Sola andata

Sola andata

venerdì 30 giugno 2017

Meno condizionata di certa brutta aria che tira

Realizzo solo adesso che ormai son quasi finite. Da sempre io sono quella che decide cosa fare delle proprie ferie senza cercare di intaccare il sacro calendario del collega vacanziere istituzionale. Le ragioni sono tante: mi piace l'ufficio semidesertico di luglio e agosto, ho spesso amato soggiornare in ameni luoghi tropicali a novembre o a febbraio, non mi ritrovo costretta a mercanteggiare le mie scelte per garantire il flusso di lavoro in ufficio, detesto le spiagge affollate, amo stare a Milano in estate.
Tuttavia, nonostante sia abituata a questa scelta ripetuta e consolidata, stavolta mi è meno familiare pensare che mi attenda una lunga estate milanese corredata dalla solita pressione troppo bassa per poter risvegliare sopiti entusiasmi. Sarà piacevole come sempre, ne sono certa, ma non mi è ben chiaro cosa davvero farò.

Una delle mie ultime attività prima di andare in vacanza è stata una verifica esterna presso un'azienda che conoscevo molto bene e di cui ho anche raccontato una volta per quanto mi aveva colpito come esempio di virtuosità e di eccellenza organizzativa. Purtroppo con stupore e rammarico quel ramo d'azienda con sede nel milanese, con casa madre in Germania, pur producendo ancora fatturati crescenti, chiuderà per trasferire l'attività in India. Nessuna proposta per i quarantaquattro lavoratori che da domani rimarranno a casa, nessuna spiegazione, nessun ringraziamento. La manager della logistica mi raccontava che ha lavorato lì per trentun anni, da fresca diplomata, prima come addetta e poi via via crescendo e facendosi conoscere per meritare la carriera successiva. Sono quattro mesi che fa colloqui e il tenore delle risposte è quello col quale ho imparato a familirizzare persino io, che per fortuna mi limito solo a scrutare con curiosità gli strani meccanismi del mercato del lavoro nostrano. Se dovessi ancora subirne le umiliazioni credo che non ne uscirei viva.
Il fatto è che sono rimasta molto scossa da quella piccola emblematica storia, così tanto da scordare persino l'increscioso episodio che in quello stesso giorno era invece capitato a me e che mi ha irrimediabilmente aperto uno squarcio malinconico sulla reale qualità dei miei rapporti di lavoro. Quel giorno successe questo: postai su fb una foto in cui mi dicevo fortunata di essere in verifica perché in ufficio l'aria condizionata era rotta. L'episodio in  sé non avrebbe nessunissima rilevanza, se non fosse per il fatto che qualche collega ha mostrato quel post al direttore, chissà a quale scopo perché neanche a tirarlo per i capelli poteva venirne fuori un richiamo...ma vabbè...intanto adesso l'idea dell'ufficio estivo e con poche possibilità di incontro mi rasserena più degli anni passati e mi fa un po' specie che la mancanza di rispetto per una "risorsa umana" possa risiedere davvero in una base di partenza qualsiasi: un dirigente, un amministratore delegato che non ti ha mai visto...ma anche un tuo pari...

Sarà una lunga estate, lo sento. Ma stavolta il compleanno lo festeggio con chi mi vuole bene, mica in ufficio come l'anno scorso: il ponte del 14 è pure il mio! E questo sarà più incondizionato dell'aria che a volte mi ritrovo a respirare a mia insaputa

martedì 27 giugno 2017

Di come cambiano le cose (pure quelle che non lo fanno mai davvero)

Tutto più o meno come nelle previsioni. Il mio soggiorno campano procede come previsto tra corse, mare, cibo ingiustificato e un caldo di cui non avevo tenuto conto. Tutto, quando ritorno qui, mi pare sempre esattamente uguale a come l'ho lasciato. E non parlo solo delle cose, che forse in realtà cambiano pure ma io non me ne rendo conto, ma proprio del mio modo di sentirmi quando vengo qui: papà che borbotta cose un po' sconnesse sui disservizi del paesello, mamma che sta sempre a mondare quintalate di verdure, che faranno pure tanto bene ma mica poi tanto se le anneghi in un barile di olio...mia sorella che nessuno ha mai compreso ma vabbè...
Non colgo mai i cambiamenti, giuro che mi pare tutto come la prima volta che ho fatto le valige e me ne sono andata via. A ventiquattro anni. E invece poi le cose cambiano e succedono e stravolgono cuori, interi assetti familiari, direi l'anima stessa di questo piccolo paese dove solo apparentemente mi pare che tutto resti cristallizzano come nella mia memoria poco aggiornata. Mi è bastato ascoltare mia madre mentre sosrseggiavo il primo caffè dell'alba, altro storico rituale, che mi raccontava di matrimoni traballanti che stanno in piedi solo perché il tradimento rientra come ingrediente concesso; del palazzo confinante che è stato sequestrato dal comune e chissà che ci faranno; di una sua ex collega diventata matta e che gira per il paese come una derelitta.

