Sola andata

Sola andata

martedì 4 aprile 2023

Cattivissima me (?)

 Non credo che mi rassegnerò mai a certi lati così intransigenti del mio carattere. Forse perché in fondo costituiscono ancora la mia migliore forma di difesa verso un certo modo di relazionarmi con le persone che hanno orbitato nella mia vita, spesso non per scelta. Ci sono periodi in cui mi capita di ricordare cose di quando ero bambina: da uno schiaffo improvviso e inatteso da mia madre o dalla maestra (pare che ai tempi fosse la norma. Per me, purtroppo è stato così), al tradimento dell’amichetta del cuore o di quelli delle persone a cui ho creduto di voler bene, ai raggiri subiti a scopo opportunistico, alle prese in giro, giusto così, perché a qualcuno andava di divertirsi un po’ alle mie spalle e a certa mia ingenuità congenita. Ogni tanto, a intervalli non troppo regolari, mi torna in mente tutto questo. Tutto. E mi pare quasi di toccarla quella stranita me stessa di allora, smarrita, incredula, che spesso non capiva neppure di fronte all’evidenza, che a volte persino lo accettava come fatto normale. Credo che sia qualcosa di legato al sentire di non meritare davvero quello che sognavo di raggiungere, che poi era sempre il bene delle persone che mi piacevano. Non lo so. Sta di fatto che oggi temo di pagare buona parte di quel conto, di quel passato mai vendicato o metabolizzato col dovuto “lasciar andare” e così credo che il mio ricordare tutto sia legato a delle forme di rancore che mi piace custodire come corazze da stoccare nel mio ripostiglio dell’artiglieria della difesa. Non posso dimenticare e non ho neppure nessuna voglia di perdonare. Non credo sia molto edificante come atteggiamento, eppure ancora non mi riesce di definirlo propriamente una colpa. Anzi a dirla tutta, più mi pare cattivo il mio atteggiamento verso certi ricordi e più prezioso mi sembra il valore della mia dignità recuperata. Potrei cominciare dalla sensazione peggiore che abbia provato nella mia vita: l’assoluta assenza di dolore per la morte del fratello di mio padre. Ad un certo punto della sua vita ebbe ad avere parole e comportamenti così schifosi nei confronti della mia famiglia, ma soprattutto nei miei confronti (per invidia legata a favorevoli questioni economiche che mi riguardavano) che non ho mai dimenticato e per le quali, quando è morto prematuramente e tra atroci sofferenze per una grave malattia, d’istinto ho solo pensato che non avevo alcun motivo per rammaricarmene. E così capita che a volte mi spaventi io stessa della mia totale incapacità di perdonare. Poi però non trovo ragioni sufficientemente valide per cambiare. E’ grave? Credo che lo sarebbe se sentissi di non essere capace di voler bene. E invece non è così.

Ci sono persone per cui farei tutto il possibile pur di vederle crescere, migliorare, raggiungere ogni obiettivo da loro desiderato. E questo malgrado non ci siano vincoli di parentela né scopi secondari. Cosa decide davvero il nostro avere cura dell’altro? È davvero possibile arrivare ad amare l’intera umanità semplicemente ammettendo la fallibilità di tutti, della nostra per prima, perdonando, dimenticando, ricostruendo un legame nuovo? Io non ne sono capace. Non più. Forse non mi interessa come una volta, quando la paura della solitudine mi rendeva meno schiacciata dalle parole e dai gesti che però dentro di me già respingevo come estranei e svilenti.

In questo momento sono in casa, rientrata dal lavoro da meno di un’ora, dove tutto è in ordine e in frigo ci sono già pronti i pasti per domani da portare al lavoro, la wishlist di MUBI che mi aspetta con film che volevo recuperare da tempo, con la coscienza pulita di sapere che  stamattina mi sono allenata senza risparmiarmi e con il piacere un po’ bambino di avere a disposizione un altro cestino pieno di fragole. E sento che non potrei desiderare altro. Non è sempre stato così. Ma non è mai stato meglio di così. In passato ho trascorso questi momenti condividendoli con persone che non vedo più da tempo, sostanzialmente per le ragioni di cui sopra.

Qualche volta tra questi strani ricordi di “raccordo” col presente spunta pure quella volta che andai a prendere Pablito al gattile. Sono sicura che se lo avessi tenuto con me a Milano staremmo ancora assieme. Quella volta che mi scelse saltandomi addosso era un micino piccolo piccolo e con me c’era uno che non vedo ormai da anni e al quale all’epoca volli un gran bene. Eppure, per motivi che non ho scordato neppure stavolta, Pablito rimane l’unico tra quei due di cui senta ancora adesso una mancanza inconsolabile. Vedi alle volte i legami…

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