Sola andata

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venerdì 16 settembre 2016

"Demolition". Quando il caso volle...

Che belli gli imprevisti negativi che aprono la porta alle cose belle che non avrebbero saputo come fare a farsi notare.

Il ritorno alla routine post vacanze altrui per me coincide anche con il ritorno alla sana abitudine di condividere almeno un film a settimana con Nicola. Di solito decidiamo all'unanimità cosa vedere e le idee sono sempre molto chiare. Oggi, per motivi logistici abbiamo improvvisato la scelta di un film diverso da quello contrattato e siamo capitati su Demolition. Io non ne sapevo nulla e così mi sono predisposta alla visione con la perplessità che mi prende quando il titolo non mi convince. Ma poi non è passato molto tempo dall'inizio per rendermi conto che invece si trattava di uno di quei film "percettivi" dai quali me ne esco sempre un poco cambiata.

La storia è quella di un tentativo di elaborazione di quello strano tipo di lutto che non si accompagna al  dolore per la perdita. È questo quello che capita ad uomo di successo nel campo della finanza che rimane illeso da un incidente stradale ma nel quale morirà sua moglie.
 L'incapacità emozionale non è una faccenda che scopro oggi con questo film, originalissimo nella costruzione narrativa, una colonna sonora impeccabile e delle intuizioni metaforiche geniali. Il tema è già di quelli molto battuti e che si sintetizzano sempre con la robotizzazione, la disumanizzazione, il cinismo della modernità, i corto circuiti emotivi che esplodono quando riemerge l'inconscio...ma tutto questo trovava la sua collocazione senza alcuna retorica semplicistica, senza schemi prevedibili. C'erano soltanto un uomo, la sua storia e il suo faticosissimo percorso interiore.



Credo che la cosa che ho amato di più di questo stranissimo film sia stata proprio la lucidità del
protagonista nella gestione del suo problema. Lui sente fortissimo il bisogno di provare delle emozioni, non c'è niente di normale nel non soffrire per la perdita della propria donna. Non l'amava? La sua vita perfetta, che procedeva come un ingranaggio, in realtà non funzionava affatto? Quella casa così simile a una bolla di sapone in cui viveva ma che non gli era piaciuta mai?
È  così che comincia a smontare tutto ciò che ha all'interno un ingranaggio per funzionare: macchine per il cappuccino, orologi da parete, lampade incastrate alla parete. Si convince che soltanto osservando i pezzi degli ingranaggi e il loro funzionamento "interno" possa essere davvero in grado di comprenderle. E dopo comincia anche a demolirle, come se il passaggio successivo alla
comprensione delle cose fosse la loro distruzione totale per poter dare spazio a tutt'altro. Soltanto dopo capirà che ci sono anche cose che devono rimanere, che anzi è nostro compito conservare,
 e restituire alla vita con forme e prospettive nuove.

Film magnifico alla fine del quale ho pianto così tanto che mi sono pentita di avere avuto gli occhi così tanto truccati.
In realtà non saprei se il film sia davvero così bello come è parso a me, o se forse ero io, oggi, particolarmente predisposta a quel tipo di messaggio.

Si dice che un film sia bello o brutto a seconda di cosa che si è mangiato prima. Io invece prima del film avevo fatto gli auguri ad una collega per il suo matrimonio e poi una lunga chiacchierata con Nicola sul valore, e a volte la necessità, di certi percorsi psicoterapici.

 E così stasera ho pensato che il caso e gli imprevisti qualche volta sono una gran bella cosa. Come
piangere quando hai gli occhi truccati perché non pensi mai che le lacrime possono anche fare un gran bene

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