Sola andata

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lunedì 18 marzo 2024

Caffè del trimestre

 Ho ripreso a bere caffè dopo circa venti giorni di totale astinenza. Periodicamente ho bisogno di questo tipo di epifania: ripulisco il corpo da ogni residuo di sostanze che mi aiutino a tenermi tonica e chiedo esclusivamente a me stessa di compensare ogni carenza.Per me non è una cosa semplice, soprattutto perché il cambio di stagione è già di per sé un periodo problematico per la mia lucidità compromessa e la pressione bassa. Eppure mi ostino a procurarmi queste periodiche finestre temporali di sacrificio e di privazione perché è così che continuo a concepire la gioia pura: massimizzare il piacere trovandolo in un semplicissimo caffè. A parole non si può tradurre la sensazione esatta dell’alzarsi dal letto, riempire d’acqua la tazza rossa per il mio nescafe gold, metterla nel microonde, sentire fino in fondo l’attesa di quei due minuti esattiche mi separano dal bollore e poi la dose ideale di polvere di caffè, il cucchiaino che gira assieme al piccolo vortice di schiuma che si genera dal contrasto con l’acqua calda. Io, che annuso il profumo che si sprigiona con l’effetto potenziato dei sensi in astinenza, acutissimi e più ricettivi che mai ad accogliere ogni molecola di aroma che si sprigiona. Ancora un po’ di attesa per la temperatura ideale e finalmente il piacere e la pace che si ritrovano uniti in quel primo sorso. Un banalissimo caffe’ che si trasforma in rito di iniziazione, il sottofondo dei programmi radio dell’alba del tutto ignari del fatto che in quella mattina mi stanno raccontando un risveglio completamente diverso dai precedenti venti.

Se dovessi immaginare una sensazione di pura gioia penserei a me in quell’ora di transizione tra la notte e le prime luci dell’alba che compio quelle azioni da maniaca ossessiva prima di assaporare il piacere assoluto. Se non vivessi da sola mi troverei costretta a dover spiegare a qualcuno tutto questo oppure, peggio ancora, a doverlo condividere. E invece a me piace pensarlo come un momento esclusivamente mio, senza spiegarlo e neppure bipartirlo. Lo troverei meno efficace. 

Ogni tanto mi capita di fare un po’ di pulizia detox anche dei miei contatti social. Non ci sono categorie “incriminate” precise, mi limito a notare le scarse interazioni sia tra amici che parenti e decido che non c’è motivo di far sapere fatti e pensieri miei a persone che mi osservano comodamente senza restituirmi nulla di loro, in termini di pensieri e presenza . Ho scoperto che alcuni di questi ci fanno caso e si offendono, vanno in giro a chiedere agli altri il perchè di questa esclusione e cominciano ad insultarmi per vie traverse. Devo ammettere che questa è una conseguenza che non avevo considerato e che però mi diverte e, stavolta, mi racconta moltissimo: mi suggerisce molte cose sui tratti delle persone che solo in apparenza mantengono le distanze ma che, di fatto, scrutano ogni tua mossa a volte per semplice curiosità, altre per giudicarti, altre ancora per avere strumenti più efficaci per ferirti. Adesso che lo so adotterò il taglio “social” con ancor più diletto e strategia.

 

mental coach più stabili sulla frontiera del “saper vivere” contemporaneo (qualsiasi cosa voglia dire quando si tratti di professionisti del settore di età compresa tra i 30 e i 50 anni…) dicono che il primo trimestre è il più importante di tutto l’anno, quello che stabilisce l’assetto definitivo e il corretto orientamento degli obiettivi. A loro dire, se sei stato ligio alla tua tabella di marcia in questi primi 90 giorni, è altamente probabile che tutto quello che ti sei prefissato di fare durante quest’anno lo otterrai. E io non lo so se sentirmi in ansia oppure in pace o, più probabilmente, rassegnataPotrei affermare di aver portato a termine tutto quello che mi ero promessa di fare, ma forse solo perchè ho in realtà scordato di dirmi cosa avrei voluto ottenere entro quest’anno e così adesso vivo con l’incubo di aver fatto tutti i compiti senza essermi iscritta a nessuna scuola presso cui ritirare ritirare il mio attestato di merito.


Ho ancora le mie ferie intatte e ormailuce e temperatura agevolano stati d’animo più lievi. La lista degli amici si fa più sottile ma più resistente e lotterò finche posso per tornare ciclicamente al primo caffè della vita che si rigenera a comando. Il primo trimestre sta per esaurire il suo mandato e io per ora non vedo errori

martedì 5 marzo 2024

“Sei da sposare”

 interno

 

Finalmente un po’ di tregua da una pioggia di cui non ricordo più l’inizio. Ho mal di testa e la vista un po’ appannata. Mi succede sempre quando decido di smettere per qualche giorno di bere caffè. A dire la verità non sono neppure sicura dei reali benefici derivanti da una simile rinuncia, ma lo faccio lo stesso perché so già che una volta superati i primi due giorni tutto passa e ho almeno l’impressione di aver superato una piccola prova di resistenza. Ogni tanto ho bisogno di piccole, inutili sfide di questo tipo per ricordare a me stessa che in fondo basta poco per alimentare l’autostima.


Ieri una persona a cui ho fatto un piccolo favore mi ha detto “sei da sposare”. Erano anni che non sentivo un’espressione simile. Non l’ho mai considerata un complimento, neppure quando mi sentivo meno fuori dai giochi di quanto mi senta oggi, non solo perché non mi sono mai immaginata sposata ma perché mi pare persino offensivo. Sei utile, quindi sei da sposare. Del resto se non ho mai sognato di farlo è perché in fondo credo che funzioni all’incirca così. Come per qualsiasi contratto a prestazioni corrispettive.


Ho cominciato l’anno considerandolo una specie di lunga transizione verso cambiamenti radicali che richiedono passi piccoli ma sicuri e inarrestabili e così sento questo tempo come una specie di grosso contenitore quasi vuoto o da svuotare, nel quale le persone, le cose e i ricordi inutilmente ingombranti sono le prime cosa a dover uscire. E così ho cominciato con frantumare i ricordi delle amiche d’infanzia che non mi invitavano a giocare con loro, a liberarmi della volgarità delle scarpe col tacco 12, degli uomini che ti cercano senza volerti davvero. Cose, persone, ricordi…tempo e spazio che si aggrovigliano in mezzo a tutto quel ciarpame e io che resto imbrigliata in mezzo a quelle cose senza riuscire a muovermi.


Ci sono giorni al lavoro in cui mi capita di non parlare con nessuno e di tornare a casa senza aver incrociato alcuno sguardo. E’ bello, mi mette molta calma poter vivere giornate senza dover interagire con anima viva, senza frasi di circostanza o conversazioni di cui non avevo previsto i contenuti. Uscire di casa e rientrare dopo un’intera giornata riuscendo ad evitare tutte le maschere possibili. Mi rilassa anche solo il pensiero. Forse il bello è che se voglio compagnia ancora mi riesca di trovarla, mai come frutto di una mancanza ma di reciproco piacere. Sì, forse non mi sono mai immaginata sposata perché ho sempre pensato che sia innaturale persino convivere tra consanguinei e che sia davvero tanto insensata la paura che hanno alcuni di star soli.

 Pare che tra qualche ora riprenderà a piovere e io rivedrò vecchi amici dopo molti anni. Ma intanto indosserò scarpe comode. E parlerò poco. Come una perfetta sposa senza marito