Sola andata

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venerdì 21 settembre 2018

Lettera ad un uomo mai noto

Credo che il senso di colpa provenga soprattutto da questo divano così comodo, che quando rientro a quest’ora mi sembra ancora più generoso. È un tormento interiore che mi porto dall’adolescenza e da allora provo a venirne fuori cercando di far combaciare un’anima rivoluzionaria che si entusiasma per le grandi battaglie ideali, o anche di spicciola giustizia sociale, con una natura mite e piuttosto scettica riguardo alla reale efficacia di certa militanza dura e pura, che scende in piazza a prescindere e in cui la massa indistinta di fatto mortifica l’individuo e la sua volontà. Alla fine credo di aver risolto ammettendo che secondo me una solida condotta individuale possa a suo modo essere rivoluzionaria e utile alla causa comune. E no, non è colpa del divano. Mi piace la lotta silenziosa e a basso impatto. Non credo possibile fare molto altro in un paese governato da una classe politica che rispecchia esattamente l’orizzonte morale di chi l’ha sostenuta e di cui non non so dire o pensare nulla. Provengo da una terra che si sta svuotando e che continua a farsi ingannare da promesse che non potranno essere mantenute e dall’assenza di qualsiasi progetto di sviluppo. L’evasione fiscale ammonta ad un numero che non so neppure scrivere  (36 miliardi di euro!?!?!) e il nuovo presidente della Rai è uno che crede alle scie chimiche e all’omeopatia. Se scendessi in piazza credo che mi metterei a ridere da sola per il livello infimo delle ragioni di lotta. E poi io oggi devo parlare d’altro. Ho promesso a qualcuno di scrivergli una lettera e che lo avrei fatto proprio stasera. Gli devo dire che, se pure credo nell’impegno e nel dare un senso ad azioni che guardino oltre una visione ombelicale dell’esistenza, io in realtà vivo essenzialmente per amare lui. E allora che lettera sia.

Mio caro,
Una volta ho sentito dire che si impara ad amare davvero bene soltanto intorno ai cinquant’anni e che le esperienze fatte in precedenza sono soltanto delle prove generali, tentativi, errori, colpi di fortuna o
sfortuna che ti accompagnano a quello che sei, che decidi e che vuoi. Mi è sempre piaciuto credere all’idea che la capacità di amare sia fatta della stessa sostanza della coscienza del mondo e che proprio in virtù di questo diventi una cosa che si può imparare con tempo e volontà, ma pure solitudine o, viceversa, dopo una serie di incontri preparatori. Capirai bene, mio caro, quanto sia importante per me sapere che, qualche volta, l’amore che si desidera si possa raggiungere e afferrare solo dopo tanta vita spesa per raggiungerlo. Spero sia questo il mio caso e che tu sia finalmente il vero scopo di tutto quanto mi sia successo fino ad ora. Ma tant’è, quel che è stato è stato.
Ti basti soltanto sapere che non dovremo litigare mai, perché i conflitti più tenaci ormai ce li siamo già risolti da soli. Spero non ti spiaccia il fatto che io sia una donna irrimediabilmente romantica e che soffro molto in caso di disattenzione o di modi poco gentili. Che tu possa tradirmi o fare il piacione con altre è questione che non contemplo nemmeno tra le ipotesi più accidentali. Raccontami quello che vuoi, sorridimi e abbracciami sempre. Stiamo in silenzio se ne hai voglia, insegnami quello che ti piacerebbe che sapessi. Pensami. Io farò lo stesso senza promettertelo mai ma solo perché mi verrà naturale farlo.
Ti ringrazio di non essere arrivato prima. Sarebbe stato inutile quanto alzarmi da questo divano, in questo momento, e andare a urlare in piazza.

Certa che esisti. Prenditi pure il tempo che riterrai opportuno. Ti voglio bene lo stesso




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