Sola andata

Sola andata

martedì 8 agosto 2017

Racconti in bottiglia

Io non bevo. O meglio, bevo così poco e così a casaccio che ritengo legittimo dichiararmi astemia, data la totale incoscienza con cui mi approccio a qualunque tipo di alcolico. Eppure, siccome certe volte trovo molto stimolante abbandonarmi ad una una sorta di incoerenza "argomentata" che mi avvicini a mondi totalmente nuovi, mi convinco che sia salutare fare uno sforzo di attenzione verso ciò a cui non sono naturalmente orientata ma che, una volta scoperto, è motivo di fascino e di curiosità.
Devo dire la verità, se non avessi conosciuto e apprezzato Massimo nella sua veste di strepitoso curatore e docente dei corsi di cinema che ho frequentato lo scorso inverno, non avrei mai avuto modo di ritrovarmi tra le mani un libro frutto della sua attività parallela legata al mondo del vino e portata avanti con una passione tale che non poteva sfuggire neppure a una profana come me.

Ho letto "Effervescenze" su queste premesse, in fondo deboli per chi di vino è un intenditore vero (persino io so quanto si possa essere intransigenti al riguardo), ma ho voluto cimentarmi lo stesso in questa esperienza: prima che il libro uscisse chiesi a Massimo (sulla metro) se potesse leggerlo pure una che non beve e lui mi disse "assolutamente si". E io gli ho creduto.

Sono partita dando una scorsa al glossario, come una scolaretta delle elementari che ha bisogno del vocabolario per scrivere un pensierino anche semplice. Ho memorizzato il significato di alcune delle più frequenti parole chiave, come carbonica, sboccatura, sur lie, abboccato, terroir...e poi ho cominciato a leggere e ad immaginare una macchina in viaggio per le tre prescelte regioni del nord Italia, panorami incantevoli, un taccuino, un piccolo registratore, delle atmosfere rarefatte immerse in poetici scenari naturali e delle amabili conversazioni davanti ad una (o tante) bottiglie di vino. Ho provato a visualizzare scene di amene o vivaci conversazioni tra produttori di vini, racconti di conflitti generazionali, di tentativi ostinati alla ricerca della fermentazione perfetta. Ho pensato agli odori, al fascino degli strumenti del mestiere, ad una maniera di fare impresa che ha moltissime altre priorità oltre a quella del profitto (pure assolutamente necessaria per un'attività così in balia dei più disparati "shock esogeni").
Tutte le storie raccontate hanno almeno un dettaglio caratterizzante, in ciascuna trovi la ricerca di una propria "verità" produttiva. Quelle che mi hanno appassionato di più sono legate ai produttori della mia generazione, a quelli che hanno apportato aria nuova, spesso anche profondamente nuova, riuscendo a comporre il conflitto con i padri recuperandone il rispetto e gli insegnamenti.
E poi ho amato i cambi repentini di alcuni percorsi individuali, come se il richiamo della terra finisse per avere la meglio anche sul bisogno di allontanarsi dalle proprie radici per riuscire a cspire come diventar se stessi. E così ex campioni sportivi o ex imprenditori o lavoratori in tutt'altro ambito, si sono ritrovati a riprendere le redini dell'azienda di famiglia o a far nascere una realtà tutta nuova per conservare, interpretare o riportare un vino al prestigio che gli è dovuto.

Sì, io ho questo limite, bevo poco e ho una cultura del vino che si limita a quest'unico "amabile" libro. Però so riconoscere le storie belle, soprattutto quando sono raccontate bene. E credo che in fondo sia questo il vero scopo di un bravo scrittore.






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