Sola andata

Sola andata

venerdì 30 ottobre 2015

La resilienza sta bene su tutto (fortuna, amore, lavoro)

Ci deve per forza essere una ragione plausibile per cui il post di ieri, unitamente a quello del mio appuntamento al buio, vanti una marea in più di lettori rispetto alle mie abituali statistiche. Sinceramente non saprei che deduzioni fare, al netto di una mera casualità. Però deve pur esserci qualche ragione più logica.
Io in un post parlavo di lavoro e in un altro di difficoltà a trovare il grande amore. Insomma manca la salute e ho messo i pilastri per l'oroscopo di una povera inquieta.
Chiusa parentesi da egocentrismo letterario.

Alla fine prevale sempre il fatalismo nella mia personale visione delle dinamiche dell'esistenza. Nel mio destino di breve termine non era contemplata Roma e neppure un project manager tanto gentile e simpatico ma col quale non è scattato niente.
Eppure da sempre nella mia vita ho desiderato cose che ho voluto realizzare con tutte le mie forze senza riuscire neppure a lambirle. Ce ne stanno altre che ho ottenuto senza alcuno sforzo e a cui altri ambivano molto più di me. Ci sono occasioni che ho colto senza preventivarle in alcun dettaglio, solo improvvisandole, e mi sono sembrate come un pacco regalo inviato da uno sconosciuto.

Io credo tanto alla fortuna e al modo pessimo in cui è distribuita.
Credo abbastanza nella volontà e al suo variabile metodo di ricompensa dello sforzo.
Credo in buona misura nell'importanza dell'atteggiamento individuale e nella sua fondamentale rilevanza nell'attutire i colpi della fortuna avversa e degli sforzi non ripagati.
Non mi sono mai posta il problema della fede, perché non trovo in essa  nessuna risposta, nessuna forma di consolazione, nessun fascino, nessuna intelligenza.

Non saprei dire cosa sia prevalso nella mia vita e nel percorso che mi ha portato qui, coi miei 39 anni senza troppe pretese, con la mia enorme fortuna in certe sfere della mia vita e nessuna in altre, con la mia fatica sprecata per ottenere cose che forse non avrò mai e i perenni tentativi di modulare il mio spirito all'accettazione del fallimento.

Forse ciascuno di noi ha la sua quota di fortuna che deve sapientemente combinare con tanta forza d'animo, fatica, speranze...e poi quello che viene viene...
E qualunque cosa venga...ben venga :)









giovedì 29 ottobre 2015

Non mi pare il caso...

Il rientro alle cose di sempre è così, faticoso e ingiusto, inutile stare troppo a coltivare mestizie. Però bisogna ammettere che la sorte ci mette del suo...se la mail di risposta all'interpello a cui tanto tenevi per dare la svolta al tuo lavoro,o almeno al tuo posizionamento geografico, ti arriva mentre eri in ferie. Mi avevano confermato di possedere tutti i requisiti e domani sarei dovuta essere alle 8:30 a Roma per la prova. Avrei dovuto dare conferma il 26. Chiamo e mi dicono che posso ancora andarci. Non ci vado. L'avessi saputo un giorno prima ci sarei arrivata da Napoli...ora non ce la posso fare. Si sono proposti in 59 per 2 posti, ne hanno scartati 10. Concorrerei con 49...troppi.

 Ho portato in ufficio i casatielli della mamma e i colleghi hanno tanto tanto apprezzato. Ne sono tanto felice e mi fa ricordare che pure qui conosco un sacco di persone carine e gentili con cui vale la pena di fare merenda. Poi mi ricordo che sono i pasti principali quelli che condivido molto poco. Pare che sia una specie di molecola che alcuni hanno e altri no a sviluppare il gene della socialità spinta e gioiosa. Esiste un mercato per tutto e non per le molecole gioiose...

 Ma non mi funziona la caldaia. Non ho ancora disfatto le valigie. E non sono contenta di essere tornata. E se domani a Roma ci andassi? Se questo strano incrocio di coincidenze avverse fosse solo una ulteriore sfida motivazionale, invece che il segnale di rassegnazione che ci vedo io...

 Come faccio ad andarmene via da qui sapendo che è una cosa davvero possibile? Come faccio ad andarmene via da qui sapendo che è una cosa che davvero voglio?

martedì 27 ottobre 2015

Mi trovo bene se mi trovo dove?

Sono quasi finite. Le mie vacanze campane sono veramente volate. Quanto può essere diversa la quotidianità a seconda di dove ti trovi, di cosa devi/vuoi/puoi fare, con chi sei, che aspettative hai...

Mi sono connessa molto poco. A Milano non succede mai, essere connessa il più possibile e ovunque per me è una necessità imprescindibile. Qui a casa invece ci sono altre attività che non richiedono la compensazione della connessione. Mi sono fatta bastare le cose che avevo intorno: una città ritrovata e in gran parte riscoperta, parenti cari che non vedevo da troppo tempo, gite fuori porta magnifiche, specialità gastronomiche assimilabili a capolavori e non riproducibili altrove. E poi tanto riposo, perché uno non ci pensa, ma non è che se non fai lo scaricatore di porto non hai bisogno di staccare completamente e in modo netto da una routine quotidiana  che ti consuma proprio nei suoi automatismi, nella sua sistematica prevedibilità. Io dormo poco e questo in fondo non mi dispiace, ma ho bisogno che il mio sonno sia profondo e ristoratore. A Milano questo miracolo non si realizza mai e ormai me ne sono fatta una ragione: ho un materasso ortopedico, un piumone morbidissimo, ottimi cuscini memory...ma dormo male lo stesso, non sono mai sufficientemente riposata, ho sempre gli occhi rossi...amen...

Qui ci sta un letto normale e un micio che dorme nell'altra stanza...e dormo benissimo. Sarà che conta il fatto di essere in ferie, che all'ufficio non penso mai neppure per un nanosecondo, sarà che le cose che sai che non durano poi te le godi di più...però in questo momento ho una paura folle di tornare lì dove dormo male, dove il caffè non mi viene bene come qua pure se uso la stessa miscela, dove faccio un lavoro che non riesco a cambiare, dove non ho legami...mi abituo troppo presto ad una migliore qualità della vita...

