Sola andata

Sola andata

venerdì 19 luglio 2024

Milano summer edition

 E’ una cosa che d’estate mi piace sempre fare. Appena sono al mare metto nelle stories una foto in cui sono in costume che risulta essere sempre la foto di gran lunga più vista di tutte le altre, come cibo, panorami, primi piani…La stragrande maggioranza delle visualizzazioni proviene da donne che (sono sicura) vogliono capire quanto sia o meno in forma e quanti buchi di cellulite riescono a contarmi sulle gambe. Il divario numerico rispetto a tutte le altre cose che metto non smentisce mai un mio assunto secondo cui alla fine la curiosità altrui si limita più o meno a questo. Amen. Ho impiegato una vita per accettarmi fino a piacermi e ad amare quello che il mio corpo è ancora capace di farmi fare. Non sarà certo lo sguardo intrusivo che io stesso contribuisco ad orientare a condizionarmi. Forse mi diverte ancora di più sapere che ci sono colleghe, di cui a stento ricordo il nome, che leggono questo blog, fanno gli screenshot e li portano in giro tra le stanze dell’ufficio lanciandosi in improbabili esegesi del testo. Credersi furbi senza esserlo è una potentissima fonte di ispirazione per chi, come la sottoscritta, osserva senza pronunciarsi.

Estate a Milano significa ufficio quasi vuoto, strade desertiche e autobus con i posti a sedere. E’ attraversare la città che ormai è quasi tutta un cantiere a cielo aperto: stanno abbattendo ovunque palazzi di archeologia industriale o fatiscenti su cui nasceranno condomini nuovi e con una concezione dell’abitare totalmente diversa. E’ straniante assistere alla rapidità con cui, ancora una volta, questa città cambia i propri connotati. Estate a Milano è aria appiccicosa che si mescola con un silenzio anomalo in uno spazio che pare dilatarsi mentre il tempo rallenta. Potrei stare meglio altrove, questo è sicuro, ma questa condizione di sospensione molto cittadina, ma in fondo senza i connotati tipici della sua forma invernale, mi rilassa molto. E poi ho imparato ad essere felice di quello che c’è e non solo di quello che esiste solo nei miei sogni, ormai sempre più sbiaditi e con troppi buchi narrativi per riuscire a capire come vanno esauditi.


“L’ossessività non è un maleE’ una cosa preziosa che ti può salvare la vita. Succede quando ti alzi la mattina e pensi solo a quella cosa continuamente. E così ci lavori, la cambi, la correggi, ne insegui lo spirito, preghi per qualche buona intuizione, provi ad affinarla. La fai fiorire piano piano”. Questo hanno detto i fratelli D’Innocenzo alla presentazione del loro ultimo film. Io li adoro: mi piace il modo in cui lavorano assieme, come concepiscono il cinema, il loro reciproco affiatamento, come si intendono tra di loro. Mi affascina sempre questo tipo di legami, forse perché penso che la vera radice di ogni grande ispirazione sia soprattutto il frutto di un forte sentimento verso qualcuno che amiamo. Almeno questo è stato per me, quando perdere la testa per qualcuno significava stravolgere ogni mia prospettiva inventandomi percorsi di vita, situazioni, progetti, parole, persino sentirmi dotata di un coraggio che non credevo di possedere. L’ossessione è bella perché spinge in alto ogni tuo limite demolendo ogni forma di banalità del reale. Quando passa ci sembra ridicola, tossica, persino pericolosa, in realtà è anche e sopratutto una potentissima forza propulsiva. A me non succede più ma, se ci penso, tutto quello che salvo di quella povera me che sono stata fino a un po’ di anni fa è l’euforia di quel tempo tutto storto, traballante, ma pieno di vibrazioni che è stata la mia giovinezza più appassionata.


