Sola andata

Sola andata

lunedì 15 gennaio 2018

Acqua (termale) passata

Sono ritornata dopo tanti anni alle stufe di Nerone, una stazione termale situata in un posto molto suggestivo a Bacoli, sul lago d’Averno. In passato era un mio rito del sabato mattina, nei mesi caldi perché mi piaceva prendere il sole nell’ampio giardino esterno e immaginare gli antichi romani che pare che infastidissero molto Seneca  che dalla sua casa li sentiva schiamazzare ed esercitare ozio molle e rilassatezza dei costumi. Io ci sono rimasta per tre ore: ho cominciato con una vasca termale con idromassaggio sperando in un miracolo per la mia spalla bloccata. E poi sono entrata in una sauna esageratamente calda. Con me, in quella grotta piuttosto buia e le foglie di eucalipto alle pareti c’era un uomo molto bello, certamente sportivo e come me faceva molta fatica a sopportare quel caldo pazzesco. Ad un certo punto ha deciso di rivolgermi la parola e mi ha detto: “non so lei quanto riesce ancora a resistere ma io tra poco dovrò uscire”. Mi ha davvero stupito quella spiegazione non richiesta, poi ho pensato che le strade del machismo sono davvero infinite e addiritttura si sentono interrotte da una femminuccia che riesce a resistere in sauna un secondo in più. Quando anche io mi sono sentita morire in quella simulazione fedele dell’inferno sono corsa fuori, ho fatto una doccia gelata e sono piombata sulla sdraio rimanendo in uno stato di trans per almeno mezz’ora. Ero umida e molto assonnata, in una stanza dove è obbligatorio il silenzio e mi sono resa conto che da quando sono a casa non ho mai pensato all’ufficio neppure per un istante, che non eguaglierò mai la parmigiana di mia madre,  che ci saranno le elezioni e vincerà la destra, che non è vero che un debito pubblico elevato sia il peggiore dei mali se il denaro da indebitamento è usato come si deve, che quando sono qui in questa casa così grande con gli alberi pieni di arance, mandarini e limoni buonissimi poi un po’ li capisco i miei se pensano che sia una folle a vivere a Milano in due stanze. Ma io ero nel dormiveglia, un po’ sognavo, un po’ pensavo che in fondo meno male che non ho figli e per la restante parte mi chiedevo se davvero fosse giusto così.

La prima volta che entrai in quella sauna prima di oggi ero una dottoranda in economia che faceva la pendolare alla sapienza di Roma. Capii quasi subito che al termine di quell’esperienza triennale non avrei proseguito quel percorso: mi interessava indagare le cause della povertà e della vera natura dello sviluppo economico, ma mi mancavano troppe buone qualità per riuscire seriamente in tutto questo...
Ricordo che su quella sdraio provavo a disegnare altre ipotesi di futuro, che avevo piena fiducia nella mia capacità di farcela ad inventarmi nuove opportunità, che ero molto orgogliosa delle mie gambe e che ero tanto innamorata.

Oggi invece era una rigida giornata invernale, dei dolori alle ossa che forse in parte merito, meno curiosità per il futuro, vado meno fiera delle mie gambe e purtroppo ho il cuore spento e atrofizzato (ma mica è detto che questo sia poi un male). Eppure mi è sembrata una giornata così bella. Gironzolare senza imbarazzi avvolta da un telo bianco, proprio come un’antica romana, in un ambiente promiscuo ma silenzioso e rilassato, ha dato un sapore magico alla mia mattina invernale in un luogo familiare ma estraneo al tempo stesso. Che strano corto circuito.

Sono rientrata giusto per l’ora di pranzo. Ad aspettarmi c’era una zuppa di lenticchie divina, la parmigiana obbligatoria. E poi un panettone artigianale di Milano. E le arance succosissime e fresche del mio albero. Credo che non mancasse nulla. Chissà se Seneca avrebbe avuto qualcosa da ridire pure oggi...

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