Sola andata

Sola andata

martedì 8 giugno 2021

In apparenza inganno (soprattutto me stessa)

 I paradigmi sono cambiati. E’ innegabile. Pure per me che ho avuto così paura di interrompere ogni mia routine, che mi sono ostinata a fare tutto quello che ho sempre incluso nel mio quotidiano con la disciplina di chi sa che abbassare la guardia, rilassarsi troppo o, peggio, cadere vittima di paure e pessimismo, significa quasi sempre lasciarsi andare, diventare preda facile di abulia, depressione, rilassatezza tossica. Ho avuto così paura che questo accadesse che ho imparato a vivere certa mia periodica e forte stanchezza come l’indicatore di un comportamento corretto, la mia solitudine come pretesto di riflessione e accoglienza per pensieri nuovi, le mie albe come preziose parentesi a cui aggiungere all’attività fisica di impatto anche quella preparatoria  di meditazione e movimenti dolci. E’ cambiato tutto lo stesso, anzi, forse proprio per questo carico di attenzione indotta. Ma me ne rendo conto soltanto ora.

Penso tuttavia  che questa fase stia ormai passando: persino io comincio a convincermi che stavolta ne usciremo davvero. E mi sento pronta a questo sedicente ritorno alla normalità. Mi sono tenuta allenata solo per questo in fondo. eppure il mio solo, primo ed unico desiderio in questo momento, è mettermi in viaggio. Ne ho bisogno come credo di non averne mai avuto prima d’ora ed è una sensazione quasi spiazzante. Farò il vaccino senza malincuore solo in nome di questo obiettivo, lo ammetto.

In questi  ultimi tempi ho fatto una cosa che trova le sue ragioni in parte in una certa forma di vanità per ravvivare la fragile autostima che curo come si fa con certi esserini un po’ indifesi e un po’anche per fare una sorta di esperimento “antropologico” sulla percezione, i valori, le priorità delle persone con cui a vario titolo mi trovo ad interagire…ho fatto questo: ho postato molto spesso le foto del mio stato post work out dell’alba, quello che mi sparo tra le 5:30 e le 6:30 più o meno. Faccio in modo che si capisca che ho fatto una fatica vera, che sono contenta di tutto quel sudore che prova la verità del mio impegno e che addirittura sono abbastanza in forma nonostante i miei prossimi 45 anni. L’altra parte dell’esperimento consisteva nel fotografare il mio cibo impiattato con tutta la cura di cui fossi capace. Ecco, io sono molto felice dei like e delle attestazioni di stima, ci mancherebbe altro. Poi però mi sono arrivati pure  i messaggi privati, quelli dove anche chi non mi ha mai conosciuto dal vivo trova normale pure affermare che sia da sposare semplicemente sulla scorta di quello che vede e percepisce di me. E la cosa mi diverte moltissimo: mi conferma che per un uomo sia più che sufficiente pensarsi accanto ad una donna apparentemente piacente e in grado di cucinare sempre. Forse si scherza soltanto, ma per me è un indicatore pure questo. In fondo che male c’è, se non fosse che per me un uomo che mi apprezza per queste sole ragioni è già di per sé fuori dalla mia orbita di interesse. Un corto circuito da cui non esco: perché essere così, mopstrarmi così, se poi non vorrei piacere per ragioni così banali e arcaiche?

Io cucino sempre pensando a qualcuno. Mi alleno trovando l’energia dal pensiero di qualcuno a cui voglio bene. E’ così, altrimenti non mi verrebbe voglia di fare nulla. Comincio chiedendomi  cosa potrebbe piacergli, quanto gli farebbe bene, se lo ha mai assaggiato, in quali varianti potrebbe apprezzarlo. Io faccio così. Di solito si tratta di persone che forse non arriveranno neppure mai a saperlo, che spesso sono già impegnate (meglio, così metto subito da parte ogni inutile turbamento romantico), persone che mi piacciono per motivi che io stessa non saprei spiegarmi ma a cui torno sempre col pensiero, che vorrei trascinare con me in una  gara di ripetute in salita, a cui chiederei di aiutarmi a fare la verticale o dei test di potenziamento del core per stare in equilibrio su una gamba sola. Lo confesso, io traggo la mia motivazione solo così: pensando a qualcuno con grande affetto e a cui vorrei piacere altrettanto, fermo restando che so già che non funzionerebbe alcun tipo di dinamica amorosa non platonica. Perché sono io a mancare di ogni presupposto necessario: al netto di un po’ di foto allegre, passo la vita a temere di sprecare il mio tempo e non fare mai abbastanza né di essere particolarmente meritevole e quando ci penso mi trovo così noiosa e pedante che, parafrasando Allen (che forse parafrasava a sua volta Groucho Marx), non frequenterei mai un club che vanti tra i suoi iscritti gente come me.

E così, mentre tento anche io questo ritorno a una qualche ipotetica forma di normalità collettiva, meno male che ci sono i social: in mezzo a certi miei post allegri, sportivi e mangerecci, mi ritrovo addirittura a ridere per qualche mia battuta. E così penso che forse nelle mie trappole, chi ci casca davvero, sono proprio io


 

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