Sola andata

Sola andata

mercoledì 7 settembre 2022

Quando penso al futuro parlando al passato

 Tanto quel momento prima o poi arriva per tutti. Di solito dopo i trenta o i quaranta. Non è un vero e proprio bilancio di una vita e neppure un alibi venuto in soccorso a presunte insoddisfazioni dettate da what if giunti troppo tardi per poter rimediare. Per me quel momento arriva tutte le volte che le mie perplessità superano l’accettazione o la forza propulsiva di nuovi obiettivi e si compone del bagaglio di tutti gli accadimenti, voluti o subiti, che danno materia al mio presente. Di solito il motore scatenante è un certo malessere a cui non riesco a dare un nome. Sì, perché si fa presto a dire che è colpa del contesto storico/sociale/politico/calamitoso…e attribuire tutta la responsabilità a fattori esterni, certo di indiscutibile impatto, ma che poco hanno a che fare con la pace interiore che ognuno raggiunge, ahimè, soltanto con mezzi propri. E allora mi metto a fare quello che mi riesce meglio: penso al passato, a quella che sono stata e che ho tentato di correggere, alle cose che ricordo di aver fatto e per le quali ancora oggi mi prenderei a schiaffi, metto in fila gli avvenimenti, le persone coinvoltele scelte, gli stati d’animo, quello che consideravo fondamentale e che oggi non lo è più assieme a tutto ciò che ho colpevolmente  trascurato. Penso al passato e provo ad interpretarlo distillandone la quota che mi serve per capire un po’ meglio dove sto andando a parare oggi, quando tutto mi pare più confuso di sempre, pure se ho una vita ordinatissima e priva di fondati timori per il mio prossimo futuro.

Non sono mai stata precaria. Appena ho smesso di studiare ho trovato un lavoro a tempo indeterminato, dopo un corso, retribuito e con i buoni pasto inclusi, in quella stessa azienda che poi mi assunse stabilmente. Non mi hanno mai sfruttato eppure al tempo non ebbi alcun timore a licenziarmi quando ritenni conclusa quella esperienza per il semplice fatto che non mi rappresentava come ritenessi giusto. Non avevo nessuna alternativa lavorativa all’epoca: ero soltanto una giovane incosciente che aveva un mese esatto di tempo per preparare, superandolo, l’esame di dottorato. Fino ad arrivare al lavoro che faccio oggi. Mai posseduto alcuna tessera sindacale per raggiungere più rapidamente una posizione, concorsi regolarmente superati, un percorso senza ombre di alcun genere. Ancora oggi sono convinta che quando non si è dotati di coraggio l’incoscienza può rappresentarne un suo validissimo sostituto perché si concede delle opportunità senza avvertire i rischi che le accompagnano. Oggi penso che fare un lavoro che non ti piace sia una imperdonabile perdita di tempo. Ma io non sono più così giovane e incosciente. Purtroppo.


Non ho mai desiderato formare una famiglia e grazie ai “catorci” per i quali ho perso la testa negli anni migliori della mia vita, non ho neppure corso il rischio che questo accadesse. Non mi sono mai immaginata accompagnata per la vita a qualcuno, neppure quando ho creduto di amare alla folliamen che meno che mi sarei riprodotta: mi sono sempre chiesta cosa avrei fatto se mi fosse capitato un figlio antipatico. Nessun rimpianto su questo fronte. Non penso più all’amore e ormai so per certo che gli ho sempre preferito quel meraviglioso limbo pieno di farfalle nello stomaco, glitter e arcobaleni ovunque che è l’innamoramento. Ma dura poco. Ed è questo il suo bello. Purtroppo.


Amo moltissimo vivere a Milano. Non sarà così per sempre, ahimè: i genitori invecchiano, e di loro potrò occuparmi soltanto io. Non hanno alcuna intenzione di spostarsi da dove stanno e quindi, prima o poi, sarò io a tornare giù. Non ho assolutamente idea di come sarà vivere in un posto che non mi è mai piaciuto neppure quando era il solo posto che conoscessi e in verità non so neppure come potrò materialmente farlo. Quando penso con timore al futuro è questa la prima e unica cosa che mi viene in mente, ma, almeno di questo sento di non avere nessuna colpa. Per fortuna.


Credo che questa fase storica sia la peggiore da quando ho memoria di esperienza diretta. Ci accingiamo con ogni probabilità a farci guidare da un governo di destra rappresentato dalla peggiore classe politica che si potesse immaginare, chiamata a gestire una spaventosa crisi economica/sociale/internazionale/energetica e qualsiasi altra catastrofe a caso ti venga in mente e pare che nessuno voglia farci davvero i conti. Me compresa.


Metto insieme i quattro “rottami” del mio passato e viene fuori che sono una tizia non più giovanissima ma ancora in buona salute, economicamente indipendente, volitiva ma soprattutto molto fortunata. In fondo, date queste premesse, che mi importa del contesto storico? Io sono altro, procedo spedita per conto mio. Non è vero. Ma saperlo non cambia le cose, le peggiora soltanto. Purtroppo

 

1 commento:

  1. In realtà non esce un quadretto bellissimo da come lo dipingi.. il futuro ti vede già tornare ad un ovile dove i doveri surclassano qualsiasi piacere.
    Spero possa trovare alternative meno - metaforicamente - cruente.
    (Comunque a Milano avrei vissuto da dio, lo so)

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