Sola andata

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lunedì 13 marzo 2023

Ricomincio da Zerocalcare. Sperando di continuare così

 Che strano periodo questo qui! Me ne accorgo dalla mia incapacità di raccontarmelo con la puntualità che ho tentato di conservare durante questi otto anni di diario condiviso, da questa anomala serenità recuperata dopo anni che non definirei dolorosi, ma senz’altro faticosi, “perplessi”, spesso incomprensibili, durante i quali mi imponevo le cose solo per senso del dovere rispetto ad un ipotetico futuro a rischio di rimpianti. Tutto procede col flusso costante di sempre, pur con gli anni che segnano il mio passo con una consapevolezza nuova per ogni gesto compiuto, con i bilanci che si fanno più corposi dei progetti e un autocompiacimento che mi riconosco solo alla luce di quello che sono stata capace di sopportare durante questi anni. È una sensazione bella, perché la mia età mi piace molto più di quella di dieci anni fa, perché io mi piaccio molto più di dieci, venti e persino di trenta anni fa. Decisamente. 

Ieri finalmente sono stata alla mostra di Zerocalcare, uno che ho amato da quando ha cominciato a muovere i primi passi tra case editrici scalcagnate e sconosciute: sono capaci tutti ad apprezzarlo adesso che è sbarcato su Netflix pensando che la sua grandezza stia tutta concentrata lì. E invece non è affatto così. Tra le varie didascalie per raccontarne la storia era citato anche il giorno, era il 2014 e io già sembravo la zia di tutti quelli presenti lì in fila, in cui venne a Milano alla libreria Alastor e ci restò per tutta la notte vino alle 6:15 del mattino a fare dediche per il suo stupendo “dimentica il mio nome”, quando io già avevo fatto mia tutta la sua poetica e la sua filosofia della vita. Mi manca la componente di attivismo politico e sociale come esperienza condivisa con la sua e che me lo fa sembrare ancor più un eroe, ma le sue riflessioni sul quotidiano sono totalmente indubitabilmente roba anche mia. Io quella volta c’ero e gli dicevo “bravo, ieri alla Feltrinelli mi sei proprio piaciuto”, mentre lui, timidissimo, mi rispondeva “macché me so’ incartato mani e piedi”. Adorabile.

È un periodo assurdo perché riesco a dormire tantissimo, come non mi succedeva da anni, perché il venerdì pomeriggio attraverso la strada e faccio un’ora (gratuita) di yoga perché il cam sta proprio di fronte casa e io non ne ho mai approfittato. È un periodo assurdo perché all’improvviso ho goduto del silenzio domestico dopo mesi di baccano insopportabile e poi perché il 2022 mi ha portato così tanto dolore e problemi e disarmonie che davvero adesso questa mi pare la vita migliore possibile. È un periodo assurdo perché non sono innamorata di nessuno e questa per me è la vera grande liberazione di una vita intera: dopo anni a voler bene a catorci dimenticabilissimi, lontani anni luce dalla costruzione tutta ideale che di loro mi ero fatta, a sognarne altrettanti che all’improvviso hanno smesso di piacermi e per i quali ancora oggi mi chiedo perché avevano cominciato ad interessarmi, altri che mi hanno così deluso che ancora mi si forma una riga in fronte quando mi ritornano in mente, a quelli a cui ho dato una possibilità solo perché insistevano così tanto che pensavo che potessero avere ragione loro (maddechè). Oggi, finalmente, ho capito che il problema, ma pure la soluzione, ero soltanto io. Io sono fatta per assecondare la mia irriducibile indole solitaria, mi piace stimare le persone di valore che incontro ma poi, di fatto, non ho mai cercato davvero nessuno da amare. Mi piace imparare, impegnarmi, ascoltare, capire…ma non voglio perdere tempo a mediare la mia vita con chicchessia. E poi mi piace sapere di non dover educare nessuno, di non aver ceduto alla trappola riproduttiva neppure quando avrei ancora potuto, di non essere costretta a sacrificarmi per rapporti in cui credo solo fino a un certo punto e poi all’improvviso non più. L’impegno ostinato nei rapporti è un concetto colpevolmente sopravvalutato: se una relazione diventa faticosa bisogna lasciarla evolvere in altro spezzando per sempre certe catene. La mia età, e solo grazie a lei, mi ha concesso di capire che la mia solitudine non è una mera attesa temporanea, una fase necessariamente limitata, per essere pronta all’incontro del destino, ma una scelta ottimale, priva di compromessi, di responsabilità dettate da modelli sociali in cui non mi riconosco da quando sono piccola piccola. Mi piace che quello che sono diventata oggi sia un traguardo, una scelta precisa in cui la libertà possa coincidere con la massima espressione di me stessa.

So che questo stato di grazia non dipende soltanto da me, prova ne sia che vivo nell’incubo costante che il terrificante bambino del piano di sopra possa ritornare (mio Dio che ipotesi orrenda). Ma finché dura me lo godo fino in fondo. Perché davvero io so di non desiderare nient’altro di quello che ho oggi. E mi pare incredibile, nuovo, insospettabile. Assenza di smanie, inquietudini, tensioni verso chissà cosa.

E quando anche tutto questo benessere dovesse andar perduto, nessuno potrà mai togliermi il fatto che nel 2014 io, assieme ad un fiume di adolescenti e appassionati lettori di cose veramente nuove, stavo in fila per Zerocalcare. Sapevo già un sacco di cose. E però ancora non lo sapevo. Evviva!

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