Tanto tempo fa ho avuto tantissima voglia di andare via dalla mia casa e probabilmente se sapessi di doverci rimanere ripenserei le stesse cose. E quindi è giusto così.
Adesso invece quello che davvero mi manca è la voglia di tornare a Milano.
...disse quella che poi ci tornò, ritrovò tutti i suoi cinema, le mostre, gli eventi...ricominciò i ritmi di sempre, si lamentava tutti i giorni che era stanca, che si sentiva sola, che il suo lavoro non era affatto per lei. Ma poi alla fine la trovava sempre una cacchio di maniera di essere un po' felice pure lassù in quella strana città dove si dorme tanto male...
ma che in fondo non ti impedisce del tutto di sognare

sabato 24 ottobre 2015

Turista per il Caso


Le ferie sono belle sempre. Pure se devi solo tornartene a casa tua a passare tutto il tempo con la tuta o a visitare una città che in tua assenza si è resa irriconoscibile. Pablito non si è scordato di me e come era solito fare anche a Milano, quando mi vede scrivere sull'i pad salta in braccio. Anche in questo momento sto scrivendo sotto sua "dittatura".

Quello che veramente trovo utile dell'allontanarmi periodicamente da Milano è la distanza. Non quella fisica dal luogo in cui faccio tutte cose che ritengo sensate e spesso belle nella mia quotidianità un po' faticosa, ma che in fondo mi sono scelta io. Intendo la distanza dalle cose che non mi sembrano chiare, dalle persone che ho provato a comprendere, da certe forme di disagio da cui non riesco a spogliarmi. La distanza è utile e percepire le reali mancanze, il legame effettivo ed affettivo che si stabilisce con ciò che abbiamo deciso di includere nel nostro mondo emotivo.
Anche il ritorno spesso è chiarificatore. Pensavo che questa casa fosse il passato che non torna e invece è qui, con le mie cose, con la sua luce familiare, con i piatti buoni di mia madre. Pensavo che Milano fosse tutto ciò che mi rimane, che prima o poi avrei trovato legami solidi soltanto li, che li avrei avuto la piena realizzazione di me stessa. E invece è successo così tanto ma in realtà così poco che in fondo non saprei dire che storia sarei in grado di scrivere per questi ultimi anni.

Certe distanze hanno senso perché in realtà servono a riavvicinare. Altre solo perché confermano la lontananza che c'è stata sempre.
Ma forse tutto si tiene proprio grazie a questa strana altalena di partenze e ritorni, distanze e riavvicinamenti, passato e futuro, Napoli e Milano...tutto reso meno faticoso da un frecciarossa, un po' di ferie, il Vesuvio e via Mecenate.
E un gatto che mette lo zampino sulla tastiera che racconta i fatti miei 

giovedì 22 ottobre 2015

Eva, le mele, lo strudel

Oggi ho rivisto un film meraviglioso. Se un uomo avesse voglia di sapere cosa passi davvero per la testa di una donna, qualunque donna, dovrebbe vedere questo film. "Eva contro Eva" rientra tra  i miei film della vita, per l'aura di fascino che si porta dentro come film perfettamente holliwoodiano, per gli attori giganti che lo animano, per la sceneggiatura perfetta, per la trama solidissima, per l'analisi perfetta della psicologia femminile.

Mi pareva una scelta azzeccata, visto che pioveva forte, ci stava un tappeto grande grande a disposizione con una marea di cuscini in cui affondare, un micio predisposto all'ozio. Direi una fotografia molto poco originale di donna sola, pigra e malinconica. Non vedevo l'ora di incarnare esattamente questo ruolo e infatti è stato un pomeriggio perfetto.

Eva...la donna...il peccato...le mele...bastava dirlo che vuoi lo strudel. Mi mancano solo il burro e l'uvetta e così mi sono ricordata di quando mia madre mi mandava a fare la spesa alla coop che stava in piazza. Sono almeno vent'anni che non ci sta più. Compravo sempre i formaggini perché mi piaceva tanto scioglierli nel riso bollito. Poi un giorno sentii che facevano male perché contenevano i polifosfati. Non seppi mai cosa fossero, ma mi spaventai così tanto che da allora smisi di mangiare formaggini. Credo di poter far risalire a quell'episodio la età della coscienza: quella che coincide con la paura piuttosto che con l'accresciuta consapevolezza. Meno male che le mele non me le sono fatte mancare mai...
Ho sempre amato fare la spesa, le raccolte punti, le promoter, le campagne promozionali. Credo di essere un asso infallibile nel cogliere certe offerte. In realtà sono semplicemente una preda molto facile (mi basta saperlo per sentirmi ancora salva). Preparo la lista della spesa con lo stesso rigore di un trattato scientifico, direi che mi piacciono le liste in generale perché sono un modo per schematizzare tutto e rappresentano uno strumento facile per mettere ordine alla scala delle priorità. Ma forse mi piacciono tanto perché costituiscono un pretesto formidabile alla trasgressione.
Ora vado a fare la spesa. Ho una lunga lista pronta...pronta per diventare ancora più lunga.





mercoledì 21 ottobre 2015

Stare sempre. No, solo ogni tanto

Quattro giorni. Di assenza da Milano, dall'ufficio, da via Mecenate, dalle mie due stanze multicolor, dai miei giri compulsivi per il centro nel tentativo un po' infantile di perdermi il meno possibile di tutto quello che mi piacerebbe fare.

Quattro giorni qui a casa con un clima troppo poco clemente per invogliarmi ad uscire quanto avrei voluto. Ora sto per andare in provincia di Benevento perché i miei vogliono comprare non so bene quale tipo di specialità locali. E invece io me ne vorrei stare qua a casa, con la mia tuta, senza trucco, a terminare il libro che mi sono portata da Milano, con Pablito in braccio che mi dà le testate.

È strano, ma quando sono a Milano e ci sta il brutto tempo la mia voglia di uscire si fa ancora più forte, perché è angosciante rimanere da sola in una casa non accogliente quando fuori diventa tutto grigio. E così è automatico che metto i miei stivali per la pioggia e mi rifugio in centro.
Ma quando sono qui no. Se è brutto tempo mi basta starmene in casa in mezzo alle cose che mi piacciono a sbirciare tra oggetti lasciati tanto tempo fa, dimenticati e ritrovati come un ritrovamento archeologico. Mi basta persino guardare la televisione che ho preteso di non avere più, correre sul nuovo tapis roulant o guardare fuori dalla finestra.