Qualche giorno fa mi trovavo in un quartiere bello, piuttosto distante da dove abito. Ci sono andata per un motivo ma poi sono rimasta più tempo per tutt’altro. Anche lì stavano abbattenddei vecchi palazzi. C’erano gli operai e un sacco di polvere. Mi hanno detto che dalla settimana prossima cominciano già a costruire quello che sarà un condominio green, con palestra inclusa e un giardino interno di ciliegi. Ne sono stata felice. Ci tornerò apposta per vederlo nascere

mercoledì 10 luglio 2024

È tutto nella testa. A volte, purtroppo, anche “sopra”

 Neppure lo sapevo che esistesse un nome preciso per definire un’attitudine che a suo modo è inclusa anche nella mia visione delle cose. Si chiama Journaling (adoro questa cosa che gli inglesi hanno sempre pronto un instant term appena un fenomeno si fa premessa per un nuovo trend. Sempre sul pezzo, che gli vuoi dire?). Si tratta in pratica di una specie di routine quotidiana, da fissare rigorosamente per iscritto e su una pagina di carta, con lo scopo di impostare la giornata con presupposti finalizzati ad ottenere ciò che ci interessa. L’idea è che un pensiero scritto diventa più facilmente intenzione concreta e così evita dispersione, ritardi, tentennamenti. Ciò che viene affermato con la scrittura pare che incida sull’umore, fa una scrematura dei pensieri superflui e detta la linea per tutto il giorno. Bello. Questa idea mi convince. I pensieri quando diventano scritti non possono più nascondersi e così ci fai i conti come se fossero materia viva da plasmare per i tuoi obiettivi. Ed ecco ora il punto che mi piace più di tutto: il journalism punta sull’idea che ciò di cui abbiamo bisogno più di ogni altra cosa è conservare un’idea gratificante di noi stessi e questo comincia da quando si riesce ad essere grati per la notte appena trascorsa nel riposo, poi per come ci vediamo allo specchio al mattino mentre facciamo il primo sorriso della giornata, fino al crearsi di uno schema ripetuto di pensieri positivi e di azioni quotidiane che culminano nella cura del proprio benessere fisico. Detta così sembrerebbero i consigli della zia Maria o le solite quattro regole dei fanatici del mindfullness. In realtà è invece abbastanza comune che questo semplice paradigma mattutino venga disatteso in modo da compromettere tutta l’efficacia della buona partenza e, udite udite, dell’esistenza tutta (però mammamia che paura!).  Secondo questo metodo del “buon giorno che si può vedere solo dal mattino oppure mai più”, i passaggi delicati dell’inizio della giornata devo essere rispettati tutti, altrimenti non vale. E io ci credo per esperienza personale e spiego perché.

La faccio breve. Gli inquilini del piano di sopra, quelli che ho maledetto spesso anche qui e che hanno un’orrenda bambina, che non ha fatto molto altro nella sua breve esistenza se non correre h24 per la casa, se ne sono andati via per sempre. Ora, io lo so, anche a me lo hanno spiegato i grandi saggi, che uno deve trovare la pace dentro di sé indipendentemente dagli ostacoli esterni, dagli imprevisti, dalla cattiva educazione altrui e dagli oltraggi dell’avversa fortuna, ma posso garantire che la suddetta pace necessiterebbe quantomeno di un minimo sindacale di ore di riposo e di silenzio almeno all’interno delle proprie mura domestiche, altrimenti posso garantire che sia un’impresa fisicamente e psicologicamente del tutto impossibile. Di contro, grazie a questo magnifico tirocinio forzato alla sopportazione oggi mi sento autorizzata ad odiare i bambini non per scarsa sensibilità, ma per trauma irreversibile diagnosticato da Rosa e Olindo. Da quando quegli esseri inqualificabili sono andati via sono tornata a dormire sul mio soppalco dove, al posto del letto, avevo messo un autentico tatami con sopra un meraviglioso futon giapponese. La mia epifania è stata tornare dormire di nuovo lì, tranquilla, per un numero sensato di ore e in una modalità che mi consente un risveglio veramente magico. E così il journaling è tornato ad essere di nuovo la mia ipotesi di felicità programmata. 


Oggi mi è facile essere grata, scrivere pensieri positivi, avere delle priorità certe e togliere spazio a tutti i pensieri tossici che albergavano in me fino a qualche tempo fa. In fondo è un dettaglio insignificante eppure per me era determinante. Scrivevo anche prima, pianificavo le mie giornate con lo stesso dettaglio, avevo le stesse routine…eppure non funzionava. 


