Sola andata

Sola andata

martedì 7 novembre 2017

Meno solitaria di un passero 🚶‍♀️

La prossima volta prometto di dosare meglio la mia motivazione. Mi sono messa in prima fila come a voler afferrare ogni piccola nozione senza rischiare la minima dispersione e senza considerare che sarebbe stato probabilissimo, anzi certo, sprofondare in una devastante forma di letargia dopo il primo quarto d'ora. Ho passato tutto il giorno a seguire una lezione su una questione di cui mi occupo in sostituzione di un collega. Una tematica direi cruciale, che trovo spesso ostica e drammaticamente noiosa, ma per fortuna non ho mai pensato che il lavoro dovesse necessariamente essere divertente. Può esserlo se si è molto fortunati e dotati o quando le idee sono ben chiare nel delicato momento di certe scelte definitive. Durante la pausa pranzo sono rimasta da sola in aula, con un libro di cui ho letto solo qualche pagina e l'i pad che comincio ad usare con più parsimonia ma sempre un po' troppo...

Ad un certo punto mi sono imbattuta in una citazione di Leopardi sull'effetto "amplificatore" della solitudine, intesa come condizione sublime o terribile a seconda dello stato iniziale di chi la vive. L'ho commentata, dicendo più o meno che è una condizione che mi è assolutamente congeniale e che forse questo non sia un bene. In realtà essere dei solitari non coincide con lo star soli, cosa che per la verità mi capita fin troppo di rado tra lavoro, sport, amicizie più o meno consolidate...la mia solitudine è assenza di turbamento, coincide coll'attimo esatto in cui apro la porta di casa la sera, quando è tutto finito e non c'è nessuno ad aspettarmi, a cui rendere conto, tentare di piacere, chiedere pareri, fare progetti, assumere responsabilità, o accettare una qualsiasi inevitabile forma di distrazione o semplicemente una limitazione del mio spazio vitale. Quel momento esatto della mia azione quotidiana di rientro da un giorno che avrei voluto fosse stato anche altro è la parte più magica del mio tempo. Non sono una musona sociopatica e anche io ho sperimentato forme d'amore un numero sufficiente di volte per riconoscerlo e, forse, cercarlo ancora. Il fatto è che con gli anni ho definito sempre meglio il confine che mi separa da tutto ciò che non mi appartiene ma che soltanto in parte posso evitare. Star sola per me è sperimentare senza il rischio di urtare pazienza e sensibilità altrui. Per dirne una, un giorno decisi che dovevo vivere senza televisione e ho finito per farlo per ben sette anni fino allo scorso anno, e poi di diventare vegetariana (e gli anni furono otto), di provare a stare un anno senza lavatrice e tre mesi senza il frigo. Ad un certo punto ho cominciato a girovagare tutta sola per mezzo mondo per scoprire che si può fare...con molto rischio e pericolo...ma sono qui e l'ho fatto.

Ogni tanto mi capita di pensare alla pessima madre che sarei stata, ma poi cosa posso saperne io che in fondo ho un tale senso di accudimento che la sopravvivenza almeno l'avrei garantita di certo? Ecco, credo che per certi interrogativi la solitudine non sia propriamente uno strumento efficace di comprensione, ma poi penso che non sono stata capace di gestire neppure un micio e allora giusto così...
Oggi sono esattamente la solitaria che volevo essere: quella che cucina bene solo pensando di farlo per qualcuno, che ha sempre sognato di vivere in una comune, che ha una TV come chiunque altro, una lavatrice da nove chili e un frigo troppo pieno pure per una famiglia numerosa...

Poi la pausa pranzo è finita, sono rientrati tutti, abbiamo ripreso la lezione e io per fortuna non avevo più tanto sonno


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