Sola andata

Sola andata

mercoledì 22 luglio 2020

Una vita attiva_bile


Pare impossibile essere già a fine luglio. È passata più della metà di un anno in cui mi trovo a dirmi fortunatissima solo perché viva, non malata, con ancora un lavoro e senza morti per cui piangere. Eppure anche per me nulla sarà mai come prima. Me ne rendo conto da quando apro gli occhi al mattino,  quando bevo il caffè, quando mi preparo il pranzo. Lo capisco quando cammino in una città che non riconosco più, quando entro nei cinema vuoti, quando vado in ufficio e lo spazio di condivisione ora è tutto mio. È così strano pensare che in fondo la qualità della mia vita sia di fatto tanto migliorata eppure io non riesco a trovare la giusta logica alle sensazioni così inedite. Davvero non so come ritarare il mio modo di percepire il presente.

Ci cascano sempre. Non c’è niente da fare, quando voglio che emerga il mio lato cattivo sono loro a darmi le soddisfazioni maggiori riguardo alle mie convinzioni sul genere umano. Forse è perché mi sono avvicinata ai social partendo dal mondo dei blog e questo vuol dire prediligere, anche in modo involontario, l’argomentazione e il pensiero articolato rispetto agli slogan o alle affermazioni categoriche, quelle che prestano il fianco a provocazioni o reazioni divisive. In questi casi è guerra certa. E qualche volte me la cerco. Mi basta dire che non invidio nessuna madre di bambini capricciosi, che il nord è più evasore del sud, che il privato non è meglio del pubblico, che chi pensa male di Lars Von Trier è perché in realtà non lo ha capito...cose così, pareri personalissimi posti in modo irritante e in grado di generare delle reazioni così esplosive che mi domando come sia possibile che non esista ancora qualcuno che abbia dichiarato guerra per rivendicare il tempo di cottura della pasta. Il tasso di permalosità sui social è centuplicato e non sempre mi è davvero chiaro il perché.
A volte rimango spiazzata, altre mi diverto moltissimo pur sapendo di essere una che fugge da tutti i conflitti possibili e che mi offendo quasi subito e poi che non credo nel valore del dibattito e nella sua capacità di modificare realmente il pensiero originario di chi è già persuaso di una propria convinzione. Il cambio di mentalità credo che  necessiti di altri canali, diversi dal confronto dialettico. E così, ogni tanto, mi metto sulla tastiera, lancio qualche provocazione, leggo le reazioni, rispondo, mi accorgo che il mio interlocutore non è capace di argomentare, provo a stressare fino in fondo la sua rabbia, e arrivo a fargli dire cose di cui probabilmente in condizioni normali si scandalizzerebbe lui stesso. Poi però di solito si arrende e io trovo così conforto riguardo alla mia idea sul nostro essere delle creature tanto prevedibili. Forse è proprio questo che ci manda veramente fuori di testa. Mi basta poco per farmi contenta, persino avere ragione della banalità mia e quella degli altri.

Mi definirei una buona ascoltatrice, soprattutto da quando ho imparato a parlare sempre di meno, ma fuggo dai logorroici che hanno semplicemente bisogno di qualcuno per parlare solo a se stessi. C’è stato un tempo in cui una mia coetanea mi tediava per ore con le sue storie patetiche su come gli uomini la usassero. Credo di averle ripetuto cinquecento volte cose che lei puntualmente non metteva in pratica ma che non la dissuadevano dal perseguitarmi continuando a farmi sapere come la trattassero come mero oggetto sessuale . Un giorno mi disse una cosa del tipo “sempre meglio di come hai deciso di fare tu, che di fatto non vivi”. Non smetterò mai di ringraziarla per quel pretesto formidabile che mi offri l’occasione di non avere più nulla a che fare con lei. Mi finsi offesa e le dissi che non avrei mai più dato ascolto ai suoi monologhi infiniti è sempre uguali a se stessi. Che bello.

Nella mia vita “reale” ho imparato a non innescare mai litigi e a ridimensionare ogni situazione di conflittualità. In quella “virtuale” amministro un mio mondo in cui provo a trovarmi simpatica, articolo meglio i pensieri, provo a giocare con i paradossi e lascio emergere la parte cattiva giustificandola con pretesti a scopo conoscitivo. Tutto, pur di non diventare una noiosa logorroica che cerca gli altri semplicemente per continuare ad ascoltare sempre e soltanto se stessa

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