Sola andata

Sola andata

mercoledì 14 agosto 2024

Attesa attiva

 E nel frattempo sono sopraggiunti i 48, quella specie di “età da sala d’attesa”, quando pare che non ti sia richiesto niente di speciale ma solo perché non sai cosa davvero ti aspetta nella stanza dove presto entrerai. E così, mentre aspetto l’ingresso ai 50, ho deciso che i capelli continueranno a crescere fino ad allora, quando saranno lunghi e biondi per dimostrarmi che l’età che uno si sente, è sì sbagliata, ma pur sempre il frutto di un percorso scelto, voluto, sentito in un tempo precedente in cui abbiamo provato a farci pronti. 

In fondo è tutta la vita che mi sento fuori luogo o in una sala d’attesa in cui non so cosa sto davvero aspettando. Forse mi piace, sarà una scelta anche quella di non riuscire ad avere un senso profondo di appartenenza, starmene perplessa a chiedermi cosa ci faccio qui, oppure lì, cosa ci faccio ovunque, come in certi luna park sempre tutti uguali tra loro nei quali cammino un po’ a casaccio tra folla, frastuono, profumo di zucchero filato e giostre che non mi divertono mai. Solo quando ne sono fuori mi rendo davvero conto di quanta pace ci sia lontano da quei non luoghi in cui siamo solo parte di una festa che ha senso solo con un pubblico disposto ad animarla.


Forse mi sento davvero a mio agio solo quando cammino, quando non sono ancorata al suolo che calpesto perché lo abbandono ad ogni passo, come se solo nel riscatto della fuga riuscissi a sentirmi non obbligata ad integrarmi con il posto che sono costretta ad occupare. Eppure, se ci penso ancora un po’ meglio, il sentirmi centrata è sempre legato a momenti precisi piuttosto che ad un modo di occupare i luoghi: il momento di passaggio dalla notte all’alba, l’ora del massaggio thai, una lezione di yoga, un workout che ancora mi fa restituire un polmone, un check up dove risulta che sono in perfetta salute…e ogni volta che riesco a perdere un po’ di coscienza di me perché il momento ha la meglio su tutto. Forse è vero che si è tanto più giovani quanto più si è capaci di perdere la percezione del tempo se l’intensità dell’esperienza ci trasforma anche di poco.


Ho 48 anni ormai da un giorno e ancora devo pentirmi dei figli che non ho mai voluto, del marito che non ho mai cercato, delle ambizioni che non ho coltivato. Non ho mai saputo bene neppure quando fosse il momento adatto per fare un bilancio, cosa mettere alla voce dei guadagni e cosa nelle perdite e cosa conti davvero nel gioco delle compensazioni. So che sono vittima di pregiudizi sbagliati a cui per tanto tempo ho cercato di conformarmi senza troppa convinzione, ma sufficiente ad intossicarne la logica. E poi so che mi tollero di più quando sono da sola e che le relazioni umane mi affaticano sempre di più e che mi piace essere tutta un problema, a patto di esserlo solo per me stessa.


Ho 48 anni e un giorno. Non è un’età rotonda, non fissa traguardi cruciali, non segna passaggi esistenziali epici. Vive della discrezione del suo tempo di transizione. Ha dalla sua le infinite possibilità scevre dalla pressione delle grandi aspettative di una meta imminente. Cosa potrei chiedere di meglio se non camminare e godermi le albe ancora tranquille di questa indulgente età di mezzo?

 

1 commento:

  1. Auguri intanto, se può servire io ho ricominciato proprio a cinquan'anni, certo non si decide così da soli da un giorno, qualcosa ti deve capitare perché altri scenari si aprano. Ti auguro anche che qualcuna delle infinite possibilità si affacci all'orizzonte più decisa delle altre..

    RispondiElimina