Sola andata

Sola andata

martedì 18 settembre 2018

Dove sta scritto?

Sono reduce dalla visione di un film che non conoscevo e che mi ha fortemente colpito. Ho visto “I cannibali” della Cavani, un film del ‘70 ambientato in una Milano livida e surreale sulla necessità del capitalismo di fondarsi sul conflitto impari tra forze opposte in cui il vincitore sia noto. L’ho visto in un cinema in cui eravamo in quattro (nonostante la proiezione fosse gratuita). Dietro di me c’erano due uomini che chiacchieravano. Ad un certo punto uno di loro ha detto “si, io continuo a scrivere non perché spero ormai di essere letto, ma per ricordare a me stesso che esisto”. Mi sono voltata un attimo a guardarlo perché ho trovato interessante quanto diceva e volevo dare un volto a quella considerazione che non posso sapere quale origine avesse. Forse è uno che ha scritto qualcosa, che ha delle competenze che ha approfondito e teorizzato, che ha progetti che non riesce a promuovere...non lo so, ma appena l’ho sentito ho pensato alla mia mania di prendere sempre appunti su tutto, di tenere un diario quasi quotidiano con l’infantile convinzione che tutto quello che non capisco o che non mi pare abbastanza significativo possa trasformarsi in risposte chiare quando sono trascritte.

Un paio di anni fa una mia amica che si divertiva a leggere i fatti miei su questo blog mi disse: “lo sai, quando vedo che hai scritto qualcosa e non sono a casa, comoda e con del tempo a disposizione, non apro il link e sono tutta contenta nell’attesa di sapere che cosa hai scritto stavolta. Mi piace tantissimo fare questo” . Giuro che ancora oggi credo che sia una delle cose più belle che mi siano state dette nella vita. Un’altra invece mi disse “io ti leggo solo di sabato. Accumulo tutti i post che hai scritto durante la settimana e me li leggo in una sola volta, come faccio con le puntate delle serie”. Una volta invece mi ha scritto una persona che non conosco su messenger dicendomi cose che potrei paragonare alla lettera d’amore dei miei sogni. E poi c’è M. che addirittura se ne è venuto un pomeriggio che abbiamo trascorso assieme corredato di fogli A4 con sopra stampati alcuni miei post sui quali intendeva intavolare una accurata esegesi. Che matto. Non è per vanità che dico questo. È il contrario: trovo la cosa incredibile, ma siccome è tutto vero, mi chiedo quanto possa essere grande la gioia di chi scrive non solo per provare a raccontarsi e stabilire connessioni e identificazioni ma perché sente di avere qualcosa da dire per contribuire al progresso, per fornire una nuova visione delle cose e del mondo, o anche perché ha un’idea per una grammatica diversa, un metodo nuovo in qualche campo specifico. Credo immensa.

Credo che lo spettatore dietro di me avesse proprio ragione : scrivere serve soprattutto a chi scrive, pure se poi ti legge addirittura qualcun altro e ti dice che gli piaci e lo diverti.

Dopo quella frase che non cercava la mia approvazione, e che non avrà mai il conforto delle sue motivazioni reali, è cominciato il film angosciante di cui ho detto, quello sulla necessità del conflitto per garantire il progresso, sul bisogno di un nuovo umanesimo “animale”, sul cannibalismo anche emotivo... Poi mi sono alzata, ho idealmente salutato lo “scrittore”, ho curiosato nell’ iPad e ho sorriso per i like che si mettono a vicenda su fb i fidanzati perché trovo che sia una cosa moderna tra le più romantiche, ho preso la metro e chiacchierato con un amico in chat.
E poi ho pensato che avrei voluto sapere cosa avrebbe raccontato, appena uscito dal cinema, il mio “scrittore”. Chissà che cosa serve a lui per confermare a se stesso di esistere?




2 commenti:

  1. Io dico spesso che scrivo perché mi scappa di farlo. Lo faccio in primis perché è una mia esigenza che voglio soddisfare. Per cui contina così a tenere il diario di bordo mentre navighi seguendo la rotta. Un abbraccio.

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