Sola andata

Sola andata

sabato 24 novembre 2018

Nè ragione nè sentimento. Ma neppure risentimento

C’è una specie di sacro compiacimento nell’ammissione di un errore. È come se da quel momento in poi, deposte le armi di una battaglia persa con la logica, le attese, le congetture, fosse irragionevole ogni tensione e smania e vale soltanto mettersi a sedere e osservare le cose per quello che sono. Indipendentemente da me e da tutto quello che inutilmente avrei potuto fare. A suo modo è pure comodo.
A volte mi chiedo che sarebbe successo davvero se avessi ottenuto tutto quello che volevo e come mi sarei comportata se tutto quello che credevo dovesse accadere poi si fosse avverato. Sarei davvero stata all’altezza dei miei desideri? Avrei amato davvero chi immaginavo al mio fianco? Le mie convinzioni profonde, ma spesso non confermate dalla mia condotta, erano la cosa giusta non sostenuta da un metodo valido di realizzazione o in fondo non mi appartenevano davvero? Vorrei che esistesse un algoritmo capace di simulare ogni ipotesi alternativa di “se fosse davvero stato così...o così...o così...” e osservare da un proiettore tutte le differenti esistenze da convinzioni alternative andate a buon fine.

Io non ho problemi a riconoscere l’errore. È un errore sentire di non avere radici, è un errore non essere convinta che non sarei stata una buona madre senza uno straccio di prova in tal senso, è stato un errore ogni destinatario del mio amore. Liberatorio è riconoscerlo, problematico farci periodicamente i conti. Ma poi, che conti farci? Per dire, ho trascorso la mattina con un cartone dolcissimo di Miyazaki “Si alza il vento”, una storia autobiografica che parla di amore per il volo, di sogni che non si realizzano perché mancano le condizioni oggettive e che però aprono la strada a sogni più grandi, al caso, agli incontri altrimenti impossibili. E mi sono chiesta se accada proprio così nella vita quando ci pare tutto sbagliato e impossibile ma in realtà lo è affinché tutto ciò che sia giusto e possibile alla fine si possa realizzare. Secondo me certi cartoni valgono come algoritmi validi per una simulazione...e mi pare che Miyazaki commetta meno errori di me...

Amo le mie cantonate poiché quando ho la forza di ammetterle è perché ho finalmente esorcizzato ogni tormento interiore e compiuto quel mirabile e direi quasi eroico processo di sdrammatizzazione che vorrei fosse la cifra di ogni mia più piccola affermazione di esistenza. Qualche volta mi capita di prendere un quaderno nuovo, bello come può esserlo solo un quaderno mai aperto prima, e poi una di quelle penne che ho amato quando facevo ancora esami con i voti (esistono ancora le immense e uniche Pilot?) e faccio la lista. La lista è la svolta. Di solito c'è un nome che ho finalmente la forza di cancellare, attività abituali che non mi interessano più, espressioni che ho usato e che non ripeterei, persone a cui ho chiesto scusa, cose bruttissime per cui chiedere perdono non basta ma che devo assolutamente ricordare perché mi servirà tutta una vita per rimediare, confondere la stima con l’affetto o l’amore...e alla fine scrivo una cosa tipo “ok, mi perdono. Doveva andare così”.

Siamo esseri razionali eppure non facciamo che procedere nella vita per tentativi ed errori, tutto il resto è il frutto di una variabile indipendente altrimenti detta buona o cattiva sorte. Se ci penso bene è piuttosto curioso, perché in fondo nessuno di noi può sapere esattamente quanto sia nel giusto, a meno di avere una percezione davvero profonda di se stesso.
Ma io per il momento mi accontento di ammettere divertita tutti i miei errori. E pensare che la buona sorte mi abbia, fino ad ora, fatto una gran buona compagnia

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