Sola andata

Sola andata

martedì 28 febbraio 2017

Atto dovuto

il primo marzo dello scorso anno scrivevo un post su questo blog che raccontava di un episodio relativo ad "confronto" con un collega col quale non sono mai stata sulla stessa lunghezza d'onda. Succede e non mi pare una tragedia. Fatto sta che quel post conteneva una serie di miei sfoghi molto severi nei suoi confronti, insinuazioni di cui non potevo avere prova e in generale una serie di opinioni al vetriolo nei suoi riguardi per le quali non gli ho mai chiesto scusa né cercato pretesti per fornirgli chiarimenti. Quando mi arrabbio sono in genere piuttosto impietosa perché succede quando mi sento molto offesa e la sola cosa che mi importa in quel momento è colpire a mia volta per provocare la stessa sofferenza. Atteggiamento che riconosco come piuttosto infantile e infatti ci sto lavorando. Dall'anno scorso un po' di cose sono già cambiate. Ma questi sono gli antefatti. Ieri però è successa una cosa. Ero nella sala per la pausa caffè in uno dei rarissimi momenti in cui non c'era nessuno e sorseggiavo il mio cappuccino al ginseng felice di quel silenzio dopo la detestata attività di sportello. Ad un certo punto il collega di cui sopra mi vede, si avvicina e comincia a parlarmi di quel famigerato post del primo marzo, di quanto ne fosse rimasto male per i contenuti tanto categorici, del brutto periodo che già di suo stava passando e in generale di quanto ritenesse auspicabile che ci chiarissimo in qualche modo.

Confesso che ero davvero molto imbarazzata. Al suo posto non lo avrei fatto. Non ero più arrabbiata con lui, come non lo sono mai per niente dopo che il tempo e la ragione mi prendono da una parte e mi dicono "adesso puoi anche smetterla. La prossima volta inventati strategie di sfogo meno impulsive". Però non gli ho chiesto scusa. Per due ragioni: sarebbe stato troppo facile e vigliacco farlo dopo tutto questo tempo e solo quando lui si è avvicinato per primo per parlare. E poi perché in fondo avevo avuto le mie santissime ragioni pure io, malgrado i toni. Gli ho detto che io scrivo sempre, soprattutto su quello che non riesco ad elaborare in altri modi, che quelle cose all'epoca le pensavo davvero, che non avrei mai immaginato che quel post fosse arrivato sotto al suo naso e che fossi stata in lui me ne sarei altamente fregata dell'opinione di una con cui non vado d'accordo. Lui mi ha detto che gli interessava capire, che gli era utile pure fare autocritica e che era rimasto molto male per quello che avevo insinuato sulla sua vita privata.

Tutto sacrosanto, non ho mai pensato di esserci andata lieve. Oggi, dopo un anno so per certo che non lo rifarei, perché intanto sono abbastanza cambiata io stessa, perché esistono maniere più corrette di esprimere un disappunto anche forte soprattutto perché, al netto di questa e un altro paio di grosse intemperanze che ho fatto esplodere nel corso della mia vita, sono ancora convinta di essere una brava persona. Se così non fosse non mi spiegherei le ragioni di quel confronto in sala pausa solo tra noi due e non certo obbligatorio, della notizia che gli ha fatto piacere darmi del prossimo arrivo di due gemelli, della possibilità che le prossime verifiche esterne le andremo a fare assieme. 
Non mi è sfuggito il suo titanico sforzo di mettere l'orgoglio da parte. E io, stavolta, di questa lezione gli sono molto grata


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