Sola andata

Sola andata

lunedì 26 marzo 2018

A casa tutto bene

In fondo è piuttosto consolatorio. Non l’avevo mai vista in questi termini ma è proprio così. Tornare a casa dei miei, per riposare e ripensare all’inverno che è stato e alle cose che ancora mi ostino ad augurarmi per le stagioni che verranno mi consente di mantenere il giusto distacco dalla enorme quantità di faccende che non comprendo, come per me sono tutte le meschine questioni condominiali che ho dovuto affrontare, a tutto quello che vorrei riuscire a trovare il tempo di fare e di imparare, alla seduzione della solitudine di cui sono sempre più spesso preda prediletta.

Qui io ritorno alle abitudini di sempre, con la colazione classica, le tende che svolazzano perché la casa va arieggiata da subito e parecchio, la luce gialla, le arance colte direttamente dall’albero, mia madre che mi aggiorna su fatti di persone che non conosco mentre mi suggerisce di seguire certi consigli che ha dato la Balivo su come districare i capelli, mio padre che mi ripete che non sta in cielo né in terra l’ordine dell’amministratore di non stendere i panni nel cortile e che io con quella gente non dovrei proprio avere a che fare. Io li ascolto e intanto penso che a Milano, a quella stessa ora, sarei già per strada a cadenzare il passo, contingentato da minuti maniacalmente calcolati, per quattro chilometri, con i capelli ancora umidi perché ho corso su un coso messo davanti ad una parete. Forse hanno ragione loro. Che ci faccio davvero a Milano, a parte svolgere un lavoro che potrei fare tranquillamente anche qui? Ho esaurito buona parte delle esperienze che mi interessava davvero fare e, al netto dei corsi sul cinema che mi rimangono ancora da seguire e che non voglio assolutamente perdermi, non mi rimane molto altro che non potrei fare anche qui con molte meno insidie e difficoltà. Forse è così: gli stupidi problemi condominiali sono forse soltanto il segnale che in quella casa io non mi sento più davvero a casa. E poi qui prima o poi ci sarà bisogno di me. Inevitabilmente. Mah, vedremo le stagioni a venire cosa suggeriranno.

Oggi è morto Fabrizio Frizzi e la cosa ha colpito moltissimo anche me che pure non frequentavo i
suoi programmi. Una persona per bene, di quelle che ti piacciono a prescindere dal ruolo per cui le riconosci. Ma io, piuttosto che subire programmi pronti a cannibalizzare questo brutto fatto, ho preferito rivedere “good bye Lenin” e mi sono ricordata di quando andai a Berlino nei primi anni ‘90 e comprai per pochi spiccioli i cimeli di un mondo che sentivo parte del mio sentire. Mi ricordo che mi ferii ad un piede e che mi venne una forte infezione ma che questo non condizionò assolutamente il mio viaggio e le cose che volevo vedere. E penso che oggi farei ancora la stessa cosa. Lo penso anche adesso, che sono stata alle terme, ho passato il pomeriggio a vedere film e a leggere un libro di storie romantiche, ordinato dei libri che però mi arriveranno a Milano e chiesto a mia madre la frittata di cipolle che a me non verrà mai buona così. Cose normali, che faccio raramente, mentre penso che qualche volta basti semplicemente decidere di star bene per stare bene davvero. Succede. Ma non proprio ovunque...

3 commenti:

  1. Attenta che i corsi del cinema che ti rimangono da seguire non si esauriscono mai (gli anni 20, i 30, i 40... gli 80, i 90, Polanski, Truffaut, Tsai Ming Liang, Luciano Martino, cinema e pittura II la Vendetta, cinema e musica, cinema e uncinetto...)

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  2. Sei un mito pnv :) spero di ritrovarti in qualcuno di questi. Io come sai, ci sarò senz’altro ;)

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  3. Grazie Lucia.
    Di sicuro li frequenterò ancora (i due su Kubrick e Cinema e Pittura mi sono piaciuti un sacco).
    Spero proprio di rivederti! :-)

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