Sola andata

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martedì 27 settembre 2022

Abitare il proprio tempo nel piccolo spazio di mancati “no”

 Che poi alla fine per me la soluzione è sempre stata quell’altra. Quella che mi evitava la fatica dello scontro, dei conflitti taciti, del confronto sfiancante fatto di trattative e piccoli ricatti, ma poi persino della pacifica dialettica. Non ho mai sopportato i no, neppure quelli solo ipotetici, e al contempo non sono mai stata abbastanza forte da farmi valere per ricevere i sì di cui avevo bisogno per provare a percorrere la strada che mi ero scelta. E allora ho trovato un altro modo: ad un certo punto ho smesso di chiedere al punto  da evitare di farlo più di quanto fosse normale. Ho cominciato con le cose che ho smesso di chiedere ai miei perché tanto non me le avrebbero comprate, non mi ci avrebbero portato, non me lo avrebbero spiegato…e ho cominciato a trovare tutte le possibili strade alternative per ottenere tutto a modo mio. E, appunto, senza chiedere. Ho perso più tempo, ho fatto più fatica, spesso è stato un po’ più umiliante, ma alla fine credo che sia stata una valida palestra.

È un po’ di tempo che ripenso a questo strano aspetto della mia vita e del mio vissuto infantile perché per anni mi è parso davvero un fatto normale non accampare richieste, rivendicare diritti o forme “gratuite” di condiscendenza. Oggi penso di essere cresciuta in un contesto eccessivamente disfunzionale che temo mi si ripresenti periodicamente col conto. Ma tant’è. Perché ho pensato a questa cosa proprio in un tempo in cui la percezione del senso di libertà e di ciò che abbiamo il diritto di pretendere per la dignità appare più fragile che mai? Forse giusto per questo. Ad un certo punto della vita temo che sia addirittura normale interrogarsi su quali siano i segnali più evidenti della mortificazione che abbiamo permesso agli altri di infliggerci, magari senza rendercene neppure conto. Credo faccia un po’ parte del gioco stesso dello stare al mondo quando ci impone rapporti e legami più o meno profondi e inevitabili. Ma con gli anni mi sono resa conto che i miei meccanismi di difesa stanno ostinatamente prevalendo. E così, proprio come un tempo con quelli più grandi e grossi di me, piuttosto che chiedere al vicino di abbassare un po’ la voce quando parla per ore coi parenti lontani o pretendere che l ‘orrendo bambino del piano di sopra la smetta di correre per tutta la notte per casa, ho preferito comprare dei tappi per le orecchie meravigliosi che con una spesa minima mi garantiscono tutto il silenzio che cerco quando ne ho bisogno. E per me va bene cosi. Io cercavo la pace, mica il conflitto o la limitazione della libertà di un grasso signore anziano o di un orribile bambino piccolo. Ma forse la vera sconfitta sta nel non provare alcun affetto per loro da quando li conosco perché, in fondo, non nutro sufficiente interesse per loro. Neppure per esprimere un mio legittimo disagio.

Vorrei poter dire delle mie sensazioni ora che la profezia di un governo di destra si è fatta realtà. Forse è presto per farlo e di fatto se dovessi partire dal pericolo della limitazione della libertà e dei diritti si potrebbe discutere a lungo su quello che ci hanno obbligato a fare durante questi ultimi tre anni tra pandemia e altre forme pretestuose di sacrifici necessari ma non meglio motivati. A volte ho l’impressione che siano tali e tante le forme insidiose di perdita dei propri spazi di manovra che alla fine, trovarsi di fronte in “nemico” così palese costituisca persino il male minore. Boh, staremo a vedere. Mantenere la calma mi pare sempre un suggerimento universale piuttosto saggio.

Come si fa ad abitare il proprio tempo occupando lo spazio giusto? Io ho trovato la mia dimensione in un approccio marcatamente “autarchico”, fatto di sempre meno parole e di visione collettiva della mia storia personale, di grande solitudine ma anche di profondo rispetto del modo di fare altrui. Non credo che sia davvero il tempo del dialogo e della reciproca comprensione e neppure che questo sia davvero un male che conduce una società all’abbrutimento. Si cresce anche imparando a riflettere per proprio conto. È solo terribilmente più faticoso.

Mio padre ha votato per la Meloni. Mia madre non ha votato affatto. Io ho messo una croce su Calenda senza alcuna vera ragione se non quella fatta per escludere chi ritenevo peggiore. Nessuno ha cercato di convincere l’altro a fare diversamente e ognuno ha continuato in questi anni ad avere una visione propria dello stare al mondo. E così, proprio in questi giorni così palesemente contrari alla mia idea di abitare la contemporaneità, mi sono ricordata di quella pulce smarrita che fui, alla paura di incassare tutti i no che non mi avrebbero mai aiutato a crescere e alla sostanza vera di tutti i legami assieme al vero linguaggio che li anima. E così ho pensato che esiste una forma non palese, ma profondamente concreta, di libertà fatta della somma di tutti i no che siamo riusciti ad evitare e dei quali soltanto noi possiamo sapere



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