Sola andata

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giovedì 6 agosto 2015

Reazioni uguali e contrarie al buonsenso

Mica non mi dispiace quando faccio così. Non ci provo mai davvero gusto a litigare con le persone, quasi mai si trovano punti di convergenza, le argomentazioni non sono lucide, si tende a dire e fare cose per cui quasi sempre ci si pente. Però qualche volta può essere necessario, per ristabilire i parametri del rispetto reciproco, sottolineare certe priorità, evidenziare punti sensibili, o anche semplicemente sfogarsi a scopo liberatorio.

Qualche giorno fa ho litigato con un collega per una questione di assoluta lana caprina, ma per la quale avevo indiscutibilmente ragione. L'equivoco è nato perché lui non aveva colto l'ironia dietro una sua oggettiva mancanza, si è sentito redarguito e mi ha attaccato in modo ineducato. A quel punto anche il mio tono scherzoso è venuto meno e gli ho tirato degli atti in piena faccia davanti a tutti.
Non vado fiera di questa cosa, ma so che lo rifarei.

Il collega in questione è sempre stato squisito nei miei confronti. Quando una volta è venuto a pranzo da me ha dimostrato un sincero dispiacere nel vedermi lavare i piatti e ho dovuto insistere moltissimo perché non mi aiutasse. Comportamenti del genere sono cose che ho imparato presto a notare e apprezzare, data la loro crescente rarità da parte di soggetti maschili. Una volta mi ha regalato dei fiori così belli che in ufficio ancora credo se ne porti memoria. No, non c'è mai stato nulla tra di noi, né mai nulla ci sarà, ma la gentilezza è una roba che, con gli anni e il disincanto, valuto con  sempre più favore e stupore.

È un peccato che l'armonia di certi rapporti si disintegri per mere falle nella comunicazione, per filtri distorti nella percezione di certi innocui messaggi. E non sono sicura che anche quando tutto sia perfettamente chiarito le cose riescano a tornare uguali a prima. Perché intanto ciascuno ha manifestato la sua parte peggiore e assieme la possibilità che questo possa ripetersi infinite altre volte. Neppure il perdono, la comprensione più totale, potranno mai far tornare tutto come prima. E al riguardo la metafora del piatto sbeccato mi pare la più azzeccata di sempre.

Ora che non sono più arrabbiata, ma neppure troppo pentita, avrei voglia di invitare il mio poco ironico collega a pranzo, che  ci fossero tanti piatti da lavare. E che si proponesse di nuovo di darmi una mano

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