Sola andata

Sola andata

mercoledì 3 aprile 2019

Come “marcia” il cambiamento?

In fondo è un po’ come me lo ero immaginato. Ormai sono tanti anni che lavoro, circa quattordici, di cui quasi dieci in amministrazione e non avevo mai aderito a nessuno sciopero tra quelli indetti prima di quello di ieri. Le ragioni sono molte ma tutte sostanzialmente riconducibili al fatto che non mi piacciono le logiche, gli obiettivi e le dinamiche sindacali che si sviluppano nella pubblica amministrazione. La mia è per lo più una forma di sdegno contro di loro. Ma quello che sta succedendo per assecondare l’inettutudine della politica nelle strategie di recupero di risorse necessarie a finanziare le sua sciocche promesse a fondo perduto (quota cento, reddito di cittadinanza tra quelle di maggiore appeal mediatico, ma non solo quelle) mi ha portato in strada assieme alla quasi totalità dei miei colleghi. È stato un bel momento di partecipazione del quale conserverò memoria. E poi ho ritrovato colleghi di altri uffici in cui ho lavorato in passato e che non vedevo da anni. Mi ha stupito che tutti loro mi hanno detto la stessa cosa: ti leggo sempre su fb e mi piace quello che scrivi. Ad oggi non ho ancora capito che cacchio scrivo di così simpatico per certe persone. Io, che sono una maldestra, timidissima, sociopatica, per lo più incapace di intercettare un uomo normale che mi ami in modo anormale e che passo la vita a portare i segni di offese e mortificazioni o a vedere film che mi portino un po’ di conforto, o almeno di confronto. Quello che rimane sono soltanto poche attività di copertura di un vuoto che spesso mi esaspera.

 Gran bella giornata quella di ieri.

Da mesi sto procrastinando un controllo medico su una questione fisica che mi lascia perplessa e mi chiedo se sia questo un atteggiamento completamente scellerato oppure se sia sufficiente non provare nessun sintomo per pensare che sia ancora tutto ok. Il fatto è che fino ad ora ho sempre avuto l’ottima scusa di un sacco di cose da fare e sono mesi che ormai dico “vabbè, se ne parla domani. Può darsi
che intanto la cosa si risolva da sola”. Sono proprio una scellerata.

È una cosa bella svegliarsi con un primo pensiero diverso ogni volta. Lo è di certo per me, che sono sempre stata vittima di inutili chiodi fissi grazie ai quali ho costruito tormenti del tutto privi di fondamento eppure pesanti come zavorre. Di solito era per qualcuno che si divertiva a farmi del mare (che novità), qualche volta per difficoltà oggettive legate al dover fare tutto da sola, o per il lavoro che non riuscivo a trovare, e poi per una cosa che non si può risolvere ma che mi è bastare imparare ad accettare come condizione in sè. Oggi quando apro gli occhi penso solo alla mia moka pronta, al libro che vorrei finire non troppo presto, alle i,prescindibili lezioni di cinema. E poi penso alla gran fortuna di non dover conquistare chi mi piace perché tanto è già impegnato e posso sognarmelo perfetto cosi come pare a me.

Ieri è stata una bella giornata. Lo ripeto perché me lo devo ricordare. Ho fatto una cosa nella quale
non credevo fino in fondo come uno sciopero eppure mi è sembrato tutto assolutamente necessario. Ho pranzato allo stesso tavolo con persone con cui ho in passato avuto un rapporto a dir poco problematico e che, riuscendo a cancellare tutto ciò che ormai è stato, mi hanno fatto ridere e riportato ad un’armonia dimenticata.

Io non lo so come avvenga davvero un cambiamento profondo. Alcuni dicono che sia repentino perché si ritiene che sia frutto di un fermento sotterraneo rimasto soffocato per troppo tempo e che cerca solo il momento adatto per esplodere. Per altri è il prodotto di un processo graduale, persino impercettibile, fatto di metodo, visione a lungo termine, concentrazione e tenacia.
Io credo che, qualche volta, il cambiamento sia semplicemente un’intuizione che sopraggiunge inattesa. Persino durante una marcia perplessa per sostenere uno sciopero. O tra persone ritrovate. O per distanze che si accorciano. Fino alla scoperta di una sorprendente normalità



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