Sola andata

Sola andata

lunedì 13 luglio 2020

In estate. Io ci sto

Non ce n’è per nessun’altra. Per me solo l’estate vale. Delle altre stagioni non so proprio che dire e se non ci fossero non ne sentirei alcuna mancanza. Non mi importa del caldo che fa, e neppure dove sono o se sono o no diretta da qualche parte vicina o lontana. Non mi importa se sono sola o in compagnia, se lavoro o sono in ferie. Quando è estate sono sicura che sarò più felice che in qualsiasi altro momento dell’anno, a parità di condizioni. È una specie di bonus di endorfine che agisce direttamente sul mio stato d’animo, donandogli equilibrio e armonia. E questo fatto rimane intatto anche se mi trovo in quella fase malinconica in cui coltivo pensieri cupi sulla mia vita, sulla qualità del mio tempo e del mio modo di stare al mondo, anche quando penso che i miei siano un po’ rammaricati della mia decisione di starmene per conto mio in un modo così categorico e ormai intransigente.
L’estate è il mio cambio di prospettiva sul mio quotidiano, sono le lunghe passeggiate del tardo pomeriggio, è dormire sul divano con la finestra aperta, è la luce domestica che regala a questa casa un’atmosfera frizzante di accoglienza e di festa. Sono i libri letti sul pavimento, le insalatone già pronte nel frigo, è girare scalza e con un impalpabile vestito di cotone da tre euro. È la mia panchina storica al parchetto fuori casa. Persino il sudamericano si è zittito col caldo...spero che stia bene.

Qualche volta il mio papà mi chiama la sera e ultimamente pare non veda l’ora di raccontarmi che tutti i figli dei suoi amici stanno per divorziare. È successo in realtà solo due volte, ma mi sono bastate per chiedermi perché lo abbia fatto. Poi ho pensato che forse, in un modo tutto suo, stesse cercando di darmi ragione, magari provando a capire cosa stia succedendo ad una parte della mia generazione che vive i rapporti di coppia in un modo diverso da quello della sua. Forse vuole consolarmi, senza sapere che non ne ho affatto bisogno, e che comprende questa mia strana dimensione di attesa a tempo indefinito dell’incontro certo, che non voglio più fare tentativi in nome di chissà quale paura di restare sola. Forse ha capito che non funziona così e che si può stare davvero molto male quando ci si lascia tra avvocati o rancori da legami posticci. Sì, forse mi racconta queste cose perché in qualche modo si sta rendendo conto di cosa vorrei davvero dalla vita e cosa vorrei esser certa di evitare.

L’estate dura troppo poco per giustificare tutti quei mesi di freddo e di buio, tutti passati attaccata al termosifone, col raffreddore, la pioggia, il ghiaccio del mattino, il brodo...non ne vale per niente la pensa. Bisognerebbe andare in letargo per decreto per almeno nove mesi. 
E poi svegliarsi alla fine di maggio, farsi un bel massaggio per fronteggiare la prolungata atrofia, mettere un rossetto chiaro per ravvivare l’incarnato, indossare un paio di jeans a zampa, una canotta bianca e aderente con una collanina coloratissima. E poi sorridere e uscire a riconoscersi. 
In alternativa va bene anche così: dormire sul divano, lavorare in un ufficio vuoto, passeggiare fino allo stremo all’anello di Linate, sedersi alla panchina a leggere un libro in cui tutto va come deve andare. E tornare a casa. Con l’insalata pronta e la finestra aperta ad accogliere l’ultima luce. Così. Fino al prossimo letargo.

Buona estate. Qualsiasi cosa significhi per voi

1 commento:

  1. Il sudamericano che non fa chiasso in effetti è preoccupante.

    p.s. da giovane amavo le giornate di pioggia autunnali ascoltando Celeste Nostalgia di Cocciante. Ora sono rinsavito, ma la stagione preferita, per me, è l'inizio primavera, soprattutto le giornate di sole e vento di aprile.

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