Sola andata

Sola andata

mercoledì 25 gennaio 2023

Non sei tu. È gennaio

 Dice che quando si scavalla la prima metà di gennaio, o meglio dopo il fatidico blue Monday, una certa tristezza si consolida dentro di noi e ci tiene compagnia fino alle prime luci consolatorie della primavera. Pare che sia un fatto puramente fisiologico: gli ormoni prendono atto della fallibilità dei nostri ottimi propositi, le ore di luce sono troppo poche per conservare livelli di serotonina (o qualcos’altro…boh…qua sparo nomi di ormoni a caso che tanto si dividono in buonissimi e cattivissimi soltanto. Non c’è spazio per ormoni moderati che ci infondono la saggezza e l’accettazione, con loro puoi solo stare malissimo o al settimo cielo) sufficienti a garantire uno stato d’animo propositivo e ottimista. E poi abbiamo alle spalle già troppi mesi di lavoro e di vacanze lontane (sia fatte che da venire). Insomma, un vero periodaccio, per giunta con la memoria troppo corta per ricordare le grandi utopie del primo dell’anno assieme a tutto il suo carico di magnifiche sorti di cui faceva da forziere. Ne siamo vittime un po’ tutti, pure io, che non festeggio mai niente, non mi aspetto miraggi, sorprese, svolte epocali dettate dalla sorte e dall’ambizione di ogni nuovo inizio. Anche io sono vittima di questa specie di respiro corto, fatto di stanchezza per il già troppo che è stato fatto, dei risultati mai veramente all’altezza delle previsioni e pure di quello che ancora ci viene richiesto e che, noi stessi, chiediamo a noi stessi. Una specie di piccola truffa temporale col peso specifico di un intero pianeta che ci carichiamo come dei piccoli Atlante rachitici. E la notiziona è che non essere degli ottimisti ostinati potrebbe non essere d’aiuto per sopportare tutto questo carico stratificato di sconfitte.

Ogni tanto penso a questa cosa, sì a questo fatto che io vedo nero più spesso dell’arrivo di qualcosa di meglio e mi dico che in fondo è molto onesto da parte mia ritenere di non voler perpetuare forme di inesorabile tristezza in un mondo che, mi pare evidente, non vorrebbe altro che liberarsi di noi e della nostra inettitudine a meritare la parte di meraviglia che custodisce. Poi però cerco di essere meno sbrigativa e mi chiedo chi me lo faccia fare, allora, di starmene ancora qui, meglio che posso, allenandomi, mangiando cose sane, truccandomi, ascoltando musica e guardando film. Se fossi una pessimista professionista mi lascerei andare, penserei che sia tutto falso, inutile, gretto, volgare. E invece salvo ancora tante cose. Forse non è abbastanza, però tutto quello che mi piace per me rappresenta una forma pura di godimento per ognuna delle mie strane giornate. 


Ammetto che in questi ultimi anni l’unico vero cambiamento che mi sono imposta è una certa anestesia dei sentimenti: non voglio più cercare o trovare qualcuno da amare. Non voglio vivere in coppia. E questo ha comportato frequentare sempre meno unitamente ad un crescente isolamento a cui mi sono prima abituata e poi affezionata in modo irreversibile. Tutto il resto è uguale a sempre: provare a coltivare interessi e passioni, essere d’aiuto a qualcuno se necessario, conservare il controllo del quotidiano senza gravare su nessuno. A volte penso addirittura che la pretesa di una felicità che dipenda da talenti che in realtà non possediamo sia una grave forma di arroganza. Credo che bisognerebbe essere capaci, quando ce ne rendiamo conto, che non necessariamente ne siamo tutti destinati o meritevoli e che alcuni di noi (non saprei dire quanti) stiamo al mondo semplicemente per esprimere pienamente noi stessi. Questo sì che ce lo dobbiamo: una sorta di passaggio di testimone da quella materia grezza che siamo stati, come esseri ingenui e privi di consapevolezza, a quella forma definita e compiuta che ci siamo costruiti per meritarci il passaggio, per giunta non richiesto, su questa terra.


Chi lo sa come è fatta la testa di chi crede che in fondo ne valga così tanto la pena che sarebbe bello vivere per sempre e, in mancanza, lasciare traccia con una prole numerosa e capace di migliorare ogni cosa? Chi lo sa cosa significhi andare oltre un buon primo piatto con ottimi ingredienti, una sessione di allenamento in cui siamo riusciti a dare tutto, una vincita inaspettata, un trenta e lode…io mica lo so dire cosa ci sia oltre certi piccoli, insignificanti e passeggeri piaceri, per pensare che ne valga davvero la pena? Chi lo sa davvero cosa intende chi dice che domani andrà meglio?


