Sola andata

Sola andata

sabato 3 marzo 2018

Il silenzio è duro?

Sapevo di aver soltanto bisogno di una buona scusa. Credo che non succedesse dai tempi dello svezzamento. Oggi non ho messo il naso fuori casa e non ho fatto praticamente nulla se non lavarmi e stendere la lavatrice. Ho persino bevuto il caffè avanzato da ieri e mangiato formaggio e insalata in busta pur di non accendere neppure un fornello. Mi sono rimessa a letto poco dopo mezzogiorno e mi sono riaddormentata come un sasso per più di due ore. Ho acceso la tv per vedere tv talk, programma di cui sono inspiegabilmente appassionata sebbene non guardi praticamente nulla di quanto viene analizzato. È un po’ come ci si sente ad essere atei in un paese a forte condizionamento religioso: ne subisci l’influsso, anche fortissimo, a prescindere dalla tua sensibilità. Sono stata in perfetto mutismo tutto il giorno e ridotto al minimo ogni azione. Sognavo questa assurda condizione da un tempo incalcolabile per una che dorme sempre troppo poco e male, ama stare con le persone ma non subire l’onere della conversazione a tutti i costi e che predilige la condizione dell’ascolto passivo, crede nei diecimila passi al giorno e proprio in virtù di questo ritiene di meritarsene almeno uno da diecimila in meno. Oggi mi sono concessa il diritto di essere stanca e di considerare questa cosa come una magnifica opportunità. Il freddo polare mi è sembrata una specie di autorizzazione dall’alto. Per molti una giornata così è da folli, sociopatici o depressi. A me per fortuna è bastato essere semplicemente fuori gioco (o fuori giogo).

Il silenzio è una cosa parecchio strana. Secondo me è la misura più perfetta di un forte legame o, viceversa, di una distanza incolmabile. Ci pensavo mentre scovavo una citazione di pulp fiction e me ne qui stavo zitta da sola a pensare alle persone a cui voglio bene. Una volta un attore di teatro, di cui non ricordo l’identità, disse che il silenzio del pubblico a volte gli restituiva un senso di concentrazione massima e rapimento totale, altre invece di totale disattenzione e disinteresse. Eppure sempre di silenzio si tratta. Sì, credo di capire cosa intendesse.


Io sono una buona ascoltatrice, direi non una eccellente conversatrice e abbastanza timida da considerare alcuni tipi di silenzio come una specie di macigno da cui divincolarmi in qualsiasi modo. Però succede pure che a volte mi sembri una cosa bella, una forma di comunicazione superiore tra persone che si stanno comprendendo al di là delle parole, dei chiarimenti/discussioni/litigi o del “buon dialogo”. Ho sempre pensato che un buon genitore sia soprattutto il frutto di tutto quanto si riesca a trasmettere senza dire, persino di assenze “eloquenti”, di forme impalpabili di appartenenza che siano capaci di insinuarsi tra gli interlocutori “silenziosi” al netto di precetti e moniti o di esperienze condivise. Ora sarebbe soltanto da capire quanto valga l’opinione di una che col silenzio non c’ha mai fatto niente di tutto questo.

Sono quasi le otto di sera, credo di non aver detto neppure una parola ad alta voce, non ho usato il mio silenzio per comunicare alcunché, non mi sono truccata, indosso una tuta molto comoda e non ho fatto quasi niente. Non ho la più pallida idea di cosa mi sia persa. Ed è proprio in questa inconsapevolezza che ritrovo la certezza di aver fatto la sola cosa che mi fosse possibile oggi


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