Sola andata

Sola andata

giovedì 26 luglio 2018

Raccontami una storia. Puoi anche miagolarla, persino abbaiarla, se vuoi

Anche oggi, come ieri non ho portato con me l’i pad e mi sono limitata a vedere solo le eventuali notifiche sul mio debole cellulare. La mia vita social-contingentata mi pare cosa ottima, sebbene abbia scoperto che il post scritto ieri e non linkato su fb non sia stato raggiunto da altri canali. Mi stupisce sempre molto il meccanismo della visibilità di qualcosa che è comunque sotto gli occhi di tutti...davvero una faccenda strana.

Come credo di aver già detto qualche volta (e come sarebbe facile intuire) sono ancora una lettrice abbastanza appassionata di blog. Mi piacciono quelli buffi di certe mamme moderne, alternative, ironiche e che vivono la maternità senza alcuna retorica. Di solito il meccanismo che scatta nella mia testa è quello di mettermi nei loro panni e provare a capire cosa farei io alle prese con un bimbo che cresce e che di fatto non si conosce ancora, nonostante sia figlio. La mia anima freakettona mi vedrebbe in qualche posto di campagna, alle prese con giochi fatti a mano, colori, dolci da farcire, collanine colorate. E poi però vorrei pure che frequentassero la scuola americana: confesso che per anni ho messo da parte i soldi proprio per fare una cosa del genere. Oggi ho decisamente variato la destinazione d’uso di quei risparmi...ma tant’è.
E poi leggo i blog biografici con annessa autoironia: di solito si tratta di single rassegnate dai continui casi umani con cui si interfacciano, o di ragazze con disturbi alimentari esorcizzati brillantemente con un paio di maritozzi, oppure leggo le storie di ragazzi timidi che raccontano dei loro approcci falliti come se si trattasse ormai di uno sport estremo di cui collezionano medaglie da podio. Sì, direi che il mio senso di appartenenza si configuri con l’adesione soprattutto a un certo genere di narrazione. E questo indipendentemente dalla mia identificazione alle specifiche esperienze. Si tratta piuttosto di una forma molto delineata di empatia e di interesse per chi parla di una cosa propria centrando bene il modo con cui lo fa.

Una volta un bravo “raccontastorie” che fa delle cose molto belle in radio e in certi locali di Milano, Matteo Caccia, parlando del ruolo dello “storytelling” (termine da usare con molta parsimonia per favore), disse che si tratta di un atto fondamentalmente politico, anzi l’atto politico per eccellenza. Riflettendo sulla mia esperienza credo di capire cosa davvero intendesse. E forse lo ha ben capito pure una certa classe politica che ha saputo costruire la propria vittoria a tavolino facendo della narrazione sui social un potentissimo strumento di propaganda. Ma questa forse è ancora un’altra storia...

Ah dimenticavo. Oltre ai blog, mi piacciono pure i video buffi sui cani e i gatti. È uno dei modi più sublimi che ho di perdere il mio tempo senza pentirmi. Forse  perché mi pare che sia in certe loro irresistibili gag che io vi ritrovo frammenti di quei famigerati “atti politici per eccellenza”. Incanto di semplicità e istinto.
E così ho pensato che tornare a casa e riaccendere l’i pad, dopo una giornata in cui sono stata felicemente senza, sia proprio una bella storia. Che per fortuna ne racchiude tante altre.


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