Quando sto qua non ho nessuna smania. Forse perché sono sicura che si tratta di un tempo limitato, che poi me ne torno alle mie cose degli ultimi anni, quelle scoperte con l'entusiasmo di chi è uscito dal nido e scopre che fuori da protezione e comodità ci stanno un sacco di cose belle, seppure con i ritmi spesso stancanti che però mi tengono sempre desta e attiva. Forse è per questo che un po' mi dispiace perdermi tutto quello che adesso si sta facendo a Milano. Forse è per questo che appena sveglia vado a vedere che sta succedendo da quelle parti?
Non mi piace stare sempre stressata e non mi piace stare sempre rilassata.
Non mi piace stare sempre.


domenica 18 ottobre 2015

Cosa c'è sotto? La pressione

Non mi ricordo mai che certe cose vanno evitate come la peste. Che poi per me non cambia niente sapere o meno, visto che poco ci si può fare. Quando vengo giù a casa mia, una delle prime cose che il mio papà vuole che faccia al mio risveglio è misurarmi la pressione. Io lo so che c'è l'ho tanto bassa, tanto è vero che l'ultima volta che sono stata qui sono svenuta due volte e mi sono fatta molto male. Però poi in linea di massima me la cavo sempre e pure se ho spesso dei mancamenti, da allora non mi è più capitato di collassare. Stamattina avevo 59 - 97 ...che forse è proprio bassa davvero, però stavo bene e mi è parso eccessivo tutto l' allarmismo che ha generato quello strano aggeggino a cui mio padre crede come ad un oracolo. Lui si controlla costantemente, prende un sacco di medicine e passa la vita a studiare le sue analisi. Forse fa bene lui, ma se penso a quanto dispendio di tempo tutto questo monitorarsi comporti, davvero non saprei quanto il gioco valga la candela. Se ti senti bene...stai bene, e questo credo che sia sufficiente per non cercare di sapere altro. Lo so, lo so ... La profilassi è fondamentale...uff

Forse è per questo che mi ha fatto molto più piacere trovare nella mia piccola palestra domestica un tapis roulant nuovo di zecca e con un sacco di funzioni. Perché io soltanto dopo la corsa sto bene, perché la pressione incriminata aumenta, perché mi stanco tanto e quando mi riposo da quel tipo di fatica mi pare di rinascere, perché un pranzo calorico non mi pare più un peccato ma un premio dovuto.
Lo farei anche se non sapessi di avere la pressione così bassa, forse lo farei anche se qualcuno mi raccontasse che non mi fa così bene. Lo farei perché forse ho la presunzione di pensare che il mio corpo sappia meglio di me quello che è giusto per me.

È abbastanza rischioso quello che dico, lo so, ma non ci si può far molto per certe caratteristiche fisiologiche, innate, che rappresentano la natura che ci è data. Quindi piuttosto che contrastarle, bisogna conviverci e trovare un accordo.
Che tanto provare a saperne di più è inutile o controproducente
La penso così pure per certi soggetti psicologicamente molto fragili, che credono di guarire andando in analisi. E quasi sempre non ci riescono perché tutto quello che si può scoprire è il modo con cui mettersi di fronte alle proprie debolezze, guardarle meglio di prima...e tenersele. Perché nessuno fugge da quello che è. Credo che sia questo il vero merito di un percorso di analisi.

Io la pressione non me la voglio misurare più. Lo so già che sarà bassa per sempre, ma appena smetto di pensarci i valori sono esattamente quelli che devono essere. E che io sento di meritare







venerdì 16 ottobre 2015

E il treno va (traiettorie sconnesse di pensieri a caso)

Mancano un paio d'ore. Stanotte dormo nel mio lettone con le lenzuola tirate bene bene, come io non riesco mai ad ottenere..nelle rare volte in cui ritengo che rifare il letto sia una fatica meritevole.

Come mi rilassa viaggiare sul frecciarossa. Sono "costretta" a non fare niente per quattro fantastiche ore durante le quali sono stata connessa, ho letto una ventina di pagine di un libro bello, ho risposto a un questionario, mi sono appisolata e ho elaborato tutte le tensioni di una mattinata piena di antipatici imprevisti. Viaggiare ti risolve tutti i sensi di colpa dell'assenza di azione, aiuta a riflettere e a sdrammatizzare tutto quello che impone agitazione e decisionismo. Del resto sto andando da Milano a Napoli...mi devo predisporre...

Stavo leggendo un articolo sui soliti danni da connessione perenne sulla qualità dei rapporti. Ci sta un fotografo che ha rappresentato lo smembramento familiare con immagini al ristorante, al parco e ovunque ci si dovrebbe voler bene. Insisto, se si è distanti non è colpa di un elemento di distrazione, si è distanti perché neppure il vincolo familiare può essere sufficiente a consolidare legami profondi. Sono in treno, ho riflettuto con calma, non posso avere torto :)
Io sono una gelosa. Se chi sta con me non mi interessa, può parlare con me e/o stare sullo smartphone, continuerà a non interessarmi e a non offendermi. Ma se voglio che abbia occhi e cuore solo per me, quello dell'attenzione al telefono o a qualunque altra cosa è un indicatore utile a cui potrei essere molto grata per le mie valutazioni. La colpa, manco a dirlo, non è dello strumento ma della funzione d'uso che le viene attribuita.

Le ventenni di oggi sono bellissime. Mi costa ammetterlo essendo io del tutto fuori target, ma credo che la fascia d'età che oggi ha tra i venti e i trent'anni sia magnifica. Parlo soprattutto delle ragazze. Qualche giorno fa discutevo con un collega di cinque o sei anni più grande di me. Lui sostiene che forse è vero che sono più belli, ma pure più stupidi, meno concentrati, meno capaci di pensieri complessi e profondi. Io credo di no. Vivono in un mondo infinitamente più complesso del mio alla loro età, stanno implementando modalità differenti di approccio alle soluzioni dei problemi, sono più svegli e forse più intuitivi. Io li vedo così. Lui no. Chi lo sa chi c'ha preso di noi due. Chi lo sa se quando dice che sono insensibili e asettici pure nei sentimenti e nelle dinamiche sociali riesce davvero a cogliere la portata significativa del fenomeno. Mah, li aspetto alla mia età...che è poi la stessa di uno che adesso sta al governo...

