Sola andata

Sola andata

giovedì 1 settembre 2022

Settembre a chi?

 E così è arrivato pure stavolta. Per quasi tutti è il grande rientro, i buoni propositi, le cose da cominciare o ricominciare, quelle da finire, riprendere, rivoluzionare. Perché si ha un bel dire che per molti di noi la scuola è finita un’era geologica fa (e che bello, che immenso privilegio non dover più mettere piede in quei putridi edifici pieni di ormoni che puzzano di adolescenza. O viceversa, chi lo sa, che importa), settembre è sempre quella roba lì: ifatidico mese della ripartenza. Dal mio piccolo e insignificante pulpito posso affermare che sfuggire a tutta questa retorica, ormai cementata da un trend che pare antropologicamente immutabile da quando ne ho memoria, è possibile solo al prezzo di una tenace autonomia fatta di isolamento, scelte fuori sincrono, attitudini fortemente peculiari, giudizi (e pregiudizi) esterni spesso sminuenti e contestati dai fedeli detentori delle sacre e irrinunciabili ferie agostane. Posso offrirne un timido esempio solo perché lo tengo qui a portata di mano perché racchiude in sé, guarda caso, la mia “scellerata” (ma ormai collaudata da almeno un decennio) esperienza. La paura del rientro mi ha fatto scegliere per quest’anno di andare in vacanza tra fine giugno e i primi di luglio, ma siccome è la vacanza stessa, con la sua intrinseca natura di tempo vuoto a spaventarmi, ho fatto in modo che dovessi darmi da fare tra cose da ascoltare, capire, imparare e restituire con personali contributi. E’ stato bellissimo cominciare. Lo è stato altrettanto concludere con un bagaglio immensamente più ricco che all’andata. Luglio e agosto sono stati mesi climaticamente estremamente impegnativi e il ventilatore dell’ufficio è stata la mia presenza più costante. Credo di aver trascorso intere giornate senza dire neppure una parola o incrociato lo sguardo di nessuno, ascoltando radio, leggendo moltissimo e guardando film e serie tv. E questa per me è la forma più alta di pace e di benessere che io possa immaginare. Non sono sempre stata sola, ma chi ha voluto farmi compagnia si è presto scontrato con la mia incoercibile e credo ormai immutabile natura di cui sopra. chiedo perdono ma questo è. Non posso farci niente io questa sono.

Il caldo infernale non ha fermato la mia antelucana disciplina fatta di pesi, circuiti o corse all’aperto, così da illudermi di meritare di vivere ogni volta una giornata degna, energica e produttiva. In fondo credo che sia davvero così, di fatto non ne ho certezza perché non oso fare diversamente per esempio provando a rilassarmi un po’. Milano d’estate è magnifica e perdersi lo spettacolo di una città vuota eppure col suo centro così pieno di vita è un misterioso paradosso che consiglierei a chiunque. E poi ho visto l’ultimo film di Cronenberg, che mi si è innestato dentro come certi corpi estranei che si mescolano con le viscere e che proprio lui maneggia così bene. Un film pazzesco che dovrebbe essere proibito vedere in una modalità diversa che al cinema.


La mia estate è stata più o meno questa. Direi proprio come in inverno ma al netto del freddo pungente e intollerabile, della pochissima luce, di uno stato d’animo velato di un maggiore pessimismo e una minore fiducia nelle mie risorse. E questo ai miei occhi può fare tutta la differenza. Amo l’estate perché per me lei, e solo lei, è una lunga promessa, perché se me la gioco bene mi aiuta sempre ad accoglierSettembre come se fosse un frutto ormai maturo e non una zavorra da portare controvoglia assieme a tutte le cose che nel frattempo abbiamo rimandato. Mi piace l’estate perché mentre gli altri sono in vacanza io mi godo un ufficio completamente vuoto, dei carichi di lavoro meno stringenti, una città che pare dedicarmi ogni sua strada, silenzio, museo, bar, cinema… perché pianifico i miei viaggi da fare in un tempo “altro” a cui nessuno penserebbe. Amo l’estate perché posizionarsi su segmenti cronologici sfalsati può essere un modo di vivere estremamente vantaggioso e pieno di spazio non occupato da altri.


Di settembre mi porto dentro due volti: la sua immagine sbagliata di un tempo, quella fatta di incipit e propositi faticosi e dimenticabili, dei rientri a scuola che per fortuna per me non riprende più e delle persone che non vorrei ritrovare anche senza una ragione precisa. E poi mi porto dentro l’immagine che mi somiglia, quella in cui settembre diventa il mio risultato migliore, lo spazio giusto in cui posizionare la mia forma migliore, un premio da godere piuttosto che una fatica da affrontare. Ci penserà lui ad impedirmelo. Ci penserò io a contraddirlo.

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