drammaticamente idealistica/irrealistico-romantica, trovo che sarà sempre del tutto marginale.

Dicevo delle battute di cui parlavo all'inizio del post. Ci sta questo amico che mi dice di correre di meno e fare "altro". Lui è simpatico e scherzoso e io non potrei mai offendermi, poi però è rimasto molto colpito dalle mie risposte ugualmente ironiche ma in realtà assolutamente sincere. Però è così: non cerco nulla, non mi manca nulla degli aspetti profani di un rapporto e non ho nulla da appagare con chi non sia esattamente ciò che sento debba essere mio. Grazie amico mio, di avermi dato la possibilità di esprimere questo concetto. Ora però smettila di piangere 😆😆

Ritornando alla parte della mia vita che controllo bene e che asseconda i miei obiettivi, credo che quella di oggi ne sia stata il prototipo ideale, se è vero che per me davvero essenziale è fare sport, avere a che fare con persone divertenti e interessanti, ascoltare musica e leggere cose appassionanti. Oggi ho fatto tutte queste cose. Ho corso tanto con persone adorabili, ho promesso all'allenatore che domani lo farò per un'ora e un quarto perché devo assottigliare le gambe, ho comprato un biglietto per uno spettacolo a teatro che aspetto da un mese, ho divorato un fumetto magnifico mentre ascoltavo bellissima musica.
E poi la casa era pulita, ho acceso una candelina profumata e mangiato delle cose squisite.

Stasera ci sta l'ultima di Sanremo. Credo che lo vedrò. Forse vincerà la canzone insopportabilmente retorica e furbissima della Mannoia, ci ha ficcato dentro pure la parola benedetta, giusto per stare sicuri che non mancassero i sempre utili echi religiosi. Sanremo è lo specchio di quello che siamo dice il sociologo De Masi. E allora con quello di quest'anno direi che ci siamo meritati in pieno il fascismo, se si invita come espressione dell'Italia migliore una che ha fatto nascere un sacco di figli, o quello che ha solo lavorato nella vita...o se si lascia vincere una canzone vecchia e piena di inutili moralismi sul senso della vita...ma per carità...io confido ancora nell'ottimo Gabbani se c'è ancora speranza in questo assurdo paese.

Spero che il mio buon amico capisca che la mia vita non è poi così spiacevole se trovo ancora divertente fare quello che faccio, lottare contro la retorica stucchevole, provare a coltivare me stessa soprattutto in un pomeriggio come questo, con tutti gli ormoni belli della corsa, quelli che sostituiscono di gran lunga quelli a cui si riferisce lui. E soprattutto vorrei che mi credesse quando gli dico che preferisco l'amore virtuoso a quello virtuale, che quello lì non si può cercare in modo artificioso e che non escludo che possa sbagliarmi, ma io non so fare altrimenti. E quindi pace.
Mi vergogno un pochino stasera, chissà poi perché, ma in fondo non bisognerebbe mai vergongnarsi di dire la verità. Intanto io un sabato come quello di oggi lo augurerei solo ad una persona a cui voglio tantissimo bene. Vorrei che pure il mio amico mi credesse 

giovedì 9 febbraio 2017

Scrivere per sovrascrivere

No, stasera neppure per un secondo. Ho visto per intero le due puntate del sempre orrido Sanremo, ma quest'anno le canzoni sono davvero tutte inqualificabili. Lo dico senza snobismo visto che alla fine mi lascio pure io coinvolgere sempre da questa strana manifestazione che catalizza così tanta parte dell'attenzione di un paese che che forse a volte sopravvaluto, ma del quale poi io stessa sono parte integrante e in fondo integrata. E quindi non mi permetto nessun giudizio eccetto il disgusto musicale.

Stasera ho ascoltato tutto il tempo l'ultimo lavoro dei Baustelle che, invece, mi è piaciuto tantissimo. E poi ho letto uno dei fumetti comprati ieri. E neppure quello mi ha deluso. Insomma mi approssimo alla mezzanotte con un bilancio più che positivo di una non fredda giornata di febbraio in cui ho fatto capitare persino un film bello e divertente assieme ai miei colleghi. Il mio diario di bordo si potrebbe concludere qui se tra le attività serali non avessi incluso quella di rimaneggiare, come faccio da poco più di una settimana, il post che vorrei pubblicare a San Valentino. Di solito quando scrivo non rileggo niente (facile crederlo, dati i continui e diffusi refusi e le ripetizioni di parole o interi periodi...la mia è una prosa spesso grezza, ma la preferisco ad una più elaborata ma meno di pancia). Invece per quella storia lì mi ero ripromessa di scrivere in modo attento, accurato, pensato bene e che ne restituisse in pieno sia il lato triste che quello divertente. Il fatto è che intanto sono cambiata anche io, ho allentato tristezza, malesseri e tensioni proprio mente ricostruivo fatti e sensazioni. Tutto diventava più evanescente, lontano come le cose che avevo desiderato inutilmente e, all'ennesima rilettura mi sono resa conto di come fosse tutto molto meno rispetto al carico di significato reale.

