Sola andata

Sola andata

martedì 8 ottobre 2019

Scelte di consumo obbligato

“C’è una cosa che mi piace fare più di tutto”. Per Moretti sarebbe andare in vespa d’estate attraversando le strade desertiche dei quartieri di Roma. Per me è la spesa al centro commerciale. Credo di averlo detto tante volte: mi piace fare attenzione alle proposte variegate dei prodotti che mi interessano e di cui mi prefiguro l’utilizzo una volta arrivata a casa. Questo detersivo funzionerà? E il suo profumo si sentirà così bene anche dopo che il bucato si sarà asciugato? Le uova bio hanno effettivamente tutto un altro sapore, che importanza ha se costano quasi il doppio..Io me lo ricordo quando non compravo l’insalata già lavata perché così confezionata perde tutte le vitamine e ora invece è l’unica occasione che mi concedo per mangiarla. Ho smesso di comprare i sottaceti perché una mia mica vegana mi ha detto che hanno troppa energia yin. O era quella Yang? Un paio di piatti pronti li includo sempre,  come pure i burger vagani da mettere direttamente nel microonde che tanto di momenti in cui torno a casa e non riesco ad alzare un dito comincio ad averne sempre di più. La tessera punti, la borsa riciclabile, la promoter che mi regala i quaderni a quadretti se compro i flauti al latte...ma si certo che me li compro. Sempre meglio della palla trasparente con il logo della simmethal che mi ha rifilato quest’estate. A me che non mangio carne. Se serve questo ad impedire che un rider mi porti il cibo con la sua bicicletta io lo faccio fino alla,fine.

Fare la spesa è una delle cose più rigeneranti che ci siano. Quando ho tempo a sufficienza mi soffermo ad osservare i carrelli degli altri e provo a capire quali siano i progetti di consumo dietro le loro scelte spesso così tanto diverse dalle mie. Provo a dedurre la composizione familiare, le tendenze ideologiche ed etiche, se si sta seguendo un regime dietetico particolare, se si tratta di un consumatore consapevole oppure si lascia sedurre dalle offerte rese speciali da un marketing sempre più abile nell’orientare le decisioni. Oppure se segue semplicemente una lista blindata da cui non sfora mai.
Credo che il centro commerciale sia un’osservatorio interessantissimo, un campione rappresentativo
molto efficace per capire come siamo e cosa stiamo per diventare.

Sono molti anni ormai che faccio una cosa qui a Milano che mi diverte molto: partecipo a dei focus group nell’ambito di ricerche di mercato, quelle grazie alle quali mio padre fa il pieno di benzina gratis con i buoni che ci danno per ringraziarci del servizio offerto all’aggiornamento e arricchimento del loro data base. Di solito si tratta di psicologi che fanno parlare per ore delle impressioni, reazioni o emozioni riguardo al prodotto di un futuro lancio, oppure fanno provare cibi, usare cosmetici, a volte applicano addirittura dei sensori sulla testa e sulle dita e controllano le tue reazioni in base agli impulsi che emani vedendo certi  video. Roba da far impallidire pure quelli di arancia meccanica. Una volta ho fatto persino un’esprienza di realtà virtuale: ho fatto cadere tutto da quei finti scaffali e mi sono spaventata  a morte. Assurdo.

Il marketing è una scienza estremamente affascinante, se si decide di stare al gioco e di capirne le
regole. Oppure pericolosissima se ne subisci le regole studiate con metodiche così collaudate che il rischio di fallire si approssima ormai allo zero per alcuni brand molto evoluti in merito.
Io non so mai cosa pensare davvero al riguardo: mi piace l’idea che si provino a conoscere meglio i miei gusti per poi propormi qualcosa che mi piaccia davvero. Dall’altro non potrò mai sapere senza ombra di dubbio se la loro offerta mi sta semplicemente condizionando nella scelta di qualcosa a cui, in mancanza, neppure penserei o di cui sentirei il bisogno. Però non è raro che mi piaccia stare al gioco, provare a capirne le regole, sapere di poter fare a meno di un sacco di cose proprio mentre penso che può essere altrettanto bello cedervi, che la Coop rimane una cosa diversa dall’Esselunga pure se vendono le stesse cose, che l’assortimento ampio è meglio della mancanza di varietà, che nei carrelli ci sono panieri di consumo estremamente variabili e diversificati. E che in fondo la democrazia è più  o meno una cosa come questa quando ti chiedono di spiegarla.

Oggi mi hanno fatto provare cinque yogurt vegetali diversi che vorrebbero proporre a breve. Me ne
sono piaciuti due. Sono proprio curiosa di sapere in che modo terranno conto del mio parere rispetto a quelli di tutti quei carrelli così (troppo) diversi dal mio

1 commento:

  1. C'è un racconto di D.F.Wallace (Mister Squishy) in una sua raccolta di racconti dove narra di un focus group che deve assaggiare le merendine "Misfatti!".
    Descrive il tutto in particolare riportando i pensieri di un tizio del marketing.
    Descritto così non è il massimo, ma il racconto te lo consiglio :-)

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