giovedì 6 febbraio 2025

Finte luci d’inverno. Di veri motivi di gioia

 Oggi c’è un sole pazzesco qui a Milano. Sono uscita in pausa pranzo con la precisa intenzione di assorbire più luce e calore possibili e illudermi così che fosse una breve interruzione anche per un inverno, in fondo piuttosto mite, ma pur sempre grigio e per me da sempre portatore sano di carichi aggiunti di fatica e cattivi pensieri. Tra un paio di settimane farò un viaggio che sognavo da tempo. È un posto un po' lontano e con diverse tappe. Speriamo bene.

Quando mi capita di camminare in zone molto silenziose e poco frequentate faccio strane connessioni tra quello che mi ritrovo ad osservare e le cose che mi passano per la testa quando mi riproietto nel passato. Oggi ho ripensato a quando abitavo a Suzzara (ormai 16 anni fa) e mi pareva che mi sarebbe piaciuto restarci per sempre pur essendo una cittadina piccola e nella quale non succedeva quasi niente. Avevo conosciuto un prof di filosofia che organizzava un cineforum che prevedeva la scelta di film anticipata da dibattito e lettura del corrispondente libro da cui era tratto. Diventammo amici e tanti furono anche i pomeriggi di lunghe camminate e racconti che ci videro assieme in quei gelidi sei mesi nella bassa padana. Quando sono partita non c’è stato modo di restare in contatto (colpa mia, non sono brava in certe cose) eppure lui, dopo otto anni, mi ricontattò per dirmi che si era gravemente ammalato e che io ero tra le cose care che voleva conservare di quegli ultimi scampoli di vita. Ora non c’è più e quando penso a lui sento addosso la spiacevole sensazione di non essergli stata abbastanza grata per l’affetto davvero troppo grande che mi aveva concesso durante quei pochi mesi di reciproca compagnia. Ma ho imparato a fare più attenzione al valore di certi gesti.


Da quest’anno faccio smart working anche io. Non me lo sono concesso prima perché avevo il timore di rompere una routine e quindi la certezza dei passaggi per fare tutto quello che devo. E a me questo spaventava moltissimo. E così, proprio per questa ragione, ho pensato che fosse doveroso rimodulare il mio quotidiano in nome di una minore rigidità nelle abitudini e nell’approccio alle giornate in generale. Essere flessibili può essere un facilitatore dell’esistenza e io devo cominciare a capire che non c’è colpa in questo e approfittarne prima o poi.


C’è il sole ma è ancora inverno. E io d’inverno vorrei solo mettermi in stand by in attesa di periodi nei quali mi sento come con i vestiti comodi. L’inverno è pieno di cuciture che mi segnano la pelle e per quanto mi copra c’è sempre una parte di me (le mani, il collo, la testa) che ha più freddo del resto del corpo. Non c’è armonia di sensazioni. C’è qualcosa che rimane inconsolabile. L’inverno è stonato per definizione. Lo so che questo può capitare anche alle altre stagioni per altri motivi. Ma io ho un problema con questa fase dell’anno che parte dalla carenza di vitamina D, si estende alle colpe del passato per arrivare dritta ai geloni alle mani. E quando tutto questo passa è già troppo tardi. I segni restano addosso per sempre, pure quando l’abbronzatura estiva li copre e il caldo mi distrae dai loro effetti o la luce mi ricorda che non esiste solo il grigio. Eppure io ho bisogno dell’inganno delle altre stagioni per riprendermi dalle crude verità dell’inverno. Ma anche una giornata di finta estate come quella di oggi, alla fine, non mi pare mica un regalo da poco  

Finte luci d’inverno. Di veri motivi di gioia

  Oggi c’è un sole pazzesco qui a  M ilano. Sono uscita in pausa pranzo  con la precisa intenzione di assorbire più luce e calore possibili ...