Sola andata

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sabato 15 gennaio 2022

Un’età ancora tutta da dimostrare

 L’ha chiamata “età del ristagno”. Mi convince, non l’avevo mai considerata in questi termini. E invece funziona esattamente così. Rivedere con tutta l’attenzione e l’infinito amore che merita l’intera serie di Bojack mi ha fatto tornare a questo concetto espresso da uno dei suoi personaggi. Si arriva all’età del ristagno in un tempo non identico per tutti ma al quale prima o poi si finisce per approdare: per esempio quando si sposa qualcuno che ci ama così come siamo e non ci stimola più a cambiare e progredire, o quando si raggiunge il successo in qualcosa e ci si assesta su quella gloria cavalcando l’onda e vivendo di quella facile rendita, o quando ci rassegniamo ad un percorso esistenziale mediocre ma tutto sommato accettabile. L’età del ristagno arriva un po’ per chiunque e rappresenta per ciascuno di noi il miglior pretesto possibile per autosabotarci, illanguidire nei rimpianti per ciò che non è stato senza attribuirci troppe colpe, perdonarci una resa che in fondo è solo una forma di pigrizia in incognito. In fondo credo che sia un fenomeno piuttosto diffuso, ma considerarlo in questa strana forma legata ad un tempo esatto nella cronologia individuale, come a qualcosa di personalizzabile, fatto di scelte ragionate come se quel momento stesso rappresentasse una meta, mi ha fatto impressione. E così mi sono chiesta in che tipo di età io sia, se quel ristagno sia già stato raggiunto e quanto sia stato determinante il mio contributo in fatto di scelte per arrivarci. Come posso fare a saperlo, io che non ho mai sfiorato l’idea di sposarmi e pretendere che qualcuno mi accettasse così come sono, quanto al contrario di essermi continuamente di ispirazione, che ho volutamente inseguito un lavoro normale nel quale non fosse necessario farmi notare o avanzare nella carriera, io che non potrei perdonarmi neppure un allenamento saltato per quanto sono disciplinata è inamovibile nelle cose che mi interessano profondamente? A che punto della mia età dentro, o verso, il ristagno mi trovo? Se sapessi dell’esistenza di parametri che non conosco e nei quali non rientrare ne sarei davvero felice.

Una volta ho sentito un’attrice di cui non ricordo il nome (è stata Lucia nel vecchio sceneggiato dei promessi sposi) che in un intervista raccontava del bellissimo rapporto che ha con il suo ex marito, tanto che un giorno lei gli chiese “ma tu te lo ricordi perché ci siamo lasciati?” e continuava dicendo che lui le diede una risposta bellissima. Le disse “per evolverci”. Mi pare la più sensata ricetta contro ogni forma di ristagno dell’età. Evolversi allontanandosi soprattutto da ciò che in apparenza ci sembra adeguato, giusto, sano. E invece è solo statico e devitalizzato. E ho pensato a quanto sia difficile riconoscere per tempo questa condizione, più pericolosa persino di quelle dolorose e palesemente da cambiare. Bisogna fare attenzione.

Ieri Pablito è morto. Forse ha avuto un incidente in una delle sue scorribande notturne e così aveva le viscere in poltiglia. Quando ce ne siamo resi conto era troppo tardi. Otto anni e mezzo con noi, prima con me a Milano per due anni e poi con i miei qui in Campania. Da allora mi sono resa conto che non ho fatto altro che abituarmi a pensare che un giorno non sarebbe più stato con noi. Per tutti questi anni ho provato ad esorcizzare il dolore che avrei provato perdendolo. E quando è successo davvero mi sono sorpresa io stessa di quanto in fondo sia stato tutto così normale. Ho pianto moltissimo, ho avuto paura mentre lo portavano dal veterinario, quell’iniezione mi ha devastato. Poi l’ho ripreso in braccio in quella busta rosa e l’ho tenuto stretto così fino al ritorno. Poi ho pranzato e ho smesso di provare dolore. Non saprò mai come giudicare una reazione simile.

A volte la sola cosa che riesco a pensare è che vorrei essere pronta ad affrontare qualunque cosa e che per farlo mi occorra tempo, esercizio, la possibilità di elaborare una qualche “attitudine” che mi eviti il dolore per ciò che non posso evitare nel mio futuro più o meno prossimo. Ma forse l’età del ristagno è proprio così che comincia. Oppure è tutta colpa di questo tempo qui che mi fa sentire ogni cosa sempre piu lontana ed estranea. Mi ci sto abituando solo perché so che durerà ancora a lungo, con questi vaccini che funzionano poco e per poco, con i contagi che aumentano in modo esponenziale e un delirante dibattito collettivo in cui affermare tutto e il contrario di tutto possibilmente urlando pare lo strumento più efficace di questa propaganda di azzeramento del pensiero critico.

Strana età la mia. Tecnicamente potrei essere idonea per una “sana” età del ristagno, fatta di affetti consolidati, obiettivi raggiunti, maturità emotiva, equilibrio “statico” ma in fondo stabile, salute ancora buona. Per fortuna è quasi tutto abbastanza vero. E per identica fortuna è quasi tutto altrettanto abbastanza falso. Ho un’età. Ma non ancora “quell’età”. Ne sono quasi certa.



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