Sola andata

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venerdì 18 agosto 2023

Caro Nanni

 Caro Nanni,

Quanti anni sono che non dimentico il tuo compleanno? Per ragioni anagrafiche mi sono avvicinata al tuo cinema quando dicevi di essere già uno “splendido quarantenne”. Sì, è stato “Caro Diario” il tuo primo film che io ho visto al cinema, ormai già così nuovo e diverso da quello che eri stato prima, e da allora recuperare tutto quello che eri stato - il tuo modo così originale di concepire il ruolo del cinema rispetto alla tua generazione, la capacità di osservare il mondo riuscendo a tenere assieme un innegabile narcisismo, ma pure impegno, lucidità nell’analizzare il contemporaneo, la visionarietà, l’intuizione su un certo modo di intendere la complessità e la fragilità dei legami umani - è diventato il mio esercizio più appassionato di crescita e di consapevolezza. Cosa ho amato davvero di te? Forse una serie stati d’animo che sfuggono alle definizioni precise, una specie di smarrito divertimento misto a malinconia che mi ha procurato fin dai primi minuti un piccolo gioiello come “Ecce bombo”, il film che per anni è stato il mio rito da notte prima di un esame: una scaramanzia che mi ha sempre premiato, pur senza mai scordare che il mio preferito erae sempre sarà, “Bianca”. Ma la verità è che sarebbe inutile fare una rassegna di tutto quello che in ciascun film ho scoperto e fissato dentro di me, come certe citazioni che conoscono pure quelli che manco sanno veramente chi sei, perché definirsi morettiano è qualcosa che va oltre l’amare il tuo cinema. Credo che abbia a che fare con un modo di sentire il mondo con divertito disincanto di chi riconosce nella sua tragedia il senso stesso della sua meraviglia, fino a farti pensare con convinzione certa che in fondo è “sempre il momento di fare una commedia”.


Da quando vivo a Milano ti ho incrociato di persona un sacco di volte: una volta all’Anteo, dopo la proiezione di quel magnifico e poetico documentario che fu “Santiago, Italia” mi avvicinai per prima tra il pubblico per fare una foto con te, poi l’abbiamo rifatta perché tu non avevi sorriso, ma a me andava bene lo stesso e poi ti feci firmare un autografo su un foglietto su cui si promuoveva “Roma”, il film di Cuaron

 

Caro Nanni, io neppure lo so quello che vorrei dirti oltre ai tanti grazie per la maniera unica in cui sei riuscito a tradurre lo stato d’animo di quei poveri noi che si trovano a loro agio e d’accordo solo con una minoranza di persone, che ci hai detto che l’amore è “difficile per tutti, per me invece è impossibile”, che le parole sono importanti” perché “chi parla male pensa male”, che ci hai fatto capire che un regista può essere narcisista e  fortemente consapevole del proprio talento senza per questo risultare banalmente egoriferito, che si può fare politica anche solo prendendo le distanze da quelli che la fanno per mestiere.


Caro Nanni, arriverei a confessarti persino che questo per me pare essere anno più bello della media degli ultimi trascorsi anche e soprattutto perché è uscito un tuo film che, ancora una volta, mi è sembrato perfetto per questo tempo, per il suo essere la conferma di tutto quello che sei sempre stato e per l’aggiunta di una pacificata maturità che rende tutto ancora più centrato.


Caro Nanni, dei miei ultimi trent’anni non so cosa sarebbe stato senza aver accolto il tuo modo di osservare le cose della vita, quell’universo in pillole tenuto assieme, di volta in volta, da pretesti narrativi sempre originali ed incisivi. Scommetto che oggi saranno in tanti a dirti che sei diventato “uno splendido settantenne”, magari proprio mentre tu metaforicamente osservi basito quel metro che in “Aprile” segnava il tuo tempo residuo (“perché ho detto 80? Volevo dire 95”). Io so soltanto che vorrei trovare “le parole giuste” per riuscire a tradurre quello che hai rappresentato per me durante questi ultimi trent’anni senza sembrarti retorica e forse un po’ patetica. Ma che le parole siano importanti è una delle tue lezioni che meglio ho provato a fare mie e quindi qui ora tento di minimizzare ogni possibile banalità residua dicendoti solo un infinito grazie per aver avuto “pietà tu di me” regalandomi anni di pura consolazione, piacere, divertimento, consapevolezza.

Caro Nanni, tanti auguri

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