Quello che so di questo primo mese di questo anno ancora sconosciuto, fatto di speranze e di ormoni ballerini, è che ho sempre rifatto il letto come si deve, immaginando già l’accoglienza serale per un corpo stanchissimo, comprato solo cibo biologico, fatto tre sessioni incrementali di plank ogni mattina prima di ogni allenamento e pedalato fino allo sfinimento. E poi so che sono venuta sempre al lavoro a piedi ascoltando per tutto il tempo un audiolibro che mi ha commosso fino alle lacrime e che da dieci giorni il bambino orrendo che abita sopra è assentee il silenzio domestico è perfetto.


Come pessimista non me la passo ancora troppo male. Nulla chiedo di più, non a quest’anno, ma alla mia vita intera

venerdì 13 gennaio 2023

I venerdì 13 di una vita

 Mi piace un sacco quando si realizza la combo venerdì 13. Forse perché pure quando sono nata era così e perché sia il venerdì che il numero 13 sono concetti che nella mia testa evocano sollievo e buona sorte. Insomma un buonumore basato sul nulla perché dettato da fattori in nessun modo correlati a vantaggi reali o scientificamente dimostrabili, la qual cosa - a ben pensarci - non è mica da sottovalutare perché suggerisce l’idea che l’autosuggestione sia complice di gran parte della nostra decisione a stare lontani dalla negatività e dalla scontentezza. Tredici sono pure gli anni in cui vivo a Milano e da quando occupo il mio attuale lavoro. E 13 è la data in cui festeggio l’onomastico. Nulla di chissà quale significato, però c’è qualcosa di rassicurante nel voler leggere nel gioco ripetuto di certe ricorrenze un qualche segnale evidente inciso nel mio destino. Chissà, fatto sta che se qualcuno mi chiedesse un numero da estrarre a sorte tra diversi premi in palio io senza pensarci urlerei con decisione il 13. Il premio (o la delusione) assegnata sarebbe senz’altro ciò che mi toccava in sorte per statuto esistenziale.

Una delle poche introduzioni di novità nel mio quotidiano di quest’anno è l’esprienza della visual radio di un canale che ascolto abitualmente come radio due. Pare poco, eppure per chi come me è malato di radio questa integrazione nella fruizione radiofonica è motivo di riflessione non banale, perché “ascoltare” la radio “vedendola” non è esattamente dire che la radio sia diventata tv. E’ una cosa diversa: per me significa portare me stessa nella radio. Che è proprio un’altra cosa e mi piace moltissimo proprio perché anche in tv, la radio rimane tale proprio perché dominano tutte le regole della radiofonìa di cui la tv si fa solo supporto rispettoso senza imporre alcuna regia propria. Esperimento davvero felice e molto interessante, che mi racconta molto della gerarchia effettiva dei sistemi di comunicazione non necessariamente legati alla cronologia della loro epica ma a parametri altri legati alla capacità intrinseca di perpetuarsi proprio in quanto immutabili fin dal principio.  


Ogni tanto faccio una cosa che mi procura un misto di sensazioni contraddittorie che vanno dal compiacimento un po’ vanesio al pudore imbarazzato: credo sia normale in fondo, quando si decide di scrivere un diario personale rendendolo pubblico. La cosa che faccio è questa: vado a vedere le statistiche dei pochi, ma per me preziosi, lettori e poi controllo i post che scelgono di leggere. A volte succede che tra questi ci siano persino quelli del 2015, quando io stessa ero veramente tutt’altra persona da oggi. E allora vado a rileggerli pure io e mi catapulto in quel tempo lontanissimo, fatto di sensazioni che ormai non provo più, di esperienze di cui credevo di non avere più memoria, di stati d’animo per i quali oggi non posso che sorridere come una vecchia zia che sorride sotto occhiali molto spessi. Ma la cosa che mi colpisce di più sono le sottotracce: tutto quello che restava taciuto dietro gli avvenimenti che raccontavo con apparentemente inutile dovizia di particolari, le riflessioni del tempo e che trovavano la loro espressione in frasi e parole diverse, negli eventi che lambivano cose successe senza farle uscire pienamente allo scoperto. A pensarci bene anche questa è una maniera di preservare un ricordo: scrivere di tutto quello che c’è intorno quasi a proteggerne il valore senza necessariamente esibirlo del tutto. E mi sono chiesta cosa possa aver pensato chi si è limitato a leggere quel contorno senza poter davvero conoscere tutto il resto. Forse ha trovato la maniera di trovare anche lui il proprio centro, un ricordo tutto suo legato alla stessa maniera di tenerlo custodito sotto le cose che si possono dire senza troppa vergogna. Chi lo sa quanto è davvero complice il lettore sconosciuto che sceglie di incrociare quello che ormai non siamo più…


Sono sei mesi che faccio una doccia gelata tutte le mattine

Sono 23 giorni che faccio tre serie di plank prima di allenarmi

E’ un mese che ho smesso di volere alcune cose e che le ho sostituite con tutt’altro


Spero di leggere questo post tra cinque anni e di ricordare cosa volessi dire davvero. E poi di poter pensare che neppure allora (ora!) fossi poi così male. 