Questo mese ho avuto molto spesso ospiti a casa. Mi piace da sempre l'idea della comune, delle porte aperte a tutti e della condivisione di tutto. Poi però quando se ne vanno e mi ritrovo di nuovo a dover rendere conto solo a me stessa mi pare una forma pura di libertà ritrovata e mi accorgo di quanto sia profondamente utopistica e ipocrita questa faccenda che l'uomo non sia nel profondo di se stesso un essere davvero libero proprio nella compiutezza della sua solitudine.
O di un grande amore






giovedì 15 ottobre 2015

Una terra è troppo. Due sono poche

È quasi un anno che non torno a casa. Di solito mi brucio le ferie facendomi i miei soliti viaggi in solitaria da cui ritorno tanto contenta. Stavolta invece me ne sto giù e voglio girarmi Napoli in lungo e in largo. Non ho ancora visto la metro di Toledo, hanno detto che è una delle più belle d'Europa. E poi voglio pure andare su uno di quegli autobus per turisti. Non ci sono mai stata e invece avrei dovuto visto che di Napoli in fondo conosco poco o nulla. A Milano fare la turista su uno di quei torpedoni a due piani è stata una delle primissime cose che ho fatto e forse non fu un caso che la prima cosa che mi colpì fu quella di trovarci sopra una milanesissima signora anziana che ci portava il suo nipotino (così si fa. Il senso di appartenenza si deve sviluppare da subito). quando ho cominciato a prenderci gusto, Milano è diventata un costante oggetto di esplorazione e scoperte. Perché è così, io sono sicura che in questo momento conosco infinitamente meglio Milano che Napoli e onestamente la cosa comincia a farmi un poco impressione. Credo che una delle mie colpe sia stata quella di pensare che quando in un posto ci vivi e ti pare familiare alla fine ti risulti scontato, non ti incuriosisca, oppure pensi che sia a disposizione per sempre e che certi posti si possa vederli in qualsiasi momento. È falso. Me ne sono andata dalla mia terra senza davvero conoscerla, senza capirla. Senza perdonarla.

Ieri sono stata in un posto qui a Milano in cui si è tenuta una discussione di due ore. Si cercava di capire quale fosse la migliore strategia elettorale di uno dei futuri sindaci. Io sono stata interpellata su una questione del genere. Io, che ho già votato una volta per il mio sindaco di Milano.  Io, che qui ci vivo da meno di sei anni. 

Domani torno a casa...no, questa è la mia casa...no, pure quella...allora, domani torno nella mia prima casa, quella in cui sono nata e nella quale ho provato a crescere. Quella in cui non ho mai avuto voglia di fare la turista e neppure la cittadina consapevole. Perché non ne avevo voglia? Ero immatura? Ero concentrata su altro? Non mi piaceva stare li? Perché Napoli non mi ha stimolato come Milano? Forse perché in fondo io vivevo in provincia e alla fine è vera la cosa che il paesino non è la città e la vita di provincia si porta dentro il limite dell'esclusione dal centro pulsante della metropoli?
Credo che sia mio dovere provare a capire. Magari dopo una frolla, o una bella passeggiata a via Caracciolo, per arrivare fino al fin troppo familiare Maschio Angioino nel quale ho passato tutti gli anni
 universitari. 

Domani torno giù. Sperando di ricordare dove ero rimasta



martedì 13 ottobre 2015

Come si cammina quando il tempo non ha più molto credito

Io lo dico che essere previdenti paga. Nessuno mi crede e invece torna sempre utile. Quando comincia il nuovo mese io accumulo sempre una marea di ore, in piccola parte si tratta di straordinario, in massima parte sono la mia personale banca del tempo a cui attingo per uscire molto presto dal lavoro durante la seconda parte del mese. certi miei colleghi fanno il contrario: vanno a debito di ore e se le recuperano dopo. Io non potrei mai e poi mai.credo che sia una prerogativa dei pessimisti quella di non indebitarsi mai.

Pure oggi me ne sono andata presto. Mi faceva tanto male la testa, dopo una mattinata in cui non ho trovato un secondo di pace e mi hanno addirittura affiancato due tirocinanti ( ma pensa te...). Come è strano il rapporto che instauri col tempo quando non ne sei completamente padrone!

Una volta sentii una cosa su una diva del passato che riguardava la sua biancheria intima. Lei diceva di spendere molto di più per quella che per i vestiti e diceva "nessuno lo sa, ma io si ed è per questo che cammino diversamente". Una cosa simile la sosteneva Visconti con i suoi film. Si dice che pretendesse che gli armadi delle scenografie fossero pieni di vestiti. Pure se poi restavano chiusi per tutte le inquadrature, perché altrimenti il pubblico se ne accorgeva.

Pensavo a queste cose senza un apparente motivo proprio mentre il mio mal di testa pulsante era lì a suggerirmi vagonate di oki a cui non ho voluto cedere. La testa mi fa male perché non ho dormito, perché oggi ho lavorato allo sportello senza mai fermarmi, perché stanno arrivando quelle temperature per cui io dovrei pensare a come espatriare fino al maggio prossimo.
I problemi si risolvono capendone la natura, non tamponandone gli effetti, pure se le tue ore di credito stanno finendo e tu sei costretto a usarle perché non ti senti bene, piuttosto che per camminare diversamente nel mondo.
Ma forse ho capito, dovrei solo smetterla di usare biancheria intima con i manga disegnati sopra


lunedì 12 ottobre 2015

Alla stazione (piccolo resoconto di un'attesa)

Sono in stazione centrale. Vengo dall'anteo dopo un rooad movie bello come gli " strawberry fileds", che raccontava cose sui Beatles, sull'utopia, sulla solitudine, su quanto può essere complicato crescere e quanto può diventarlo ancora di più sotto la dittatura franchista (...sotto qualunque dittatura).

