Sola andata

Sola andata

venerdì 21 ottobre 2016

Siamo quello che siamo (oltre a quello che proviamo a non essere) #1

Quello di evitare di manifestare apertamente certe mie resistenze ai valori mainstream più consolidati è un esercizio che ho imparato a ripetere spesso. Lo faccio per quieto vivere e perché io stessa non concordo con le mie sensazioni. Però riconosco che è una gran fatica e sto cercando rimedi alternativi di libera espressione del mio sentire più autentico.
Da tanto tempo mi sono ripromessa di non litigare più col collega di stanza per le inaudite scemenze che in nome del suo credo porta avanti come argomenti asuo parere validi su temi come l'aborto, l'obiezione di coscienza, le aperture domenicali dei supermercati e così via su questioni che difende arrampicandosi su tutti gli specchi che non gli ho ancora frantumando contro solo per carità di pace. Ho imparato che con persone così si può andare anche molto d'accordo a patto di parlare del nulla con affabilità e assertivita' reciproche. Sono secoli che sostengo che il dialogo funzioni solo in rarissimi casi nei quali i codici logici e comunicativi siano molto affini. Altrimenti è come parlare due lingue diverse e sconosciute a entrambi.
Però al netto di dialoghi impossibili con ben definite categorie umane, può valere la pena, ogni tanto, far presente un gusto o un disgusto atipico, un modo di reagire a certe tendenze...cose del genere. Potrei partire col mio outing in modo innocuo, magari confessando che non ho mai mangiato sushi in tutta la mia vita e non ho alcuna intenzione di farlo. Ci sono dei trend di cui non comprendo il senso è che mi fanno sentire tutt'altro dal contesto in cui mi muovo. Parlo del sushi ma in realtà mi estenderei a moltissime tendenze molto consolidate,dall'abbigliamento alle serie TV, al cibo a certi libri di classifica...io non ci sto dentro mai in simili percezioni e non le capisco e non so trattarle...

Vado oltre. In un ipotetico confronto di tenerezza tra bambini e gatti, questi ultimi vincono a man bassa. Si, l'infanzia non mi interessa quasi mai. Non so spiegarlo, ma mi succede così. E non capisco. E mi vergogno.

Non perdono nessuno per le offese arrecatemi. Non dimentico mai nulla neppure dopo tantissimi anni, neppure quando apparentemente è tutto normale. E se poi mi si presenta l'occasione mi vendico.

Odio i mercatini di Natale e il Natale stesso, mi piace ogni anno perdermi tutti i pranzi e i cenoni di famiglia perché in quei giorni tutto diventa teso, triste, faticoso e falso. Ai miei credo dispiaccia tanto, ma io da quel l'orecchio ormai non ci sento più.

Non ho mai ultimato la lettura di "cent'anni di solitudine" e questo nonostante Marquez con il suo "l'amore ai tempi del colera" sia in assoluto il mio scrittore preferito di sempre. Niente l'ho ripreso mille volte e altrettante abbandonato.

Ecco, questo è il mio piccolo elenco, soltanto iniziale, per provare a fare outing delle mie idiosincrasie legate a convivenza civile e al mio inevitabile modo di essere. Non mi pare un quadro iniziale molto edificante, poi però penso che siamo tutti un mix sapiente di orrido e sublime in proporzioni variabili che solo in piccola parte dipendono dalla nostra sensibilità "educata" dal contesto.
Credo che continuerò, almeno fin quando troverò sopportabile interfacciarmi con le mie meschinità e repulsioni.
Però dovreste vedermi quando osservo un gatto...il più tenero dei cuori non ha partita col mio. pure questo è amore e perciò vale. Mi salvo! Potere ai mici nel mio migliore dei mondi possibili.


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