A volte mi chiedo quanto tutto, il dolore, la gioia, la predisposizione d’animo alle sfide…dipendano soltanto dal punto in cui ci troviamo, anche se non ce lo siamo scelto, o se in fondo gli sforzi che facciamo conservino un loro valore “futuro” anche quando ci sembrano inutili e senza risultati evidenti. Credo che sia la seconda…se non ti “calpestano” proprio quando vorresti riposare

mercoledì 3 luglio 2024

Luci d’estate

 Sì è già finita la parte migliore del mio tempo destinato al riposo, all’altrove, alla rottura dal quotidiano. Sono andata via per un po’ e ora sono di nuovo ritornata a quella che ormai da molti anni, un po’ per scelta e un po’ per caso è la mia vita ordinaria. Tutto è stato fin troppo bello, a tratti imprevisto, sorprendente, divertente, persino assurdo. Della Sardegna mi porto dentro soprattutto la sua infinita bellezza fuori da ogni catalogazione e incertezza: le sue albe che non mi sono mai persa neppure una volta, le lunghe camminate senza meta, lo yoga sul patio ventilato del mio bellissimo albergo, il cibo fantastico e, soprattutto, l’incontro del tutto inatteso di uno dei miei lettori storici di questo piccolo posto in cui parlo così tanto dei fatti miei che chi li legge da così tanto tempo ormai difficilmente potrebbe sbagliarsi sul mio conto. A pensarci bene questa cosa mi provoca un’improvvisa inquietudine mista ad imbarazzo. Non ci eravamo mai visti eppure credo che nessuno lo avrebbe mai pensato se ci avesse incrociato mentre camminavamo e parlavamo sul piccolo porto, di prima mattina, tra foto panoramiche e piccole grandi confidenze sulle reciproche vite. Forse potevamo raccontarci ancora altre cose, forse il tempo è passato più veloce di quanto sembrasse. Chi lo sa. A volte è davvero incredibile come si stabiliscano delle connessioni a prescindere dalle esperienze comuni e persino dalla conoscenza diretta.

Se c’è una cosa che ho sempre amato dei social è proprio questa specie di strana magia che, a volte, fa funzionare la reciproca conoscenza meglio di qualsiasi altro tipo di incontro geograficamente “facilitato”. Potrei continuare accennando al meraviglioso campionario di ogni prelibatezza locale, dal dolce al salato, passando per la ceramica artigianale locale di cui mi ha fatto omaggio che mi ha lasciato senza parole e che davvero non potrò scordare. Ma non mi dilungo perché so che si arrabbierebbe dell’eccesso di piaggeria da parte mia ☺️.

Era dai tempi del mio primo blog, quando ancora esisteva la blogosfera e i festival dove ci si ritrovava tutti noi militanti della scrittura virtuale collettiva, che non mi capitava di incontrare persone con questa modalità e forse di diverso c’è proprio il fatto che non vi è più la reciprocità nella lettura: io ho ancora un blog, ma chi mi legge no (o non più) e così c’è chi sa tutto di me ma io niente dell’altro. Che strano anche questo, dovrei ragionare meglio sugli effetti di questa asimmetria informativa.


Da quando sono a Milano il meteo ha cambiato umore con tutti gli sbalzi possibili di temperatura, tra sole accecante, afa e poi temporali e freddo. Presumo che sarà un’estate piuttosto difficile. Eppure ho pianificato tutto lo stesso: ho comprato la carta dei musei della Lombardia e studiato il percorso per andare all’Idroscalo a correre, prendere il sole e illudermi di poter vivere Milano anche come luogo di vacanza. Forse mi ritrovo semplicemente in quella  curiosa condizione per la quale per me l’estate sia già finita e che ormai non mi resti che attendere la fine di settembre per ricominciare a pianificare qualche nuova meta. Nel frattempo farò un update anagrafico (si chiama ancora compleanno dopo i quaranta?), continuerò a lavorare sulle inversioni, andrò a correre, cercherò di meditare e di vedere buoni film. Mi limiterò a leggere fumetti o piccoli racconti e farò tanti pancakes. Ma più di tutto spero di dormire molto senza per questo mai smettere di cercare l’alba anche qui.


Che mi importa di questa estate strana, umorale e senza mare quando ogni giorno, e ovunque, c’è ad attendermi un’alba che non si sbaglia mai