Aspetto l'arrivo del babbo. Siccome detesto fare tardi per farci stare dentro tutto sono uscita tanto presto dall'ufficio, sono corsa al cinema (come se fosse obbligatorio andare a vedere un film il primo giorno che esce) e poi sono corsa qui. Che è un bel guaio perché ci sta un mega negozio di desigual e io quando ci entro mica ce la faccio a convincermi che non mi serve niente, che tengo cose da anni a cui manco ho ancora tolto la targhetta...ma è così bello tutto quello che vedo. Poi sono passata alla Feltrinelli. No qua non prendo niente, ho fatto l'ordine on line proprio ieri...

Come è bello stare seduta in stazione centrale. Questa di Milano tiene questa cosa che nella sua imponenza monumentale ci trovi totem pubblicitari giganteschi, cartellonistica multicolor, negozi simili ad acquari dove si vendono bottiglie di albume d'uovo o prodotti finanziari o prodotti tipici napoletani (???).

Devo aspettare ancora qualche minuto, chi lo sa quanta gente mi passerà ancora davanti. Mi piacciono quelli che sono in orario, che non sono obbligati a correre, che come me non pensano solo ad andare, ma pure a soffermarsi su tutto quello che un luogo tipicamente di transito come questo è capace di contenere e trattenere. Perché sono bravi tutti a venire in stazione solo per partire o solo per arrivare. Ci sta pure chi aspetta e intanto rimane ad osservare questo affascinante flusso di vita orientata verso degli infiniti altrove. Mi piace. Devo farlo più spesso.

Ora corro al binario, che sto facendo tardi per il treno di papà.

domenica 11 ottobre 2015

a ciascuno il suo "caos calmo"

C'ho messo un sacco di tempo. Poi alla fine ho deciso che è questa quella che mi fa sentire nel posto giusto. Da quando hanno fatto il parco vicino a casa, tutte le volte che ci sta il sole io me ne vengo qui e ci rimango almeno un'ora. Così ho fatto in tutta questa estate rovente e così faccio in questi giorni di sole capriccioso. E finalmente l'ho trovata. La panchina ideale è quella su cui sono ora, in un posto semi laterale, con una visuale ampia e bassa probabilità di seccature. Fino ad ora non mi è mai capitato di trovarla occupata, ma essendo io un'abitudinaria potrei risentirmene molto se accadesse. Ho bisogno di avere una prospettiva familiare se voglio stare bene e soprattutto devo garantirmi un punto di osservazione ottimale su quello che desta la mia curiosità. 

Da dove sto seduta io vedo due cose su cui amo soffermarmi: l'area destinata ai cani e quella destinata ai bambini, con le giostrine e le aree protette dedicate agli svaghi. È da un po di tempo che ci faccio caso, ma forse mi sbaglio.Tutte le volte che vedo qualcuno giocare col proprio cane ho la percezione esatta dell'amore incondizionato e gratuito. Ciascuno dei due è presente a se stesso e all'altro senza possibilità di equivoco. Mi piace moltissimo osservare questo scambio, un po' ne provo invidia e un po' temo che non sarei proprio capace di replicare simili alchimie.
 Nell'area bambini accadono cose diverse e per me in fondo questo è abbastanza strano. Di solito ci sono delle giovani mamme, tutte con lo smartphone, che raramente prestano attenzione ai giochi dei figli o se ne lasciano coinvolgere. Una volta una bambina insisteva nel chiamare la sua mamma dall'altalena per farle vedere come volava in altro, ma quella, quasi a farle dispetto, non sollevò mai gli occhi dal telefonino. Non mi piace osservare l'area bambini. Non mi piacciono le mamme che perdono troppo presto il gusto di esserci davvero per i propri figli. Non è obbligatorio avere figli. È obbligatorio amarli se poi li tieni.

E poi ci sta la zona laterale del parco, quella dove si mettono di solito i latinos e gli arabi, magari con un panino e una birra. Se ne stanno lì a dirsi cose loro, oppure trascorrono a telefono ore e ore. Oppure se  stanno zitti tutto il tempo senza fare niente. Come me.
Quest'estate ci stava pure uno che veniva verso le due, si sdraiava e dormiva. Si metteva sull'ultima panchina prima del limite che separa il parco dall'area agricola. Si è fatto nero nero, secondo me è andato a dire in giro che è stato in un posto figo per due mesi.

Per me questo parchetto sotto casa è una benedizione della domenica pomeriggio. Hai presente la domenica pomeriggio? Io sì, troppo. È quella prova titanica di resistenza disumana durante la quale qualunque cosa faccia o ovunque decida di andare io proverò una sensazione di oscuro non senso, di vuoto, di attesa, di confitto irrisolto tra la fine della festa e la predisposizione all'impegno.
...Certo...se avessi un cane sarebbe tutta un'altra cosa. 

venerdì 9 ottobre 2015

È quasi tutta colpa del calcare ( rimedi casalinghi contro l' infelicità di seconda scelta)

Ci stanno quelle due o tre mostruosità tipicamente metropolitane a cui non mi abituo proprio mai, pur nel loro sistematico e prevedibile verificarsi e nella loro tutto sommato comprensibile matrice di ragionevolezza. Niente, io ci faccio sempre caso e mi offendo, mi irrito, vorrei litigare forte.

Se sali sui mezzi pubblici a Milano trovi sempre quello che si volta indietro, ti guarda e poi appoggia la mano sulla tasca dove tiene il portafoglio per vedere se è ancora lì. Succede sempre e tutte le volte penso che certa irritazione dovrebbe trovare il giusto conforto, magari con un fulmine orientato bene sulla nuca del diffidente mostro metropolitano...

Ci stanno certi bar del centro che tengono i gelati Algida. Vorrei che tutti gli esercenti sapessero che l'algida mette dei prezzi precisi per i suoi gelati, prezzi che loro non hanno il diritto di gonfiare a piacimento sulla cartellonistica esposta. Il gelato Algida è un gelato democratico, rimane se stesso in qualunque posto decida di offrirsi. Certe forme barbariche speculative se le facesse Grom, che di buono teneva solo il gusto Meliga...

Uno ci prova a farla facile, a evitare quelle piccole impercettibili fratture quotidiane che avanzano in  progressione geometrica, così che a fine giornata ti ritrovi una zavorra di piccoli malanimi da stemperare. E decidi che te ne stai a casa e provare a rilassarti un poco. Ma ci sta il calcare sui rubinetti. Il calcare è insidioso, se non hai premura di evitarne la formazione quello sedimenta senza che tu te ne accorga. Prima rende tutto opaco, poi ostruisce l'intero rubinetto e fa passare un filino d'acqua a ricordarti che è una risorsa scarsa che non devi mai dare per scontata. Lui sedimenta in silenzio e tu credi che sia innocuo. E invece sta creando barriere (Sento di aver detto una cosa allegorica profonda, ma in realtà il problema calcare è faccenda che mi sta a cuore anche nel suo afinalistico realismo).

