Sola andata

Sola andata

martedì 3 maggio 2022

Insonnia di una notte di mezza stagione

Che poi non è tanto il fatto di non riuscire a dormire abbastanza la cosa che davvero mi manda ai matti. Per questo prima o poi ci si abitua, il corpo si adatta e in fondo è più la qualità del sonno a contare che il numero di ore trascorse nel letto. Quello che faccio davvero fatica a gestire è il flusso strano e incontrollabile dei pensieri che si affastellano proprio in quel segmento temporale preciso. Da quando il mio vicino sudamericano un po’ scemo ha smesso di chiamare ad alta voce i suoi familiari quando è giorno soltanto per loro (lo feci presente all’amministratore e da allora è stato bravo) sono costretta a fare i conti con un silenzio così assoluto che mi pare incredibile di non riuscire neppure adesso a conquistare un sonno lungo, profondo e rigenerante. Il cambio di stagione non aiuta allo scopo e pure con questo ho dovuto imparare a far pace. E così mi ritrovo a pensare alle cose più assurde o che non mi sembrano così meritevoli di tempo e salute da investire. Eppure arrivano, ci giro attorno manco fosseroquestioni cruciali e impellenti. Per dirne una, stanotte mi è tornata in mente una vecchia signora, con la messa in piega appena fatta, abbigliata con sobrietà austera, che invita a partecipare allacolletta alimentare che ritrovo ogni anno fuori al supermercato di piazza Ovidio. Si presenta assieme ad un bambino, così fa ancora più tenerezza, ti mette in mano una busta gialla e con la faccia più santa che le viene ti chiede di fare la spesa per i poveri. Non sa e non le importa che tu probabilmente sia più interessato a sostenere altri progetti di solidarietà o che preferisca fare la spesa per il canile di Lambrate mettendo il cibo direttamente nei cestoni messi dalla coop vicino alle casse, senza che nessuno “inviti” a farlo. No. Lei farà in modo che tu senta il peso della sanzione sociale in modo da sentirti obbligato a fare la spesa perché è lei che te lo ha chiesto. E allora penso che in realtà io non sono infastidita dalle intenzioni quanto piuttosto dal metodo adottatoTutte le volte mi chiedo come si sentano gli altri, se provano disagio e fastidio come me, quelli che poi decidono che parteciperanno perché è giusto e pure perchè sennò con quale faccia usciranno soltanto con la spesa fatta soltanto per se stessi? E così tento di trarre delle conclusioni sulla base di quello che poi decidono di comprare e da mettere nella “busta gialla”. Alla fine deduco che se comprano del salmone da 35 euro per se stessi e poi scatolette di fagioli primo prezzo per i poveri allora per me il valore di quel gesto è pari a zero. Compartire vuol dire condividere le stesse cose, non discriminare rendendo in questo modo ancor più profonda, larga e umiliante la forbice tra chi ha e chi non ha. E no. Non è meglio di niente perché è proprio questo approccio ad essere indicativo di un atteggiamento che tende a perpetuare la miseria. Non a ridurla. 

Io invece faccio un’altra cosa, credo ugualmente meschina: io compro tutti i prodotti che mi regalano un sacco di punti fragola: non sono articoli primo prezzo ma a me garantiscono un portafoglio di punti che poi mi consente di ottenere un sacco di benefit. Meglio di niente? Meglio che offrire prodotti di qualità inferiore a quelli che prendo per me? Boh. Io ho comunque agito secondo egoismo lo stesso, adottando una logica utilitaristica e di personale tornaconto. D’altro canto mi piace comprare il cibo per i gatti da lasciare nel cesto della coop. Quello mi fa proprio piacere. Vai a capirne le ragioni. E vai capire perché di notte faccio di questi pensieri.


Una volta, un sacco di anni fa, in una trasmissione televisiva, di quelle del mattino dove si chiacchiera coinvolgendo pure il pubblico da casa, telefonò per dare la propria opinione la commessa di un negozio di lusso del quadrilatero della moda. Diceva di amare il suo lavoro perché adorava vedere ogni giorno signore ricchissime, impeccabili, sempre molto garbate, che non chiedevano mai lo sconto per comprare abiti che lei non avrebbe potuto permettersi neppure dopo anni di lavoro. Mi colpì moltissimo questa dichiarazione. Niente odio sociale, nessun ragionamento che includesse lo sfruttamento, le diseguaglianze basate su rendite di posizione, nessun accenno neppure vagamente piccato ad eventuali colpe ataviche che si basano sull’indebita accumulazione di ricchezza da parte di pochi a scapito dei più (pure delle commesse sottopagate del quadrilatero). No. Soltanto ammirazione per chi, proprio (e soltanto) perché molto ricco, sembra migliore in quanto a bontà, bellezza, educazione…

Questo io penso di notte, nel silenzio ritrovato delle mie notti più recenti.

I cambi di stagione sono sempre un po’ faticosi. Soprattutto quando non si capisce in che stagione si è e verso quale si sta procedendo. Dormirci sopra potrebbe far bene. E invece…

 

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