Sola andata

Sola andata

giovedì 13 luglio 2023

Luglio, col bene e qualche scoglio

 E’ una sensazione strana quella di trovarmi a Milano in questa estate rovente nella quale non mi sono ancora mai concessa di vedere il mare: fa un caldo indicibile ma la citta è ancora piuttosto brulicante di lavoratori che, nella loro auto senza altri passeggeri, si incolonnano tra via Mecenate e viale Lombroso procurandomi sempre un po’ di perplessità sulla reale possibilità che un giorno delle modalità più ecologiche di spostamento saranno applicate con efficacia reale. Io ho l’abbonamento annuale ai mezzi pubblici e mai mi sognerei di perdermi il mio quotidiano percorso a piedi di quaranta minuti verso l’ufficio, tra l’altro dopo un allenamento cardio con pesi che mi infliggo ad ogni alba in cui mi è concesso aprire gli occhi. Lo so che la mia è una specie di follia masochistica senza altre razionali spiegazioni, eppure rimane un fatto che le ricadute di certe mie abitudini abbiano un impatto sull’ambiente sul quale nessuno potrebbe muovere la minima critica. Ma vabbè, non volevo fare la parte di quella che finge di fare la bizzarra virtuosa che nessuno potrebbe mai riuscire ad imitare. La verità è che sono io stessa schiava delle mie abitudini e quelle, si sa, son dure da cambiare per chiunque.

Delle mie ferie ancora quasi intatte mi piace la possibilità che posso continuare a concedermi sulla loro possibilità di utilizzo: le alternative sono tante ma tutte convergono verso l’intenzione di fare un viaggio lontano in un posto caldo proprio quando qui comincerà a far freddo oppure optare per un’esperienza legata ad un “ritiro” yoga in uno di quei luoghi ameni che ti conciliano col tuo spirito grazie al tono lieve di chi ti sussurra in ogni istante “va tutto bene” pur senza sapere niente di te. Credo che il bello sia proprio questo: trovo divertentissimo informarmi ogni giorno su mete differenti e allo stesso tempo visualizzarmi in ciascuna di queste esperienze, confermando l’idea che il viaggio è prima, e forse soprattutto, nella testa. E poi c’è questa cosa che da quando la mia casa è tornata ad essere il posto tranquillo che non era lo scorso anno, quando rientro e me ne sto nel mio piccolo salotto, dopo una doccia gelata, con in mano un gigantesco frappè ghiacciato e il film programmato già da prima di uscire al mattino, mi chiedo davvero cosa potrei desiderare di più. Le giornate di luglio sono state fino ad ora tutte così, parlando poco e immaginando un futuro, in fondo molto prossimo, pieno di ipotesi che neppure hanno una vera smania di conferme.

Fino a 5 o 6 anni fa ancora pensavo che sarebbe arrivato il tempo in cui avrei riconosciuto il momento in cui mi sarei sentita pronta per incontrare chi fosse destinato a me, il tutto sulla base di una idea che trovo tuttora molto convincente e cioè che la capacità di amare davvero qualcuno passi per una maturità raggiunta a tutto tondo, una percezione quanto più estesa possibile delle esperienze che si vivono, delle cose che ci accadono attorno, come il frutto di un percorso di autoconsapevolezza, di uno sforzo, di una concentrazione che richiedono necessariamente tempo e impegno. Una cosa simile l’ho sentita dire pure a Califano e Remo Remotti, due che per indole e temperamento non potrebbero essere più diversi da me, eppure (anzi forse per questo) li considero due maestri di pensiero assoluti. L’idea vale al netto della eventuale necessità di rispondere ad un orologio biologico che, invece, spesso ha tutt’altra scadenza. Ma io ho la “fortuna” di non averlo mai sentito e quindi non ho mai neppure avuto fretta. Oggi, che tutto mi è un po’ più chiaro di allora, che io mi sono più chiara di allora, mi chiedo come ho fatto a non capire che la mia vita non poteva essere altro che questa e che non solo non è una colpa, una mancanza di completezza o una triste condizione, ma semplicemente la cosa che desideravo davvero senza ancora saperlo tanto chiaramente chiaramente come adesso. Potrei sbrigativamente raccontarmela affermando che gli altri mi hanno soltanto illuso e poi deluso, ingannato, non apprezzato…ma non sarebbe la verità. Mi farebbe comodo, ma non sarebbe onesto perché, ahimè, quello che ormai sento profondamente è che il giusto uso della mia energia è purtroppo in grado di contemplare la frequentazione solo di un numero limitatissimo di persone e che sempre di più mi piace esercitare la mia capacità di ascolto e di visioni alternative del mondo attraverso la radio o la musica. Dopo soltanto silenzio. Perché dovrei costringere altri ad assecondare tutte queste “limitazioni” alla condivisione?

 

Una volta a Zanzibar uno che stava lì con la moglie e un bambino appena nato mi propose di passare in camera mia. Non è stata l’unica esperienza sgradevole di questo tenore durante i miei viaggi in solitaria. Eppure non ho mai smesso di continuare a desiderare di essere ovunque.  


Milano a luglio è più bella che negli altri mesi. Ne ho solo approfittato. 

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