Forse quella sempre uguale sono proprio io, che in fondo ho deciso da sempre che questo non sarebbe mai rimasto il mio posto, che ho sempre trovato normale fare tentativi in un altrove che solo da poco tempo mi pare non essere più tale ma il luogo dove vorrei trascorrere il resto della vita, anche se papà ancora è convinto che io a breve ritornerò qui. "Lucia, ma che ci fai in quella casa così piccola? Ma come fai a vivere senza auto? Ma davvero non trovi faticosa quella città? Se proprio non ti fanno tornare come dici, almeno cercati un altro lavoro qui...oppure stai lì ancora un po' di anni e poi molla tutto e tornatene qua"... questo è più o meno il tenore di un tipico confronto col mio papà. Non si è mai reso conto che io me ne sono andata in senso stretto da questa casa.
Avrei voluto dirgli che quello che vedo sul percorso del lungomare dove vado a correre, mentre lui rimane tutto il tempo sotto l'ombrellone, è lo stesso identico scempio, degrado, immondizia, oltraggio ambientale che mi mettevano a disagio tanti anni fa.
Domani gli faccio vedere le foto, così ne parliamo sotto l'ombrellone e mi spiega come mai certe cose cambiano meno di me...
Pazienza, immagino che ci diremo queste cose per tutti gli anni che verranno e nei quali io non sarò ancora tornata. Per il resto, meno male che ci saranno sempre pure il caffè dell'alba e le storie di mia madre a ricordarmi che in fondo pure qua le cose cambiano parecchio. Di certo più di me e di questo sfortunato lungomare di Varcaturo...

venerdì 23 giugno 2017

Appartenenza a parte...mi sento parte

Ufficialmente in ferie. Devo dire la verità, è la prima volta che non ne sento una necessità assoluta. Non mi sento particolarmente provata né dalla stanchezza né da una condizione emotiva particolarmente problematica. È tanto tempo che non scendo giù dai miei e mi fa piacere pensare di essere un po' coccolata in quella maniera che può accadermi solo se devono sopportarmi per un tempo molto limitato.  Credo che mi porteranno al mare, che mangerò troppo, che mi allenerò anche per limitare i danni, che sarò felice di rivedere tutti, che finalmente leggerò in santa pace e senza pensare che non ho ancora lavato i piatti e steso i panni. E poi, come al solito mi mancherà Milano. Ormai credo che questa cosa qui non la risolverò mai più. Io il senso di appartenenza arrivo a riconoscerlo al massimo in modo "trasversale", anzi mi viene da pensare che il legame col posto  in cui sono nata mi sia stato possibile stabilirlo e consolidarlo solo allontanandomene, distillando il mio vissuto depurandolo da quello che non ho mai accettato di quella terra e che ora più che mai troverei intollerabile.
Ma tant'è, ormai me lo ripeto ad ogni vigilia di ritorno alla terra mia e questo mio modo di essere migrante rappresenterà per sempre la mia maniera di appartenere ad un percorso, piuttosto che ad un luogo preciso.

E sempre a proposito di legami e di sentirsi parte di qualcosa, ho provato a capire cosa consente di stabilirne la profondità. Da buona romantica "scettica" alterno le mie folli pretese di assoluto a più pacati tentativi di saggezza disincantata, durante i quali mi ripeto che tutti i sentimenti sono aleatori, volatili e volubili e non per questo rappresentino dei rischi da evitare. Ma poi, alla fine, finisco sempre per dare ragione alle folli pretese di assoluto senza mai davvero pentirmene...soprattutto quando osservo gli scarsi risultati derivanti da "combinazioni" facilmente deteriorabili. Non hanno senso, anzi sono contro ogni senso.

E così stasera, dopo aver mangiato una quantità impropria di ciliegie perché devo svuotare il frigo, e con una valigia ancora tutta da preparare, mi chiedo cosa ci faccio ancora stravaccata su questo divano, come se non dovessi andare in nessun posto o come se non fosse necessario fare nulla per passare da un luogo che ami ad un altro a cui vuoi altrettanto bene.
Meno male che i biglietti li ho presi da due mesi





lunedì 12 giugno 2017

Preludio di una notte insonne di mezza estate

Ormai mi sono rassegnata al fatto che in questo periodo dorma ancor meno del solito. In fondo ci sono delle volte in cui questo non mi dispiace e mi fa sentire in diritto di stabilire dei piccoli rituali di grande relax, come un ultimo amaro Montenegro, passare mentalmente in rassegna i fatti del giorno, godere di un silenzio irreale, addormentarmi direttamente sul divano. Orami sono due settimane che succede. Quando mi sveglio qui in cucina, con le tapparelle non abbassate, la finestra aperta, il tavolo visto da una prospettiva non usuale e una certa sciatteria trasgressiva da sprovveduta, mi diverto sempre un po'.  La mia idea di estate è tutta concentrata in certi passaggi temporanei di stato.

