Sola andata

Sola andata

martedì 14 maggio 2024

Strada facendo

 Ancora non albeggiava, però la temperatura era ideale. Caffè preso, letto rifatto, pranzo per l’ufficio pronto. Non sono riuscita a trovare neppure una scusa per non andare: un’ora di corsa all’aperto, in silenzio, senza spingere troppo, in mezzo alla natura, a pensare. E così ho fatto: quindici minuti di pesi, un po’ di riscaldamento e via. Di solito non mi capita di pensare a niente di speciale mentre corro, perché sono quasi per tutto il tempo concentrata a combattere con la fatica e a cadenzare il respiro. Oggi però mi è riuscito di coordinare bene il passo con il ritmo cardiaco e respiratorio e così ho provato a vivere un’esperienza anche meditativa. Mi sono accorta che è un sacco di tempo che non ho voglia di scrivere niente, né della mia vita né di quello che ho visto al cinema o sentito ai miei corsi. La vita scorre senza il bisogno di essere descritta, raccontata, decodificata attraverso l’unico strumento che conosca per provare ad unire i punti necessari a comporre una figura comprensibile con i miei passi random. Forse non è una cosa tanto brutta: se non scrivo è anche perché non sto soffrendo per qualcosa, che non ci sono lati oscuri del mio mondo interiore che confliggono con lo spazio che occupo e nel quali sono costretta a muovermi, spesso mio malgrado. Mentre correvo ho provato a riprendere il filo di quest’ultimo periodo che in fondo ritrova proprio nella calma la fonte della sua felicità. Ho pensato a quanto sia prezioso un cuore libero, non logorato da sentimenti passeggeri, deboli, distorti. Credo di essere stata innamorata per ogni istante della fase iniziale della mia vita fino a qualche anno fa. Poi, in un solo, fulgido istante, mi è stato tutto chiaro. Meravigliosamente chiaro: non ho mai capito l’amore e neppure l’ho mai davvero cercato per via di una convinzione più radicata della mia stessa volontà di smentirla. Per me l’amore esiste, eccome se esiste, ma è talmente raro che se davvero avessimo contezza di quanto piccola sia la sua probabilità di effettiva manifestazione per ciascuno di noi perderemmo pure la voglia di immaginarlo e augurarcelo. Ad un tratto mi è stato chiaro che il mio tempo e la mia pace meritavano scopi differenti. Se l’avessi capito prima adesso forse sarei meno indaffarata con la ricostruzione della mia autostima.

Cosa mi piace fare più di tutto? La tentazione di rispondere niente sarebbe fortissima. Nel fare nulla c’è per me tutta la gamma possibile degli stati di grazia: quello che si prova dopo una fatica, mentre si guarda un bel film direttamente dal letto, mentre ci si fa fare un massaggio, in riva al mare nei primi giorni di ferie, in aereo o in treno per un viaggio lungo. Fare nulla è il valore esatto di quello che sarei disposta a pagare ciò che credo di meritare. Pensavo a questo mentre correvo senza troppa fatica, ma sempre con l’intento di continuare ancora per molto, e ad un certo punto mi è tornato in mente quanto mi rilassi cucinare, cosa ha significato la scoperta dello yoga così in ritardo e quanto sia ossessionata da alcune posizioni ancora troppo difficili. Ho pensato ai miei silenzi prolungati e ai vecchi film che sto recuperando con calma perché le serie tv hanno malauguratamente preso il sopravvento nel mio tempo sempre troppo ridotto (detective Monk è una serie adorabile che non avevo mai intercettato. Le ossessioni maniaco-compulsive di Monk sono diventate anche tutte le mie). Ho pensato a quanto ami il venerdì pomeriggio ma che in realtà dovrei riuscire a pensare ad ogni istante della mia vita come ad un unico e continuo venerdì pomeriggio. E’ in questo flusso di coscienza, confluito nel sacro valore dell’armoniosa staticità, che ho portato a termine la mia lunga corsa all’aperto. Dieci km in scioltezza, una bella sudata, il cuore attivo ma senza affanno. Come tutto il resto. Che pace

Cosa mi invece piacerebbe fare più di tutto? Forse soltanto conservare questo stato d’animo, in fondo così insolito nell’economia della mia intera esistenza fino ad oggi, con l’aggiunta di qualcosa di veramente indimenticabile da raccontare. In mancanza, va bene anche così

1 commento:

  1. Credo che convincersi, bastarsi, sia comunque buona cosa. A patto di essere coscienti di muoversi in precarietà, se non proprio in ricerca, in attesa di.
    Come ribadisci: "In mancanza, va bene anche così"

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