Sola andata

Sola andata

sabato 6 ottobre 2018

A passeggio. Tra cause ed effetti. E tra affetti e piatti

Sono ritornata alle abitudini del sabato di qualche anno fa, quando, dopo la solita corsa in solitaria intorno all’areoporto di Linate, trascorrevo l’intera mattinata alla biblioteca Calvairate, uno dei primissimi luoghi in cui mi sono “rifugiata” appena approdata a Milano per cercare “connessione”. Ora rimane aperta pure di pomeriggio e quelli che ci lavorano mi conoscono e sono strani e gentili proprio come piace a me. Ho preso un po’ di film, letto un po’ di pagine di un libro e pensato a cose assurde che di solito mi passano per la testa quando corro o cammino molto a lungo, oppure mentre lavo i piatti.

Oggi, per dire, mi sono chiesta questo: può essere che certe volte una forte sperequazione sociale - che si traduce in disuguaglianza nella ricchezza posseduta - sia un fatto positivo? Ecco, poiché quando cammino presuppongo un tempo sufficientemente lungo da coprire almeno quattro o cinque kilometri, sono solita concedermi la possibilità di non darmi soltanto risposte ovvie e risolutive e provo a mettere a fuoco la questione concentrandomi su casi esplicativi. Mi pare un metodo efficace per evitare di teorizzare sul nulla. E così mi sono chiesta, ad esempio, cosa sarebbe diventato Luchino Visconti se non fosse stato così spaventosamente ricco e con una cultura tanto elitaria, davvero avrebbe potuto esprimersi allo stesso modo per realizzare così magnificamente se stesso e la sua arte? Che io sappia il suo emozionato rigore e la cura di ogni più piccolo dettaglio hanno previsto dei budget fuori controllo per i suoi film. Quando penso a Visconti, e in generale ad una certa classe sociale di abbienti “illuminati” (quella che gli inglesi definivano la “gentry”) penso che l’essere ricco possa essere quasi paradossalmente un fatto necessario.
Di contro mi sono chiesta se pure per la povertà possa farsi un ragionamento speculare. Esiste una teoria economica denominata “affamare la bestia” secondo la quale un soggetto posto in condizione di necessità è probabile che agirà massimizzando le proprie potenzialità senza dispersione nè sprechi (la propose Reagan pensando alla pubblica amministrazione...vabbè fammi stare zitta...). Sarebbe infinita la lista di artisti squattrinati che, una volta svoltato, si vantano delle loro miserrime origini come presupposto necessario del loro successo. E quindi? La miseria può essere considerata una benedizione? Forse il mio errore sta nel cadere nella trappola della “monocausazione”: un effetto non necessariamente dipende da una sola causa e quindi ricchezza e povertà sono solo una delle molteplici cause della creatività e della piena espressione di se stessi. Beh sì certo, ma non è questo il punto. Il punto è che secondo me la possibilità di esprimersi o meno in un certo modo piuttosto che in un altro è direttamente legata ad una condizione di partenza funzionale a ciò che sei e quindi essere molto ricchi o molto poveri può fare la differenza che ti serve. Forse dovrei camminare di meno...

Di tenore solo apparentemente diverso sono le domande che mi pongo sulla natura dei legami di sangue. Cosa ne stabilisce la reale portata, intensità, potere condizionante nella vita..mi chiedo spesso cosa sia peggio tra un cattivo genitore e un genitore assente. Io mica saprei davvero rispondere e, da quella volta che mi capitò di vedere “le invasioni barbariche”, credo di averci pensato tantissime volte. E poi, come ha fatto Lory del Santo a sopravvivere alla morte di due dei suoi tre figli e andare ad elaborare il suo lutto al grande fratello vip? E perché non avrebbe dovuto? Ci pensavo ieri, mentre lavavo i piatti e coniugavo la serenità dettata da un’operazione semplice ma utile col netto contrasto di questioni che non sono in grado neppure di lambire. Ed è questa “assoluzione” da attività necessaria e basica una delle ragioni principali per cui non ho mai desiderato una lavastoviglie.

Poi per fortuna smetto di camminare, mi tolgo i guanti di gomma e accendo la radio, che di sabato c'è il più bravo di tutti che è Matteo Bordone che sa sempre tutto come si deve, di certo pure le domande mie.
Finalmente mi metto in ascolto e mi dico meno male che mentre penso, o credo di farlo, faccio anche cose che, per una volta senza ombra di dubbio, mi fanno bene, mi piacciono o addirittura mi tornano utili


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