E poi ci sono le cose che non smetto di fare mai, neppure in estate e a temperature roventi, come percorrere a piedi, e almeno per due volte al giorno, Via Mecenate, credo la strada di Milano che amo di più. Negli anni l'ho vista cambiare persino nella luce e nella quantità di nebbia che riusciva a contenere. Da circa un anno è arrivato uno stabilimento di Gucci e poi un albergo di lusso:dei palazzoni neri molto glam che hanno "violentato" le architetture dickensiane da romantica archeologia industriale che tanta parte hanno avuto nel mio tragitto incantato. Ma tant'è, non sarà certo questo ad impedirmi di continuare a "farmi strada" in quel tratto dove concentro la parte più densa del mio silenzio e dei miei interrogativi.

Esattamente un anno fa facevo una piccola e bellissima vacanza in Portogallo. Mi ricordo che ero imbottita di antidolorifici perché avevo un braccio completamente bloccato da contratture muscolari da cui sarei guarita solo molto tempo dopo e tanta fisioterapia e che soffrivo per una persona che in realtà non ha avuto alcun significato nella mia vita. Ma nelle foto avrei detto che ero del tutto felice. Io sorrido sempre, di un sorriso che inganna persino me stessa e questa cosa mi spiazza, perché io me lo ricordo come mi sentivo davvero. Che senso hanno quelle foto così ingannevoli? Restituisco ricordi fasulli e questo mi spaventa.

Stasera fa molto caldo, sono rientrata in casa da poco e via Mecenate, così poco illuminata, così mezza proletaria e mezza deturpata dal lusso prepotente e fuori luogo, era ancora bellissima. E ho pensato che era in quel momento che avrei dovuto fare una foto. Perché adesso sì che il mio sorriso sarebbe stato sincero...

sabato 3 giugno 2017

Una taglia sulla giovinezza

Ci sto ancora dentro. È sempre un'ottima notizia per una donna sapere di entrare ancora negli abiti degli anni precedenti. In realtà so perfettamente di essere un po' cambiata, che sono meno in forma di un anno fa e che pure il mio viso e certe mie espressioni tipiche cominciano a risultarmi meno familiari. Forse quello che trovo davvero straniante nella percezione di sentirsi cambiare è che in fondo la faccenda mi traumatizza meno di quanto ne abbia avuto timore durante i miei "inviolati" anni acerbi.

Si dice che ogni età abbia la sua magia, il suo fascino, la sua bellezza...io credo che la giovinezza sia invece la sola vera irripetibile occasione, superata la quale abbiamo solo due possibilità: 1) godere di una maturità frutto di una giovinezza spesa bene, 2) tentare di perdonarsi

Io non saprei dire verso quale sentiero mi stia avviando, probabilmente, come molti, tento di prolungare la giovinezza, o il sentimento della stessa, solo per provare a darmi qualche occasione in più. Me ne accorgo quando mi rifiuto di fare bilanci, o di buttare i miei adorati quanto improponibili jeans strappati, quando al concerto degli "Stato Sociale" mi sono sentita la zia Bettina, quando ancora mi compiaccio di uno sguardo maschile che lascia pochi dubbi...Sì, direi che ho un'età anagrafica non ancora pienamente allineata a quella percepita e che in fondo in questa forma di immaturità alberghi ancora l'entusiasmo che ho il terrrore di perdere assieme al mio sfiorire.

Stasera a blob veniva raccontato in pillole l'ultimo trentennio: dall'ascesa, dominio e declino di Berlusconi al mesto epilogo renziano. E io c'ero. La mia storia personale è stata tutta scandita da fenomeni antropologici e politici di cui soltanto molti anni dopo ho potuto comprendere la reale portata. Ma non me l'hanno tramandata, io ne subivo gli effetti, crescevo all'alba di quella realtà che ben presto avrei ritenuto da combattere con ogni possibile strumento.
Io ero giovane prima dell'era digitale, mentre si imponevano i paninari, mentre Reagan si faceva fare i programmi di politica monetaria da Milton  Friedman...

Chissà se veramente tutto questo ha inciso nella mia vita, o se invece ha contato di più la piccola provincia in cui sono cresciuta, i miei compagni del liceo, quell'idiota supremo che conobbi a sedici anni. E chissà se tutto questo c'entra davvero con i miei vestitini estivi in cui riesco ancora ad entrare. Forse dovrei finalmente cambiare il mio guardaroba, magari senza più preoccuparmi della taglia, guardare blob pensando che in fondo Berlusconi non era il peggio come pensavo allora, che l'edonismo reaganiano era in fondo meno immorale dell'antiambientalismo trumpiano.

In effetti davvero potrei cominciare a rileggere la mia storia in questo modo. Ma ancora non mi riesce. Se lo facessi riterrei la mia giovinezza semplicemente una grossa occasione perduta. E proprio non mi va.
Temo, a questo punto, che mi toccherà rimanere fanciulla ancora per un bel pezzo se voglio invecchiare senza diventare matta. Se proprio devo...