Sola andata

Sola andata

martedì 6 febbraio 2018

Una (speciale) giornata non particolare

È la prima volta che succede. La tv non ha il segnale e io posso seguire il festival solo dalla radio e dai social, che è poi la maniera in cui lo facevo nei sette anni in cui non ne ammettevo la presenza nella mia casa della libertà di pensiero. Va bene così.

Dopo più di dieci giorni sono riuscita a farmi una bella sudata e a recuperare un po’ di buon umore perduto, ho pulito la scrivania come mi ero ripromessa e lavorato con concentrazione. Ormai non ci speravo più. E invece quando le giornate procedono così complici a volte succede che aggiungano anche ulteriori elementi di compiacimento. Il mio collega di stanza, persona a cui voglio molto bene pur avendo una visione diametralmente opposta su ogni cosa esistente in cielo e in terra, era assente e io mi sono goduta la mia stanza pulita e ordinata e le visite sempre gradite di colleghi gentili che decidono di trascorrere qualche minuto a chiacchierare con me, come quello innamorato del cinema e dei libri che mi chiede spesso suggerimenti su cosa vedere e me ne fornisce a sua volta e poi mi racconta chicche meravigliose che dovrei cominciare ad appuntarmi. Vorrei trovare il coraggio di regalargli un mio libro su un regista che ama e sul quale aspettavo un pensiero scritto che non è mai arrivato. Forse lo farò se sarò certa che gli farà davvero piacere. E poi è passato a salutarmi pure il collega che ha preso un part time ma viene in ufficio per fare colazione e a me questa cosa fa tanto ridere. Tutto il resto del giorno me ne sono stata in silenzio, col podcast di Melog e della rassegna stampa di Luca Telese e Oscar Giannino in viva voce e in entrambi i casi ho riso abbastanza.

Sono uscita molto tardi, piovigginava, ho comprato l’insalata già lavata e una zuppa pronta. Mi sono ricordata che ho alle spalle non più di quattro ore di sonno e un allenamento dopo un periodo di fermo. Ma avevo deciso che oggi avrei voluto smettere di essere stanca, disordinata e arrendevole, malgrado l’insonnia, le gambe in stato di pulp, la scrivania che gridava vendetta, la pioggia e i piatti pronti. Malgrado tutto. Non so se la felicità sia una decisione. Di certo lo è stato evitare che dieci giorni no possano pretendere di diventare di più. Soprattutto se ad un certo punto, mentre tenti di mettere in ordine, bussa qualcuno, ti dice cose per qualche minuto e, senza saperlo, ti aiuta a riuscirci prima e meglio.

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