Forse è per questo che quando qualcuno mi manifesta il proprio amore per me (o presunto tale) e io non sono in grado di corrispondergli, mi allontano immediatamente, voglio essere dimenticata e non generare alcun tipo di speranza, illusione, aspettativa che qualcosa possa cambiare. Non cambierà mai nulla: se non amo, non amo. Così succede a me, così succede a chiunque. Inutile perdere tempo, fantasticare, ricostruire storie credendo che assurgano a valore letterario in quanto custodì uniche di sentimenti eterni.
Se si è generosi e corretti si è molto chiari da subito. Poi ci sono gli ambigui che vanno capiti per tempo e poi ci sono i cinici, che godono a vederti smaniare inutilmente per loro. E poi ci sei tu, vittima di sentimenti inappagati e in quanto tali inevitabilmente destinati a riportarti alla realtà, prima o poi. Io ci sono riuscita scrivendo, perché se non scrivo quasi mai io capisco una cosa qualunque della mia vita, neppure quella più scema. Sono certa che esistano anche altri modi per capirsi e risolversi, ma io non li conosco. E quindi niente, mi tocca scrivere, raccontarmela, ridere di quello che provavo fino a ieri. E possibilmente pensare a cos'altro potrei postare di meno scemo a San Valentino. Credo nulla. Altrimenti, come al solito, improvviserò.


martedì 7 febbraio 2017

Ricordami di me, questa sera che non ho da disfare

Ad un certo punto succede davvero e contro ogni tua più agognata aspettativa. Quando mi rendo conto che sta capitando pure a me, magari proprio mentre non ci credo più, un po' mi stranisco e mi chiedo quanto durerà e un po' mi sento meno sensibile e ispirata. Scrivo di meno, sorrido e parlo di più, mi alzo senza pesi sul cuore ma ascolto meno musica e mi commuovo di meno. Ma che importa...sto così tanto meglio!
Come credo capiti a molti nella vita, succede di star male, di soffrire per motivi più o meno fondati e di non sapere cosa inventarsi per stare meglio. A me per la verità non troppo spesso, direi tre volte in tutto e le altre due è stato molto peggio di adesso. Sono stata male per banalissime questioni di cuore che andavano sempre a braccetto con quelle di autostima irrisolte, accanto a scelte di vita poco convinte, una vulnerabilità esistenziale non meglio precisata, obiettivi non raggiunti...
Ricordo quelle fasi della mia vita con molta tenerezza e mi chiedo sempre se ne sono venuta fuori semplicemente perché il tempo ha un naturale effetto distensivo a dispetto di me e da come desidero affrancarmi dal dolore, oppure era quello il mio terreno fertile per scoprire tutte le mie risorse interne per conoscermi, capire e attivarmi per uscire dal mio pantano. Forse hanno lavorato in sinergia, ma alla fine che importa se ne sono uscita e mi sono sentita più forte di prima.

Oggi fb mi ha restituito un intero album fotografico del 2009 e io ho fatto una cosa che disprezzo negli altri che mettono i like ai loro stessi post: mi sono piaciute tantissime mie foto di allora, quando gironzolavo per l'Inghilterra con una persona che adoravo per intelligenza profonda, arguzia, simpatia. Credo di non avergli mai sentito dire cose che non mi interessassero, mi sono ricordata di una gara di primi piatti italiani in una sfiziosa cucina inglese, di un pomeriggio intero stesi sul letto a raccontarci un miliardo di cose. Mi sono ricordata di un "buena vista social club" visto assieme sotto una montagna di coperte. E poi del giorno in cui tutto finì. E oggi, rivedendo quelle foto, ho scordato tutta la rabbia, il rancore, le lacrime, l'umiliazione per ciò che non è rimasto uguale a quelle foto...non eravamo nati per stare assieme per sempre. Eravamo giusti solo per quel periodo esatto e poi basta. Come avevo fatto a star male per una cosa cosi bella e perfetta proprio per quello che è stata e per il tempo che è durata?

