Sola andata

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domenica 27 gennaio 2019

Recensione doppia. O quasi. O più. Per Fight club

Ormai questo spazio mi serve più che altro per fare i miei compitini sul cinema. Stavolta ho coinvolto una collega di corso per immaginare una recensione in forma di dialogo, come se fossimo sul divano di casa a chiacchierare a caldo del film appena visto. Il film doveva essere di Fincher e io ho scelto di rivedere “Fight club” su cui è davvero difficile non avere opinioni. La mia parte è questa, alla quale spero si aggiungano anche le sue risposte. E perché no, quelle di chiunque altro ✌️😉🤗

 Lucia: ...Wow...che film potente. Che ne pensi? “Addentratevi nella vostra caverna e troverete il vostro animale guida” . Tutto il film io lo risolverei in questa battuta. A te cos’ha colpito? Io di Fincher considero dei capolavori a sè stanti finanche i titoli di testa

Tu:

Lucia: Già. E sfido chiunque a non sentire il tema del disagio contemporaneo come proprio, qualunque sia la modalità in cui lo subisce e lo declina. Dall’ossesione per il lavoro e il denaro - e alla conseguente gestione artificiosa del proprio tempo - per arrivare al sesso, al cibo, via via fino al corto circuito incapacità/bisogno di amare.  Ad un certo punto il protagonista, che fa partire il suo malessere dall’insonnia, dice “non riuscivo a piangere, perciò di nuovo non riuscivo a dormire”. E pure quella in cui osserva le cose trovate nella sua casa incendiata “che imbarazzo, una casa piena di condimenti e niente cibo”. Davvero notevole, non ti pare?

Tu:

Lucia: Ad un certo punto ho cominciato a credere davvero nella possibilità di una vera e profonda rivoluzione individuale per chi trova il coraggio di non fuggire dal dolore, di schivare il finto benessere materiale, la corazza di comportamenti posticci e preconfezionati come un pasto monoporzione offerto su un aereo che ci spiega come salvarci in caso di pericolo. “Io sono l’ardente senso del rifiuto di Jack” ... che poi a pensarci bene proprio quando diventa lo slogan di un piano collettivo, e non più strettamente individuale, non è troppo diverso da uno dei tanti gruppi di sostegno a cui il protagonista si rivolge per stare meglio. Oppure no?

Tu:

Lucia: E forse la vera differenza sta proprio nella volontà di cominciare a definire se stessi per sottrazione “Tu non sei il tuo lavoro, tu non sei i soldi che possiedi...” e poi “pensa solo a lasciarti andare” e ancora, dopo uno dei tanti scontri sanguinosi per abbattere il sistema di reti e zavorre dell’ordine costituito “abbiamo avuto un’esperienza di quasi vita”. Se ci pensi è un metodo interessante

Tu:

Lucia: Che poi se fosse davvero possibile rompere il patto sociale probabilmente l’avremmo già fatto. E alla fine possedere mobili dell’ikea, bere un cappuccino da starbucks, avere l’acqua potabile in casa e non fare a pugni tutto il giorno col diverso può essere un utile compromesso tra lo spirito di adattamento a modelli culturali imposti e la barbarie. Per tutto il resto c'è il cinema, con i suoi spunti di riflessione, i suoi montaggi pirotecnici per farti capire meglio. E la finzione che giustifica sempre se stessa pure quando afferma la verità.
A proposito hai voglia di accompagnarmi al supermercato? Mi serve il sapone

Sonia:


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