La verità è che provo molta invidia per le anime tormentate, quelle che sanno rendersi affascinanti proprio grazie ai loro dilemmi esistenziali, quelle che ti sembrano la reincarnazione di Nietzsche, che passano la vita a spaccare il capello su un rigo anonimo di una cosa di Hegel. E che si vede lontano un miglio che non hanno mai dovuto combattere col calcare. Io invece mi tormento per i fessi che trovo nelle metro, per il fax urgente che mi dice sempre occupato, per la macchina che passa sulla pozzanghera a tutta velocità col tempismo perfetto di chi riesce a prendermi in pieno, per la crostata che cade a terra sempre dal lato della crema...non sarò mai affascinante con questi tormenti qua, vanno evitati come la peste...

Ma come si diventa tormentati seri? Ora vado a protestare al comune. Gli dico che devono fare come in Inghilterra e dire alla gente di tenere i portafogli sempre sottocchio e non diffidare di chi ti sta vicino ( la differenza è sostanziale), che devono andare dai baristi a dire che i prezzi dei gelati algida sono fissi, pure a piazza Duomo.
E poi gli dico che l'acqua tiene troppo calcare. Ogni infelice è infelice a modo suo, ma col calcare la scelta si riduce di molto. Bisogna protestare. Più tormenti seri per tutti!!!



mercoledì 7 ottobre 2015

Orgoglio laico ( una storia di inconciliabilità senza rimedio)

Ci casca sempre. Nel posto dove lavoro condivido la stanza con altri due colleghi con i quali vado piuttosto d'accordo, essendo io per lo più una pacioccona che lavora parlando abbastanza poco, che sta quasi sempre con le cuffie per immaginare di essere altrove e che non si lamenta mai né del freddo né del caldo o della troppa luce o del buio. Io timbro sempre alle 7:30, loro sempre dopo le 9:00, grazie alla flessibilità oraria di cui disponiamo. Di solito parliamo un pochino all'inizio della giornata, con il collega maschio si discute della pensione che sogna ormai da un po' di tempo, della fatica di alzarsi prima, di cosa si è portato per il pranzo. Con la collega si parla dei progressi del suo bimbo, belle difficoltà a fargli piacere l'asilo...cose così. Poi mi metto le cuffie e mi alieno con le mie pratiche e vado avanti così...
Col collega aspirante pensionando ci stanno però argomenti caldi che non possiamo toccare, trovandoci irrimediabilmente agli antipodi. Lui è un cattolico appartenente ad una comunità bigotta e oscurantista, il cui leader ebbe a giustificare pubblicamente il femminicidio durante il family day ( ho postato il video a suo tempo. So di cosa parlo). E così quando ci confrontiamo su certi temi entrambi esprimiamo la nostra parte peggiore, io mostrando il mio disappunto per l'esistenza stessa della chiesa tutta e lui insistendo sulla inevitabilità di una istituzione del genere per la salvezza di tutta l'umanità. Oggi gli accenno sdegnata del prete che giustifica la pedofilia e lui dice che la chiesa è altro...io gli dico che questo non è un modo intelligente di confrontarsi, bisogna rimanere ancorati ai fatti altrimenti si parla solo di massimi sistemi e non si tiene conto delle conseguenze irrimediabili di episodi specifici. Ma lui non lo capisce. Io gli dico che il fenomeno è diffusissimo e gravissimo e taciuto per troppo tempo e lui blatera che non è vero e che vuole i dati.

Nel giutificare questi confronti incarogniti, nei momenti distesi mi dice che noi possiamo pensarla in maniera diversa ma questo non ci impedisce di essere amici lo stesso, che il dialogo rende superabili le incomprensioni. Quando mi dice queste cose a me viene in mente sempre, ma dico sempre, quel momento del film " Palombella rossa" quando quel democristiano va da Michele e gli dice " Michele,
 io sono contento che tu esisti. Tu sei contento che io esisto?" E lui dice:"No!"
Poi mi calmo canticchiando "Imagine". Poi mi arrabbio di nuovo pensando che il suddetto collega una volta disse che era una canzone ispirata al cristianesimo....non ne esco....mi rimetto le cuffie e mi estraneo come non posso più evitare di fare

martedì 6 ottobre 2015

Ne ho idea. E alle volte può anche bastare

E alla fine senti che certe fasi si concludono. Te lo sei detta altre volte, ma non ci credevi, era solo per convincertene. Ma poi arriva veramente quel momento in cui capisci che stavolta è proprio così. Oggi è arrivata una marea di tirocinanti, troppi per lo spazio ridotto dell'ufficio in cui lavoro, e vedere tutte queste persone nuove, come lo ero stata io non molti anni, fa mi ha dato il senso di un passaggio di testimone vero. Qualche tempo fa ne erano arrivati degli altri, ma era stato diverso. Quella volta partecipavo ancora di un certo entusiasmo. Adesso no. Proprio non mi riconosco più nell'euforia di un momento pur così fondamentale della vita. Avrei voluto chiedere loro quanto hanno davvero desiderato questo lavoro. Oppure se, come me e tantissimi altri, avevano solo voglia di un lavoro degno del termine.

Sarà che quest'anno sta passando più velocemente degli altri, che sono successe un sacco di cose ma nessuna di portata tale da prevalere su tutto il resto, sarà che finalmente ho capito proprio bene che ci sono cose per le quali non è il caso di  insistere o aspettare, che sarebbe il caso di coltivare interessi nuovi e conoscere altre persone, auspicabilmente non colleghi dell'ufficio. Oppure, come al solito la questione è molto più semplice, ed è più o meno quella che si avvicina alla situazione di questo istante: la radio accesa, l'i-pad, il fumetto nuovo e una vagonata di una roba scoperta da poco: una specie di  yogogelato inglese senza grassi che solo un angelo custode di prima classe può avermi aiutato a scovare.

