Sola andata

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sabato 27 gennaio 2018

Registrare atti. E attimi

C'è una parte del mio lavoro che svolgo con un certo sacrificio, non perché particolarmente complessa ma a causa della sua natura di attività rivolta al pubblico. Per me che sono una finta estroversa la fatica è doppia poiché le persone pensano di trovarsi al cospetto di una figura accogliente, propensa alla conversazione e all’ironia e dotata di una predisposizione d’animo totalmente distesa. Non è così. O meglio, io in realtà mi mostro così ma al prezzo di disagio, tensione, senso di inadeguatezza. A volte però succede tutt’altro, magari perché mi ritrovo ad interloquire con persone particolarmente simpatiche, qualche anziano con aneddoti interessanti, signore amanti dei gatti con cui condividere episodi buffi. Oppure perché arrivi al mio cospetto un uomo come quello che ho incontrato ieri. Quando si è presentato, col suo preliminare da registrare, non ha detto molto e io ho subito cominciato a controllare le sue carte senza dire nulla. A un certo punto si accorge del mio orologio sportivo pieno di funzioni che non mi servono ma delle quali sono molto orgogliosa quando vengono notate. A quel punto è partita una divertente conversazione da cui ho scoperto che pratica pugilato, che ha trentotto anni, che prima faceva judo a livello agonistico, che ha una voce fantastica ...e che non sarebbe stato necessario che io avessi troppa fretta di concludere l’operazione in un tempo da produzione fordista. Ho alzato gli occhi per sorridere ad una sua battuta e lui se ne è compiaciuto. Credo che sia stato quello il momento in cui mi ha raccontato che il pugilato era arrivato come reazione ad una brusca separazione dalla moglie, originata da un lutto per la perdita della seconda figlia. Per mesi lei gli aveva negato di vedere il primo figlio di sei anni e lui stava diventando matto. Gli ho chiesto se poi avesse risolto e lui mi ha detto che è stato fortunato, che hanno raggiunto un accordo e che la cosa era stata tanto più complicata in quanto si trattava di un matrimonio misto. Io l’ho ascoltato interessata e poi colpita da una sua frase espressa con più forza di tutto il resto, quando ad un certo punto ha detto “io voglio fare il padre. Questo non può essermi impedito”. Intanto io avevo quasi finito di fare quello che dovevo per lui e mi è sembrato carino a quel punto riportare la conversazione sullo scherzo, farlo sorridere di nuovo e compiacermi che volesse sapere se anche io fossi libera. Ho dirottato subito l’argomento mostrandogli una funzione avanzata del mio orologio super tech e poi l’ho salutato come se fosse un amico con cui vorrei andare a correre tutte le mattine. Saranno passati dieci minuti. Non di più. Non ricordo assolutamente quale fosse il nome di quell’uomo bello e “centrato”. Probabilmente non lo rivedrò mai più e comunque se accadesse non credo che sarebbe la stessa cosa. Eppure sarebbe stato un peccato non incontrarlo per nulla.
Per quanto mi riguarda, invece, penso che dovrei ricordare più spesso che tutte le volte che sono costretta per lavoro, o per qualsiasi altra ragione, ad uscire dalla mia comfort zone in realtà con ogni probabilità sto per farmi del bene. Almeno qualche volta. Per qualche minuto che poi chissà decide di fermarsi più a lungo.

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