Sola andata

Sola andata

domenica 5 luglio 2020

Sentirsi nel posto giusto. O perlomeno sentirlo così

Ho aspettato fino a ieri. Dopo circa quattro mesi sono ritornata al cinema. Ho scelto uno di quei piccoli cinema di quartiere, dalla parte opposta della città così da impormi di passare per il centro e ritrovare luoghi da cui sono stata lontana per un sacco di tempo. Sono andata allo spettacolo dell’ora di pranzo: un film in lingua originale. Sono uscita di casa piuttosto presto e con il pranzo al sacco da consumare ai piedi del Duomo, dopo aver ritirato delle cose alla biblioteca Sormani. Poca gente, abbastanza silenzio, molto caldo. Il mio panino era squisito.

Ho camminato per tutto il corso e sono arrivata fino a Porta Venezia, ho mangiato un Mcflurry al bounty che ho molto apprezzato, ma continuo a preferire quello allo sneakers. Il film era talmente bello che nessuno ha osato fare la cosa che temo di più al mondo e cioè accendere il telefonino in sala. Tutto è filato liscissimo e io sono rientrata a casa con quello strano senso di pienezza e di pace che mi mette sempre un po’ in imbarazzo tutte le volte che continuo a trovare sufficienti cose così minuscole per stare serena. Appena rientrata ho dato lo straccio al pianerottolo fuori al mio uscio e alle scale della porzione di corte in cui abito: dovremmo fare una turnazione tra quattro famiglie, ma non si rispetta mai e allora lo faccio io tutte le volte che posso...che non è così spesso...ma vabbè...

Sto studiando un po’ di soluzioni per ristrutturare il bagno, liberarmi di un po’ di mobili, cambiare il colore delle pareti, creare una nuova disposizione all’accoglienza. È da un po’ di tempo che medito di traslocare e fare un salto di qualità domestica e di quartiere, però alterno quello che è un bisogno ormai maturo con la voglia di giocare ancora un po’ con questo posto assurdo e un po’ freakettone che a volte mi irrita ma ancora mi affascina molto. Mah proverò ad intercettare la soluzione ottimale man mano che rifletto su questa cosa.

Sto pianificando le mie ferie. Tornerò giù dai miei a fine agosto e credo che ci resterò fino ai primi di settembre. Lo scorso anno, nello stesso periodo, mi ero regalata il festival del cinema di Venezia. Non mi ci volle molto tempo per capire che non fa per me tutta quella folla, le file, la maleducazione dei veneziani e la loro insofferenza nei confronti di chi viene da fuori e che accolgono solo per avidità. Credo di essere l’unico terrestre ad odiare Venezia. Ad ogni modo, se dovessi mai tornare a quel festival adotterei la strategia di vedere solo i film della sala Volpi. I più belli che mi ricordi e che spesso non approdano in sala.

È da un po’ di tempo che faccio una cosa di cui ancora non ho mai parlato. Credo che proverò a farlo tra qualche tempo, quando saprò bene che tipo di esperienza è stata davvero. Per ora direi che è stata una cosa strana, un po’ faticosa, a sua modo illuminante. Poi racconto.

Oggi c’è un sole splendido e una luce in casa che quasi mi costringe a sgusciare fuori, portare dietro un libro qualunque, il ricordo del sogno di stanotte, qualche piccolo oggetto di cui liberarmi e il pensiero  a qualcuno a caso cui tengo.

Ho fatto colazione con dei pancakes di avena e farina di cocco, frutta e yogurt. Sono a posto. In un posto che ancora sento mio. Anche oggi mi lamento un’altra volta. Non mi pare affatto poco

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