La verità forse  è solo questa. Passo un sacco di tempo a rammaricarmi di non essere legata a nessuno, ma in realtà non lo desidero abbastanza da rinunciare all'assenza di tensioni e incomprensioni che spesso ha accompagnato la mia vita non solitaria. Ci pensavo proprio oggi che ci stava una notizia sul presunto valore costruttivo del litigio per la crescita e il benessere della coppia. Secondo me litigare è sempre una cosa brutta assai. Ci si dovrebbe lasciare al primo litigio perché già da quello è chiaro non si è abbastanza uniti da capirsi e convergere senza il filtro spurio della comunicazione verbale. Quando ci si ama prevalgono altri codici, se sono rimpiazzati dalla necessità di spiegarsi vuole dire che si è incompatibili.

Il litigio è antiestetico, debilitante. E toglie tempo agli abbracci. A dirla tutta comincio a tremare già da quando sento due che dicono: "noi abbiamo un bel dialogo". Di più squallido del litigio ci sta il bel dialogo come limatura delle reciproche differenze...chiedo venia, ma a me interessano soltanto le condizioni ideali, che di adattamenti nella vita ne devo già fare abbastanza. E la condizione ideale è amarsi senza limite da subito e per sempre,senza riadeguamenti da confronti continui. Io sono sicura che una cosa del genere esista, e non ha importanza quanto sia poco probabile riuscire a trovarla nel ridotto tempo di una vita intera.








lunedì 5 ottobre 2015

Sentirsi a posto

Oggi mi sono vestita senza pensarci. Non che sia una fashion addicted, ma di solito provo a soffermarmi almeno qualche minuto per tentare degli abbinamenti non improbabili. E poi mi piacciono molto le collane, certe tunichette "gotiche" in velluto pesante con cappucci a punta quantomeno arditi, e poi i manicotti...insomma un pochino ci gioco con l'abbigliamento e nonostante non mi avvicini mai, neppure lontanissimamente, ad uno stile sexy, mi illudo di essere ugualmente molto femminile e rassicurante.

Però oggi ero davvero stonata, ho messo un vecchio paio di leggings con degli aloni restituiti da un bucato sbagliato. Di solito li uso in casa per fare ginnastica. Poi ho messo degli anfibi con dei ricami laterali di cui non ho mai risolto quell'intima contraddizione tra la vigoria del carro armato e la tenue grazia del ricamino rosa. Poi ho messo un dolcevita nero e sopra una una T-Shirt oversize col collo a punta e una assurda fantasia a fiori...credo che non mi sono sentita così sciatta in vita mia dai tempi in cui mi vestii da piccola fiammiferaia in un lontanissimo carnevale.

Non lo so perché oggi mi sia concessa così poca attenzione. Non avevo fretta, potevo mettere altre cose, potevo con grande facilità vestirmi meglio e piacermi di più. Forse l'ho fatto apposta. Come facevo al liceo, quando ancora non mi truccavo e andavo a scuola quasi sempre con la tuta. Ero ossessionata dall'idea di non assecondare la schiavitù di "mascherarsi" con un aspetto artefatto per garantirmi l'accettazione sociale. Volevo essere considerata solo per quello che ero, e non per quanto riuscissi a mostrarmi carina. Le cose sono cambiate quando davvero ho desiderato di piacere a qualcuno. E allora il primo rossetto, le gonne, gli occhi truccati bene. Sì, credo che sia andata così: fino ad un certo punto non mi importava di piacere a nessuno e poi - come tutti - ho cercato gli strumenti più efficaci per trovare il consenso, indipendentemente da quanto la cosa mi convincesse. Però quella volta, dopo l'estate, quando ritornai in palestra e quel tipo, che mai si era mostrato interessato ai miei saltelli durante le lezioni di aerobica, mi disse "ma...sei tu? Ciao...no è che prima eri proprio diversa...". Di quell'apprezzamento fui felice, ma sentii pure una punta di amarezza di cui mi ricordo ancora di più. A sedici anni anni le punte di amarezza si incastrano meglio nella testa e nel cuore.

E oggi? Cosa c'entra non essere a posto quando ti approssimi ai quarant'anni e non hai nessuna battaglia adolescenziale da portare avanti? A questa età hai ormai fatto i conti col tuo stile, sai benissimo come ti devi truccare e di che colore portare i capelli. Lo devi a te stessa, ai colleghi, alle persone con cui hai a che fare.
Tutto vero. Chi lo sa, forse volevo davvero tornare a provare quel senso un po' dispettoso di liberazione da certe sovrastrutture estetiche, da chi ti considera una "proprio diversa" solo perché hai perso ore davanti a uno specchio o indossi una cosa elegante che quasi sempre è troppo scomoda. Però mi pare che oggi non abbia funzionato. Non solo perché nell'inquietudine dei miei sedici anni c'era tutto un mondo informe che ora per fortuna ha una sua struttura, per quanto fragile. Oggi mi sentivo proprio sciatta e non vedevo l'ora di tornarmene a casa mia e infilarmi nella mia tuta da camera, molto più in tema con l'ambiente, la mia solitudine domestica, il resto del mondo fuori e privo di ogni facoltà di giudizio. Forse è per questo che mi sono ricordata di una pubblicità molto divertente di qualche anno fa. Ci stava una che aveva scordato di fare la ceretta e cosi si era allontanata da Banderas, incontrato per caso al supermarket, per evitare che se ne accorgesse. Pare che lui si sia dato alle galline proprio per il trauma :)
E così ho pensato a quanto sia rischioso non provare ad essere costantemente una donna molto ben curata e tanto elegante, soprattutto quando non hai ancora incontrato l'uomo della tua vita. Femministe non me ne vogliate, io in realtà la penso come voi. Alla prova dei fatti, direi mi pare di tutta evidenza.


domenica 4 ottobre 2015

Le attività cardiache

Da quando mi sono operata al piede, agli inizi di Aprile, pur non avendo mai smesso di tentare di fare sport sono stata costretta ad abbandonare il mio cosiddetto "allenamento pesante", fatto di pesi e attività cardiaca intensiva. Non ho mai smesso di fare i cosiddetti sport di resistenza: camminare anche per ore intere - zoppicando e con le stampelle- e fare la cyclette. Mi ricordo che per un periodo ho avuto gli operai in casa e testardamente mi ero trovata un cantuccio in mezzo alla calce e agli attrezzi pur di non rinunciare. È una mia fissazione, come tutti i pigri ho paura di lasciarmi andare all'ozio e al riposo immeritati e così mi impongo delle forme di disciplina che raramente riescono a trovare scuse valide per essere aggirate.
Il vantaggio di tanta fatica è quello di non fare mai diete. Quelle proprio no.

