Sola andata

Sola andata

giovedì 12 settembre 2019

Quando tutto torna mi metto in “ascolto”

Come è strano soffermarsi sulle cose che mi sono più familiari e che mi sembrano nuove solo perché mi ero allontanata da loro per un po’. Il rientro alla routine post vacanziera mi fa sempre questo effetto: la novità senza l’ignoto, la necessità di riabituarmi ai ritmi perduti e al rapido ritorno a certi automatismi senza imprevisti. È un po’ come rinascere ogni volta portandosi però dietro un pezzo di consapevolezza in più. In fondo credo che invecchiare sia esattamente questo: familiarizzare costantemente con ciò che solo in apparenza ritorna sempre uguale a se stesso come un destino ineluttabile ma che in realtà è, necessariamente, tutt’altro da ciò a cui eravamo abituati.
Dell’estate appena passata avevo già fissato qualche appunto, il tanto che mi è bastato per dire che è stata bella, varia, spesso memorabile e che questo mi pare essere stato un gran bel risultato. Ne farò tesoro da capitalizzare per l’inverno.

Per tutta questa settimana ho avuto una forte allergia agli occhi. Mi svegliavo con la faccia di un pugile molto sconfitto e, prima di essere presentabile senza dare adito a deduzioni improbabili, dovevo fare molti impacchi di acqua fredda. Poi è tutto passato con la stessa misteriosa modalità con cui era arrivato. Forse la calma con cui sono ritornata al mio quotidiano più familiare non poggiava su basi poi cosi solide e così una parte di me ha fatto resistenza impedendomi di “vederci” davvero chiaro. Vai a sapere...tanto poi alla fine tutto torna (torna come? Chiaro?).

È tornato pure l’irrinunciabile palinsesto invernale delle mie stazioni radiofoniche preferite, quelle senza le quali il silenzio domestico mi pare il peso più insostenibile che io possa immaginare. Matteo Caccia è passato di nuovo a radio 24 (da radio due): sono 15 anni che lo ascolto e quando ero ancora giù in Campania desideravo tanto conoscerlo e parlargli. Poi questa cosa è successa davvero e adesso mi commuovo sempre un po’ quando tutte le volte che lo incontro si ricorda il mio nome e mi saluta
 col bacetto.

Nell’albergo di Venezia invece ho fatto colazione al tavolo accanto a Lalaura, altra mia storica beniamina di radiodue. Una mattina l’ho avvicinata e le ho detto che la seguo da tanto tempo e che è bravissima. Ne è stata felice, ma io non mi perdonerò mai di essere stata così ineducata quando l’ho vista con le valige e non ho proprio pensato ad aiutarla un po’. Quella mattina non ho fatto altro che pensare a quanto devo averla delusa.
È tornato anche il mio idolo assoluto Gianluca Nicoletti più in forma che mai. Conosco anche lui: di solito mi prende in giro ma credo che sia molto compiaciuto del mio affetto.
Ecco, io credo che la radio renda più tollerabile il mio ritorno alle mie cose sempre uguali, ai risvegli solitari e con la vista appannata, al silenzio imposto, alla familiarità di uno spazio ostinatamente ristretto. Ma forse tollerabile non è la parola giusta. Ad un certo punto credo che il termine esatto da usare  sia “auspicabile”. Io credo che anche la vacanza più bella, la compagnia più piacevole,
l'esperienza più  sorprendente, il mare più cristallino, i tramonti più poetici, siano il pretesto saggio
di un desiderio di tornare qui, in mezzo a queste quattro cose che mi riguardano così tanto. Così più di tutto il resto.

La serata è fresca, mi sono struccata, ho appena visto un bel film e sono ritornata nel mio letto sotto il tetto. Non ho ripreso ad allenarmi, ma so che tornerò a fare anche questo a brevissimo. Tutto già “sentito”. Non mi resta che rimettermi in “ascolto”. Perché ogni vecchio programma, per continuare ad esistere, porta con sé delle novità invisibili agli occhi. Persino a quelli quasi del tutto sgonfi.



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