Sola andata

Sola andata

martedì 17 settembre 2019

Di necessità superfluo

Otto bicchieri colorati per aperitivi estivi, delle formine per fare il ghiaccio a forma di animaletti, dei piattini per il sushi comprensivi di bacchette, una mug, delle posate per insalata, un set da sei di tazzine da caffè. Ho preso tutto, l’ho sistemato in una grossa borsa e l’ho regalato a chi avrebbe potuto gradire. È molto divertente privarsi delle cose di cui si pensava di avere necessità e scoprire che il vuoto che lasciano è in realtà uno spazio fatto di leggerezza o un posto lasciato libero per le cose nuove.
È incredibile quante cose si possano accumulare in una casa nel corso degli anni, anche in una piccola come questa. Per me si tratta soprattutto di piccoli ricordi, regali, oggetti buffi, scatole di latta con sopra dipinti soggetti vintage, strani accessori per la cucina...tutte cose di cui credo che non farei troppa fatica a liberami. Mi piacciono ma non mi ci sono affezionata davvero. E questo in fondo mi dispiace un po’. A volte mi chiedo come reagirei se andasse tutto perduto in un incendio. Soffrirei solo per un paio di libri sottolineati e molto vissuti e per certe collezioni di film che faticherei a ripescare...ma forse neppure in questo caso soffrirei più di tanto.

Una volta ascoltai un’intervista ad un antropologo. Lui raccontava che da molti anni andava in giro per il mondo a realizzare piccoli o ambiziosi progetti di aiuto nei villaggi più poveri del mondo: un scuola, un acquedotto, servizi di assistenza, costruzioni abitative...cose così. Ad un certo punto l’intervistatore gli chiese cosa si provasse a lasciare un luogo in cui si è vissuto così intensamente, tutte le persone del posto che si è deciso di aiutare. Gli si chiedeva quanto davvero pesasse il vuoto di un distacco da persone a cui si era dato tanto di sè. L’antropologo rispose così: “vede, io sono un anaffettivo. Una volta portato a termine un progetto è come se un vuoto si fosse già creato. L’esperienza si è conclusa e la sola cosa di cui sento la necessità è portare avanti un nuovo progetto e realizzarlo. Ciò che è stato fatto già non conta più”.
Che strana risposta. Davvero si può decidere di fare qualcosa di bello e di buono per l’umanità pur
non amandola?!?! Pare proprio di sì.
A volte anche io credo che l’affetto, i legami, l’amore siano in fondo un concetto sopravvalutato e spesso smentito dalla stessa impossibilità di riuscire a stabilirne una definizione netta. Penso al mio gatto: a lui importa solo di se stesso eppure ha fatto in modo di diventare un esserino  indispensabile per la mia famiglia. Non ama nessuno ma fa del bene a sua insaputa. Che strano paradosso.

Oggi mi sono liberata di cose che servono di più ad altri e stasera, rientrando in casa e vedendo quegli spazi ormai liberi mi è sembrato di respirare meglio.
E così ho pensato che non è una colpa non sentirsi legati alle cose, alle persone, alle esperienze, ai ricordi. Questo me lo disse il mio primo gatto l’ultima volta che ci siamo visti. Prima di sparire per sempre. E non farsi scordare mai più





Nessun commento:

Posta un commento