Sola andata

Sola andata

sabato 14 luglio 2018

Milano è un metodo (...senza entrare nel merito)

Che pace. Temo che siano gli ultimi giorni che mi sarà garantito dirlo con questa convinzione. L’abitazione sulla mia testa è ancora disabitata e questo meraviglioso silenzio, forse anche dovuto a partenze di massa da Milano, è la cosa migliore che potessi augurarmi per oggi. Per la verità stamattina sono stata tutto il tempo in centro, ho camminato molto, consumato il mio pranzo al sacco ai giardini Montanelli, usato una gift card in una profumeria e ceduto alla tentazione di un paio di running scontate. Poi mi sono diretta a via Cadore per prendere il 66 e mi sono ricordata che tutto è cominciato da lì, proprio in quella strada dove ho abitato per la prima volta e che all’epoca mi pareva così diversa da oggi, quando nulla mi era familiare e mi perdevo appena giravo l’angolo. Pare ieri e invece sono nove anni che atterravo dall’Inghilterra, una signora prendeva i miei bagagli per sbaglio e io andavo ad abitare presso una ex insegnante steineriana abbandonata dal marito dopo quarant’anni di matrimonio. Quale battesimo migliore in fondo. Oggi penso che sia la città più interessante in cui si possa vivere, qualche volta mi affatica con le continue proposte in cui mi tiene intrappolata, altre la sento ostile e ogni tanto mi chiedo come farò a riconsiderare i miei obblighi con le origini.

Fa davvero caldo oggi, credo che i panni si asciugheranno presto nel cortile. Dovrei ricominciare la cura di ferro, me lo ha ricordato ieri mia madre (ma come fa a saperlo?) . E poi dovrei sbrinare il frigo: ormai c'è soltanto l’anguria da finire e un paio di hamburger vegetariani. In fondo cosa è cambiato in questi quasi dieci anni? Casa, ufficio, viaggi che non faccio più da anni, la tv che rivedo solo da un paio di anni, la carne e il pesce che non mangio più, qualche amico, qualche più o meno amico, qualche incontro sbagliato, qualche non amico...chiunque, io stessa, mi direbbe che tutto questo si fa ovunque, non è necessario vivere a Milano. Può essere. Ma io non ci sono mai riuscita. Quando lavoravo nelle Marche ero capitata in un posto che mi pareva il paradiso in terra e andavo al mare da aprile ad ottobre. Poi un bel giorno sono salita all’ufficio del personale e mi sono licenziata. Sono così ritornata negli agi domestici per tre anni durante i quali vivevo con una borsa di studio e mi veniva solo richiesto di scrivere una tesi che sostenesse un’idea tutta mia. Nulla di più. Ma niente, non funzionava e non sapevo, neppure stavolta, perché.

 E Milano? Milano funziona? E che domanda è? Milano funziona o non funziona come tutto a questo mondo. Sono io a (pensare di) funzionare meglio qui, mentre assecondo le mie malinconie o provo a misurarmi con certi contesti ostili, le cose che mi annoiano e che non posso evitare e quelle che mi piacciono e che qui trovo prima che altrove. Io credo che sia un errore analizzare il benessere entrando nel merito delle cose. La differenza vera nelle cose della vita secondo me la fa il metodo. Io al sud sono diversa: mi muovo, interagisco, mangio, parlo diversamente. I miei hanno problemi diversi, la luce è un’altra, gli odori pure e tutto questo mi predispone e spinge sempre ad atteggiamenti che poi a Milano non mi servono a niente. E non è una questione di sentirsi una specie di Zelig...no, è un’altra cosa. Riguarda quello che ti hanno inculcato e che non hai interiorizzato del tutto e così lo respingi e riaffiora a seconda di quanto stai soffocando o ti è consentito di respirare a pieni polmoni.

 La verità forse è solo che è da un mese che provo a svuotare il frigo per sbrinarlo ma non potevo perché c’era sempre qualcosa che avanzava e che sarebbe andata a male e invece i miei hanno il frigo no frost e questa cosa non la fanno mai e poi non hanno paura che qualcuno gli venga ad abitare sulla testa e farà un rumore infernale e poi hanno addirittura un balcone per asciugare il bucato e vanno al mare tutti i giorni e si godono la pensione e fanno solo quello che hanno voglia di fare . E  si sono pure presi il mio gatto. Tutto a loro.
Però vuoi mettere. Io sto a Milano. E morirò di dispiacere, o sofffocata, quando succederà di doverla lasciare. E dico seriamente

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