Sola andata

Sola andata

mercoledì 29 marzo 2023

Ma guarda il Caso però…

 Era impossibile non ascoltare. Parlava a voce sufficientemente alta e mi stava troppo vicino per non destare la mia attenzione assieme ad una istintiva curiositàE’ successo qualche giorno fa: avevo preso un giorno di ferie per andare a vedere un film che avrebbe meritato tutto il tempo che poi ho avuto la fortuna e saggezza di dedicargli. Avevo preso la metro e proprio dietro di me, in piedi, c’era un simpatico ragazzino down con uno zainetto in spalla e l’abbigliamento un po’ da rapper che faceva telefonate in sequenza mixata. La sua era una formula fissa: “Hey, ciao! Ti va un caffè tra una ventina di minuti. Offro io!”. Probabilmente la risposta era ogni volta, grosso modo, la stessa: un rifiuto (spero gentile)dovuto forse anche all’orario d’ufficio o scolastico. La sua risposta era sempre la stessa e molto sbrigativa, ma senza troppo rammarico “Ah, ok ciao”. Ad un certo punto, dopo un ennesimo tentativo il suo invito riceve un sì e allora, con tono risoluto: “ok, allora ci vediamo tra un quarto d’ora. E’ un posto che ho scoperto da poco, poi ti faccio vedere dov’è”. Io ero prossima alla mia fermata e sono stata felice di “lasciarlo” sapendo che avesse raggiunto il suo obiettivo: cercare qualcuno che volesse condividere la colazione in un posto che gli piaceva. Avrei voluto sapere chi fosse l’amico, con quale spirito avesse davvero accettato, quale fosse il bar degno di un simile entusiasmo. Ma scendevo ad una fermata diversa, mi attendeva un lungo tratto a piedi e anche i miei piccoli obiettivi ostinati attendevano il loro compimento. Scendo alla fermata Duomo, lui no, è molto presto per il film e così decido di arrivare al cinema Beltrade a piedi (è abbastanza lontano) e di godermi l’aria frizzantina, il sole, la musica in cuffia. All’altezza di Porta Venezia decido di fare tappa al supermercato a fare un po’ di spesa che includesse anche qualcosa da mangiare per pranzo al parco.

Come mi piace camminare senza fretta, assorbire tutto quello che mi sta intorno, approfittare di uno scenario che cambia continuamente a seconda dei quartieri che attraverso. La lunga distanza sembra brevissima quando i tratti intermedi si mostranocosì variegati. Ad un certo punto, più o meno a metà di Corso Buenos Airesritrovo il “mio compagno di viaggio”! Era proprio lì, a pochi passi da me, seduto al tavolo di quel bar che gli piaceva tanto, e che mi riservo di sperimentare io stessa a questo punto. Difronte a lui una bellissima ragazza, avrà avuto più o meno la mia età, con capelli molto lunghi e lisci, un caffè davanti, silenziosa e un po’ intenerita che lo osservava mentre lui era tutto indaffarato a scrivere sul cellulare, noncurante di lei, del cappuccino e del cornetto gigante posizionati di fronte. Su entrambi il primo sole che li illuminava, quasi lo avesse fatto apposta per renderli visibili a me che volevo sapere dove avesse portato quella telefonata in metro.

Sono stata contenta di saperlo, mi è sembrato uno di quei piccoli regali da Serendipity che ti fanno pensare che forse è vera la storia che il caso un po’ è una roba che ci creiamo noi con dellemisteriose leggi dell’attrazione per arrivare dove vogliamo anche con modalità diverse da una serrata programmazione e dagli sforzi. Ci sono cose che accadono a basta e che neppure sapevamo quanto ci fossero necessarie. A volte mi chiedo quanto la fortuna esista davvero oppure se quella che crediamo essere buona sorte sia in realtà una roba che ci arriva perché l’abbiamo così fortemente interiorizzata come condizione auspicabile che alla fine si realizza davvero secondo geometrie che ci sono precluse. A me per esempio è successo quando ho desiderato fortemente che un collega ripugnante (quello di cui parlai con toni giustamente disgustati anche in questo blog, fingendo di non sapere che l’avrebbe letto. Sì sono perfida, lo so) decidesse di andare via e io in quel periodo non desideravo altro. Oppure quando ho pregato a chissà chi che l’orrendo bambino del piano di sopra smettesse di esistermi intorno e ad oggi sono più di tre mesi che questa cosa è realtà. Una volta avevo scordato l’euro per il distributore di caffè e lo trovai a terra proprio davanti al cancello dell’ufficio.  Pure in questo ci vedo una “generosità” eterodiretta per alleviare il peso del quotidiano.


Cose piccole o grandi che non sai bene quanto hai meritato, di certo le hai desiderate e in qualche modo hanno coinciso con i tuoi bisogni. Non è bellissimo pensare che la vita sia pure fatta di doni graditi che non presuppongano sforzi diversi dall’intensità con cui sono stati pensati? Non so se sia davvero fortuna, caso, necessità, compensazione cosmica…però è una cosa parecchio bella. Proprio come una lunga passeggiata cheall’improvviso ti restituisce più di quanto tu stesso osassi chiederle

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