È passato tanto tempo da quella volta e le ragioni per cui sono ripiombata in momenti difficili trovano  la loro motivazione in una condizione emotiva più disincantata di allora ma anche più mortificata e con un bagaglio meno corposo di ricordi e di significato. È una tristezza che si confronta col tempo che passa, con la difficoltà di trovare una brava persona con cui e per cui emozionarmi e, di contro, con il paradosso dell'immenso piacere di coltivare la mia solitudine fino in fondo.
Sia come sia, sono compiaciuta nel riconoscere questi ultimi giorni come più facili e portatori di sensazioni diverse dal più recente passato: il pensiero di cose che mi addolorano non è più un peso insopportabile sul cuore ma una semplice constatazione della realtà per quella che ha deciso di essere, perché non ho più nessuna voglia di inventarmi cose per forzare gli eventi, perché non ho più questa insensata voglia di piangere nei momenti più insospettabili della giornata. Perché non sono più arrabbiata per nulla. Perché va bene così e in qualsiasi altra maniera decida di essere, che tanto a me basta che siano già passati questi mesi e poi tutti questi anni e poi quel 2009 così bello e ormai così lontano, ma pur sempre così giusto e perfetto nella fuggevolezza di quello che è stato.

Chi lo sa se la pace di questa serata da "perché Sanremo è Sanremo" sia merito del tempo che cambia soltanto ciò che vuole lui, o dei miei sforzi di comprensione, della buona sorte di un periodo favorevole o di tutto questo assieme. Ma che mi importa. Io quando sto bene voglio solo una cosa davvero. Farci caso.

sabato 4 febbraio 2017

Nove di tredici

Pare che oggi Facebook compia tredici anni. Io ne faccio parte da nove. Mi ricordo perfettamente quel momento. Stavo nella biblioteca di Suzzara, "ridente" paesino della bassa padana in provincia di Mantova in cui ho trascorso sei mesi per un tirocinio. Trascorrevo tutta la mia giornata non lavorativa in quel posto magico e fiabesco dove avevo libero accesso a internet e ad alcune attività cinefile molto originali che hanno reso indimenticabile la mia permanenza in quello stranissimo luogo.
Pioveva, io scrivevo ancora sul mio vecchio blog e avevo deciso che era arrivato il momento di esprimermi con meno parole e a una platea più variegata. Credo che sia stata una delle cose migliori che mi siano capitate nella vita. Io neppure mi ricordo come riempivo i miei vuoti di attività prima di Facebook, ma in ogni caso sono certa che non fosse affatto meglio. Mi ci sono appassionata subito, non ho mai perso l'entusiasmo e col tempo ne ho variato finalità e modalità espressive.

Credo che di Facebook potrei non stancarmi proprio mai. Mi hanno stancato alcuni di quelli che seguo, l'eccesso di narcisismo, il buon giorno e la buona notte che alcuni si sentono in dovere di dare al proprio "pubblico", mi stancano i depressi cronici e le vittime lamentose, quelli che offendono in modo gratuito, la volgarità o i "salvinismi" variamente declinati. Mi appassiona l'utilità sociale e la simpatia, la velocità con cui passa l'informazione o le emergenze a cui prestare tempestivo soccorso, la rapida circolazione delle idee. Mi entusiasmano persino le bufale e tutte quelle innocenti e grossolane boiate che mi ricordano quanto siamo anche irrimediabilmente miseri e meschini, pressappochisti e superficiali. Mi piace questa immensa, meravigliosa, inarrivabile cassa di risonanza di quello che siamo attraverso quello che è Facebook. Nessun sociologo, antropologo, intellettuale o guru saprebbe descriverci meglio...Ed ecco che sento arrivare, come una zanzara dispettosa che piomba dal nulla alle due di notte a disturbare i sogni del giusto, il professorino di turno, che cita Eco e ti dice che però in questo modo anche gli imbecilli hanno l'immeritato diritto di parola che in passato per fortuna non avevano. Ed ecco che a me viene l'orticaria e con tutte le bolle sulla pelle mi ritrovo a dire che erano imbecilli anche prima di Facebook e per fortuna adesso li riconosciamo prima e meglio in quanto imbecillì, che il pensiero critico non è morto, ma è ancor più vivo di prima e lotta con noi, almeno con quelli di noi che vivono anche di altro, che ancora credono nella scuola, nel cinema, nella fatica dell'apprendimento metodico e che purtroppo l'imbecillità non è colpa dei luoghi dove essa si manifesta in tutto il suo "splendore".

Comunque, sono passati nove anni. Io intanto ho di nuovo riaperto il mio blog, perché alla fine non è proprio la stessa cosa e l'uno non esclude l'altro.
Fb rimane il luogo privilegiato in cui esprimo le mie emozioni a caldo, senza filtro, e tutte le mie convinzioni più categoriche, è il mezzo attraverso il quale mi confido senza troppi freni con un mondo ipotetico che immagino mi stia ascoltando o che abbia delle reazioni costruttive. In questo a volte si rivela una valvola di sfogo un po' pericolosa e facile preda di fraintendimenti ed equivoci. Ma trovo infinitamente interessante e stimolante anche questo. Non è tutta la mia vita, ci mancherebbe altro, ma ne è un importante evidenziatore e un modo prodigioso di consentirmi di appuntarmi le sensazioni, di non sentirmi sola. Di connettermi con me stessa e con gli altri.
Grazie fb. I tuoi anni sono in parte stati i miei anni. Quelli che mi hai fatto venire voglia di scrivere e mescolare con quelli degli altri. Grazie soprattutto per tutta la solitudine che mi hai garantito facendomi sentire in così ottima compagnia.



giovedì 2 febbraio 2017

Tutto compreso (...extra a parte...)

