Sola andata

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domenica 22 settembre 2019

La ragione sta nella “mezza”

L’autunno ha fatto il suo ingresso a gamba tesa con una puntualità a cui non sono mai pronta visto che per le mezze stagioni sento dire, ormai da quando sono nata, che non esistono più. I ritmi sono tornati ad essere quelli di sempre dopo la “destabilizzante” estate, le temperature suggeriscono il consueto abbigliamento a strati per fronteggiare la variabilità delle giornate e io provo ad inventarmi, come al solito, qualche forma nuova di stupore per tutta questa prevedibilissima ciclicità sempre uguale a se stessa. Detta così pare una cosa triste ma in realtà io in questa condizione ci sto ancora parecchio comoda, forse perché in fondo continuo a desiderare le stesse cose, sempre quelle e tutte di facile accesso per fortuna. E poi più di tutto, durante i giorni che si fanno più rigidi, mi piace starmene su questo divano a “reimparare” a non dare nulla per scontato. Neppure l’indignazione apparentemente più sacrosanta.
È notizia di questi giorni il successo enorme che ha ottenuto il documentario sulla Ferragni. Perché dovrei giudicare questo fatto come il segnale inequivocabile di una decadenza etica e ideologica? Che strumenti si possiedono davvero per criticare l’ascesa senza precedenti di una giovanissima donna che ha intuito per prima un modo totalmente nuovo di concepire il marketing e la valorizzazione dei suoi brands  tramite il web? Ha semplicemente realizzato un’idea che ha avuto un enorme successo. Oltretutto paga regolarmente (tantissime) tasse e non è affatto vero che non lavori.

Pare  strano e invece il capitalismo funziona esattamente così. Da sempre: c’è chi arriva a diventare ricchissimo perché è un genio e la sua idea viene intercettata per creare nuovo valore, chi perché ha scommesso su titoli che sono andati benissimo contro ogni previsione, chi è arrivato per primo ad aggredire certi segmenti di mercato poi risultati vincenti, e poi c’è (anche) chi si è fatto da solo inseguendo ostinatamente un’idea e lavorandoci sopra senza mollare mai. Di contro, c’è anche chi pur avendo almeno uno dei requisiti accennati non ha comunque ottenuto quei risultati. Perché succede. Succede che il mercato obbedisca a regole totalmente proprie e del tutto insondabili, che non sia meritocratico e tagli fuori chi sulla carta potrebbe promettere e mantenere e questo solo perché la congiuntura non gli è, in quel momento, favorevole solo per una mera casualità, per una tempistica errata. Succede da sempre in un sistema concepito così e disattento a preservare l’equità e una redistribuzione attenta delle risorse.

È per tutte queste ragioni che trovo che l’accanimento contro la Ferragni sia ridicolo e inutile, oltre che mosso da evidente invidia. Di contro non mi piace neppure cadere nella trappola opposta di chiedermi se la colpa sia di chi la segue come un oracolo, come se fosse la prima volta che un sistema collettivo senta il bisogno di creare dei miti che garantiscano una visione comune e creino una forma anche fragile di collante e di senso di appartenenza. Chi ha davvero il diritto di contestare e giudicare simili processi? A me interessa di più osservare i cambiamenti per quello che sono, senza giudicarli, perché è inutile, sciocco e pretestuoso, e provare invece a decodificarli

A me della Ferragni importa poco solo perché non mi interessa l’ambito in cui opera, ma ho sentito
ragazze dire che per loro rappresenta la perfezione. Forse è così e sono io a non possedere questo nuovo strumento di misura. Chi lo sa. Però me lo devo ricordare più spesso che giudicare generazioni più giovani della mia, che ragionano con codici diversi, che rispondono alle richieste di un tempo diverso da quello in cui io mi autodeterminavo, non è un modo efficace di leggere la società. E poi io sono coetanea di gente come Renzi e Salvini...dovrei tacere anche solo per questo.

È arrivato l’autunno. È una stagione di passaggio proprio bella ora che ci penso bene. Pensare che possa non esistere più è veramente da folli.


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