Sola andata

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venerdì 13 gennaio 2023

I venerdì 13 di una vita

 Mi piace un sacco quando si realizza la combo venerdì 13. Forse perché pure quando sono nata era così e perché sia il venerdì che il numero 13 sono concetti che nella mia testa evocano sollievo e buona sorte. Insomma un buonumore basato sul nulla perché dettato da fattori in nessun modo correlati a vantaggi reali o scientificamente dimostrabili, la qual cosa - a ben pensarci - non è mica da sottovalutare perché suggerisce l’idea che l’autosuggestione sia complice di gran parte della nostra decisione a stare lontani dalla negatività e dalla scontentezza. Tredici sono pure gli anni in cui vivo a Milano e da quando occupo il mio attuale lavoro. E 13 è la data in cui festeggio l’onomastico. Nulla di chissà quale significato, però c’è qualcosa di rassicurante nel voler leggere nel gioco ripetuto di certe ricorrenze un qualche segnale evidente inciso nel mio destino. Chissà, fatto sta che se qualcuno mi chiedesse un numero da estrarre a sorte tra diversi premi in palio io senza pensarci urlerei con decisione il 13. Il premio (o la delusione) assegnata sarebbe senz’altro ciò che mi toccava in sorte per statuto esistenziale.

Una delle poche introduzioni di novità nel mio quotidiano di quest’anno è l’esprienza della visual radio di un canale che ascolto abitualmente come radio due. Pare poco, eppure per chi come me è malato di radio questa integrazione nella fruizione radiofonica è motivo di riflessione non banale, perché “ascoltare” la radio “vedendola” non è esattamente dire che la radio sia diventata tv. E’ una cosa diversa: per me significa portare me stessa nella radio. Che è proprio un’altra cosa e mi piace moltissimo proprio perché anche in tv, la radio rimane tale proprio perché dominano tutte le regole della radiofonìa di cui la tv si fa solo supporto rispettoso senza imporre alcuna regia propria. Esperimento davvero felice e molto interessante, che mi racconta molto della gerarchia effettiva dei sistemi di comunicazione non necessariamente legati alla cronologia della loro epica ma a parametri altri legati alla capacità intrinseca di perpetuarsi proprio in quanto immutabili fin dal principio.  


Ogni tanto faccio una cosa che mi procura un misto di sensazioni contraddittorie che vanno dal compiacimento un po’ vanesio al pudore imbarazzato: credo sia normale in fondo, quando si decide di scrivere un diario personale rendendolo pubblico. La cosa che faccio è questa: vado a vedere le statistiche dei pochi, ma per me preziosi, lettori e poi controllo i post che scelgono di leggere. A volte succede che tra questi ci siano persino quelli del 2015, quando io stessa ero veramente tutt’altra persona da oggi. E allora vado a rileggerli pure io e mi catapulto in quel tempo lontanissimo, fatto di sensazioni che ormai non provo più, di esperienze di cui credevo di non avere più memoria, di stati d’animo per i quali oggi non posso che sorridere come una vecchia zia che sorride sotto occhiali molto spessi. Ma la cosa che mi colpisce di più sono le sottotracce: tutto quello che restava taciuto dietro gli avvenimenti che raccontavo con apparentemente inutile dovizia di particolari, le riflessioni del tempo e che trovavano la loro espressione in frasi e parole diverse, negli eventi che lambivano cose successe senza farle uscire pienamente allo scoperto. A pensarci bene anche questa è una maniera di preservare un ricordo: scrivere di tutto quello che c’è intorno quasi a proteggerne il valore senza necessariamente esibirlo del tutto. E mi sono chiesta cosa possa aver pensato chi si è limitato a leggere quel contorno senza poter davvero conoscere tutto il resto. Forse ha trovato la maniera di trovare anche lui il proprio centro, un ricordo tutto suo legato alla stessa maniera di tenerlo custodito sotto le cose che si possono dire senza troppa vergogna. Chi lo sa quanto è davvero complice il lettore sconosciuto che sceglie di incrociare quello che ormai non siamo più…


Sono sei mesi che faccio una doccia gelata tutte le mattine

Sono 23 giorni che faccio tre serie di plank prima di allenarmi

E’ un mese che ho smesso di volere alcune cose e che le ho sostituite con tutt’altro


Spero di leggere questo post tra cinque anni e di ricordare cosa volessi dire davvero. E poi di poter pensare che neppure allora (ora!) fossi poi così male. 


Questi primi 13 giorni di gennaio sono stati belli

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