Funziona. Credo che l'atteggiamento psicologico che sta dietro alla capacità di resistere alla stanchezza sia aiutato da un po' di piccole strategie. Le mie ferie avanzate dall'anno precedente si stanno consumando così, ogni mercoledì e di giovedì, fino a che posso, per interrompere l'orizzonte infinito tra il terrificante lunedì e l'irragiungibile venerdi. Così facendo trasformo il lunedì in un giovedì artificiale e poi passo direttamente al venerdì, che è il giorno di lavoro più bello del mondo. A volte ho bisogno di certi artifici mentali per consolarmi e continuare a prestare attenzione su ciò che voglio fare del mio carattere. Le ferie comprese nella settimana, piuttosto che i banalissimi week end lunghi da furbetti dell'assenteismo, sono la mia vera svolta di questo periodo.

Oggi qui a Milano ci sta una inondazione di grigio e una pioggerella lenta e inesorabile che invogliano solo a riflessioni rassegnate o elaborazioni di dolori sbrigativamente tamponati. Non è bastato neppure gironzolare in una semivuota Esselunga a comprare tanta verdura fresca, barattoli su barattoli di cipolline borettane, frutta secca e integratori di magnesio. Sono rientrata (tutta bagnata perché meglio zuppa che con quella palla di ombrello in mano) e il "demone della comprensione" mi ha detto di mettere a posto la mia spesa superflua, asciugare i capelli e poi sedermi e mettermi pensare a qualcosa che mi fa stare male. Mi ha detto di continuare a riflettere e di rialzarmi solo dopo almeno un tentativo completo di risoluzione.
E io ho fatto proprio così, obbedendo a un mostro molto poco sacro ma di cui ho un insano rispetto, mi sono seduta e ho ripensato al mio dolore più recente. Sono partita dal momento in cui era sopraggiunto e ne avevo istantaneamente scritto qui sopra, mentre piangevo come una bambina e già sentivo che non ce n'era nessuna ragione. Perché a volte funziona proprio così, che il dolore lo capisci e lo trovi insensato già mentre lo provi, ma poi non è mica detto che questo sia consolatorio di per se'.
Credo che in quel momento lì io stessi soffrendo non per quello che avevo saputo, ma per la tenerezza che provavo per la me stessa degli ultimi anni, per le convinzioni che avevo e sulla necessità che si realizzassero proprio come le vedevo io.

Fb mi ricorda quello che scrivevo fino a otto anni fa, quando ero altrove e desideravo cose che ho completamente scordato. E poi ha cominciato a dirmi cosa è successo da un certo punto in poi e a come mi sono concentrata su cose e persone sbagliate, al modo in cui ne ho fatalmente tralasciate altre forse fondamentali. Mi è sembrato di essermi messa davanti a uno specchio deformante che mi restituisce un'immagine tutta sbagliata perché frutto essa stessa di una visione distorta della mia storia.
E così oggi quel dolore me lo sono scritto su un foglio, ho provato a metterci dentro tutta l'ironia e il disincanto possibili, perché sono certa che l'elaborazione del dolore passi necessariamente per una forma di esorcismo comico o, per l'appunto, ironico. E ora che l'ho consegnato al demone della comprensione, ho deciso che ne faccio pure un post per S.Valentino su questo blog. Ne è uscito un racconto tristallegro che mi ha fatto fare pace con quello che sono, con le cose che vedo e sento rispetto a ciò che davvero sono e con la facilità con cui mi lascio ferire da chi forse non si accorge neppure di farlo.

Le ferie "comprese" tra un giorno di lavoro e l'altro servono a questo: a recuperare. E io in effetti ho recuperato...ho recuperato un dolore e me lo sono raccontato, poi sono andata dal demone della "comprensione" e gliel'ho fatto correggere. Lui si è messo un po' a ridere e mi ha detto che se non la smetto di giocare con le parole, ma pure coi sentimenti maneggiati male, faccio una fine brutta assai.

Ma fino a S. Valentino potrei ancora riscrivere la mia storia un sacco di volte. Che tanto la "comprensione" non finisce mai. Come ogni demone che si rispetti.