Questi primi 13 giorni di gennaio sono stati belli

martedì 3 gennaio 2023

Cosi, giusto per “principio”

 Hey Tu! Allora?

Allora cosa? Ah, vuoi sapere come mi trovo in questo reset temporale nel quale sento solo parlare di obiettivi, aspirazioni, immancabili propositi che durano il tempo che meritano, facendosi beffa dei poveri super motivati della prima ora, che pensano che basti una data canonica per trovare forza e metodo per ottenere i risultati? No, ho smesso di cadere in certe trappole da molto tempo ormai. Io voglio solo continuare ad avere voglia di fare quello che faccio da sempre. Non mi interessano più i risultati. A me sta a cuore la disciplina in se stessa, il non tradire un impegno preso a tempo indeterminato. E’ per questo che ho perdonato pure un anno fesso come il 2022: non mi ha impedito di continuare ad essere quello che voglio essere davvero. 
Però gli altri anni ti interessava focalizzarti anche su altre cose. Speravi ancora di innamorarti di qualcuno che non ti cercasse solo per: dimenticare un amore precedente, trovarti semplicemente libera e piacente per soddisfare bisogni che non erano anche tuoi, mettere in pratica il suo narcisismo, sistemarsi con una persona che non facesse troppe richieste e fosse economicamente autonoma…insomma lontano da campioni di tal fatta. Hai smesso di sperare in questo?
Certo che ho smesso. Mi pare più che sensato ormai. Ho una certa età, non ho più voglia di uscire e conoscere gente nuova, non mi piacciono le famiglie e non sono mai stata interessata a formarne una, non ho mai neppure vagamente prospettato l’ipotesi di circondarmi di bambini, non ho più nessuna intenzione di mediare barattando la mia volontà con i bisogni di qualcun altro… Ma questo già lo sai da tanto tempo. Te lo ripeto ad intervalli regolari ormai.
Sì, però, dai…lo sai cosa intendo. Sei stata sempre così romantica, ai limiti del ridicolo direi, quando ti ho scoperta innamorata folle di uno di quei catorci che ti sono piaciuti fino a poco tempo fa
E’ vero. Una cretina integrale in effetti. Boh, forse la verità è sempre quella: non mi interessano le famiglie ma mi piace moltissimo l’idea della coppia. Ho passato gli anni più intensi della mia vita emotiva a sognare l’incontro per la coppia perfetta, quella che basta a se stessa, alla qualità del tempo condiviso, unita da una visione del mondo e da una sensibilità affine. Solo questo ho davvero, profondamente desiderato nella vita. Due che non hanno bisogno di fare progetti, ma che sono essi stessi la realizzazione piena di un progetto precedente al loro incontro
Ehhh, ma che esagerazione…
Sì, lo so. Me ne rendo conto. Ma io questo volevo. E infatti non l’ho trovato
Perché non provi ad immaginare di desiderare anche dell’altro
No
Ah, ok…e ti sta bene?
Sì. Di questi tempi un po’ amari, sospesi tra il bisogno di tornare a ritrovarsi e recuperare il tempo perduto ad imporsi distanziamenti a vari livelli e l’emergere di un individualismo che forse fa meno paura di un tempo, quello che io ho davvero imparato è stato assaporare una forma, in parte inedita ma in fondo gioiosa, di individualismo nel quale mi sono divertita a tarare i ritmi un po’ sfasati delle mie giornate. Mi piace non soffrire più per amori inutili e sostituire il tempo delle lacrime e dei languori con quello dedicato alle cose nuove in cui cimentarmi e da approfondire più che posso. Ho capito che sarò davvero soddisfatta della mia vita quanto più fuggirò dalla superficialità. E poi ho capito che non mi spaventa più l’accettazione, la serena presa d’atto che i miei tentativi passati erano un mero accanimento a cercare ciò che non sarebbe mai stato mio. Non bisogna mai forzare gli eventi: quello è un segnale chiaro che dobbiamo passare oltre. 
E stai davvero meglio?
Sì. Ogni forma di nuova consapevolezza significa stare meglio, pure mentre fai i conti col disincanto
E se dovessi incontrare qualcuno proprio come lo sognavi fino a qualche anno fa?
Oh, non accadrà stai tranquilla. Adesso lo so. Non mi freghi più
Allora ti auguro di avere ragione…per quanto non sia soltanto lei a regolare tutto. Di questo mi darai atto
Lo so. Ma la pazzia è un lusso che non posso più permettermi. Tra le due mi tengo la ragione. Mi offre più garanzie
Buon 2023
Grazie anche a te