Ieri però ho ripreso il mio "allenamento pesante". Lo faccio seguendo delle sessioni su dvd americani molto coinvolgenti e splendidamente strutturati. Ho predisposto lo spazio in casa e ho cominciato. Sono arrivata fino alla fine della sessione e ho creduto di morire. Dopo cinque mesi, una lezione che prima facevo con grande soddisfazione, ora mi ha tramortita...
Come ho detto non avevo mai davvero smesso di muovermi, ma impegnavo il cuore in modo molto meno intensivo, per cui una parte del mio corpo è rimasta a dormire mentre l'altra lavorava sull'apparato respiratorio, la circolazione, il ricambio cellulare, ma non incideva sulla forza muscolare. Questa cosa è abbastanza curiosa,e non a caso la penso penso proprio oggi che mi fa male da tutte le parti e ho un senso di stanchezza che non avrei provato se non avessi interrotto quel tipo di allenamento per così tanto tempo. Però devo farlo, perché sono bradicardica (si, il cuore mi batte poco), perché ho bisogno di tonificare i muscoli delle gambe, perché solo il lavoro aerobico assottiglia la struttura muscolare, perché dice che il cortisolo (mi accontento di sapere che è l'ormone che causa lo stress) se fai solo lavoro di resistenza alla fine aumenta troppo.

E così mi sono chiesta quante cose non cominciamo a fare solo perché non riteniamo di essere all'altezza del peso iniziale della sfida, perché in fondo chi te lo fa fare, perche non ce la posso fare o mi hanno detto che non ci sono portato, perché già sto facendo dell'altro che pure mi impegna abbastanza.
Però secondo me la questione è che bisogna non solo resistere, ma pure insistere. E per insistere bisogna che uno si faccia venire la forza giusta per segnare un passo nuovo.
La resistenza può rischiare di diventare sopportazione se non si ha la forza di sollevare il peso della continuità sempre uguale a se stessa. Niente come i muscoli che ti bruciano ti fanno capire quante potenzialità ci sono nel sacrificio volontario. E solo col dolore puoi sperare in un progresso. Nel momento di massimo sforzo questa cosa la capisci davvero benissimo. E niente come i trenta secondi successivi per la decompressione ti fanno capire quanto incanto ci sia dopo un impegno molto intenso.

Oggi mi fa male da tutte le parti. Se non mi lascio scoraggiare e continuo a seguire quella splendida donna tonica del dvd, sono sicura che pure io avrò abbastanza forza per sorridere sempre mentre sollevo pesi sempre maggiori. 

venerdì 2 ottobre 2015

Il posto dell'anima divisa in due

Questa domenica vado a sentire Bauman intervistato da Ezio Mauro. Per avere questa opportunità ho dovuto attendere la conferma del teatro presso cui si terrà l'evento e poi andare a ritirare i biglietti di invito. Si perché ho due biglietti. Faccio sempre così, tutte le volte che voglio andare da qualche parte, ed è richiesta una prenotazione, chiedo sempre due posti. Poi però mi ritrovo quasi sempre a disdire il secondo posto perché...evidentemente il proselitismo non è proprio il mio talento più spiccato...Oppure, tanto per stare in tema, la società è diventata talmente liquida che ogni tanto forse addirittura evapora. In realtà stavolta non ho neppure chiesto, comincio a rimanerci un po' male per i rifiuti e così sto imparando a smettere di chiedere. Mi fa pensare che un mancato rifiuto vale come accettato e quando sarò in quel teatro mi guarderò intorno, studierò i volti di quelli in lista d'attesa che hanno davvero desiderio di partecipare, mi avvicinerò a quello che ispirerà di più la mia voglia di rendere felice qualcuno e gli regalerò l'occasione che cercava.

Finalmente rivedo i cagnolini infagottati nei loro scintillanti impermeabilini e tutto pare normalizzato nel familiare grigiore di una città che comincia le vere prove per l'inverno. Come è strano accorgersi che alla fine ci si abitua piuttosto bene a certe atmosfere, a cicli che si ripropongono in un posto dove non sei né nato né cresciuto, ma in cui hai dovuto innestarti e adattarti, muovendo passi del tutto nuovi e che hai imparato da sola. A me tutto questo pare normale ormai e invece non è stato per nulla scontato.

 Tra due settimane torno giù in Campania per una quindicina di giorni. Lì i miei vivono in una casa davvero grande sulla quale nel 2008 avevano aggiunto un altro piano perché, nei loro disegni, sarebbe diventato il mio appartamento. Ho avuto giusto il tempo di arredarla. Poi mi hanno chiamato a lavorare. Ci vivo solo quando torno giù. Mi piace tanto quello spazio così familiare e allo stesso
tempo tanto sconosciuto e poco vissuto. All'epoca avevo curato ogni dettaglio, fatto mille tentativi per la disposizione giusta, posizionato a dovere ogni piccolo ninnolo, avevo persino ricavato uno spazio per una piccola palestra...
Che io sappia oggi mio padre trascorre lì dentro un sacco di tempo...e si vede, viste certe indebite aggiunte di quadri e improbabili cartine geografiche che mai avrei potuto autorizzare io...

Ma tant'è. Ormai sono anni che tento di stabilire un dialogo con questo bilocale milanese, volutamente troppo colorato, al quale voglio comunque tanto bene e dal quale farei davvero molta fatica a separarmi.
Eppure quel nido lì, giù in quel paesello chiamato Grumo Nevano, che mi accoglie solo qualche volta, che conserva tutta una parte della mia vita, che è stato costruito proprio sopra la casa da cui tutto è partito...persino io stessa...beh proprio quel nido lì è il posto da cui una parte della mia anima
 non si è voluta spostare mai.

E così ho pensato che quando torno a casa, in realtà è perché sento il bisogno quasi ancestrale di andare a trovare proprio quella parte di anima. Quella che si ostina a ripetermi che lei a Milano proprio non ci viene